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vuole che i Visconti rendano Bologna e tutti i castelli presi alla Chiesa; che si ritiri l'esercito dai dintorni di Imola e si restituisca questa città nel caso che l'esercito del Visconti se ne fosse impadronito; che sborsi l'arcivescovo a titolo d'indennità i centomila fiorini, restituisca Lugo alla Chiesa di Ravenna è adempia tutto quanto ha promesso per mezzo dei suoi ambasciatori, come risulta dai mandati. E poichè Obizzo da Este e Mastino dalla Scala fornirono al papa aiuti per racquistare Bologna, vuole che non siano per questo disturbati dall' arcivescovo, il quale con essi e con tutti coloro che gli furono nemici nella presa di Bologna deve mostrarsi benevolo, e in capo a quattro mesi fare solenni istrumenti di pace e remissione. Egli per contracambio, terrà come amici Guido, Luigi, Filippo, Feltrino e Ugolino Gonzaga, Giacomo e Giovanni Pepoli e tutti coloro che aiutarono il Visconti nella impresa di Bologna (1). Per mezzo degli stessi ambasciatori domandano assoluzione dalle pene ecclesiastiche. anche i fratelli Pepoli e l'ottengono con una bolla del medesino giorno (). " E così, dice il Villani sempre inasprito, per pietà e per denari, ogni gran cosa si fornisce a' nostri tempi co' pastori di Santa Chiesa (3) „.

Lo stesso Villani afferma () che l'annullamento del processo e l'assoluzione dalla scomunica e dall' interdetto furono fatti nel 5 maggio; così, sulla scorta evidente del Villani, scrivono il Sismondi (), il Frati () ed altri; ma

(1) THEINER, op. cit., vol. II, Doc. 220 cit., pag. 223.
(2) THEINER, op. cit., vol. II, Doc. 221, pag. 233.

() M. VILLANI, op. cit., III, 4.

() M. VILLANI, op. cit.. III, 4.

(°) Op. cit., vol. VI, cap. XLII, pag. 153.

() Op. cit., pag. 545;" nel maggio del 1352 „.

il documento antecedente l'esclude affatto. Tuttavia potrebbe credersi che il 5 maggio rappresentasse il giorno in cui la bolla pervenne nei dominii del Visconti, o nel quale il popolo venne a notizia della cessazione dell' interdetto; ma anche ciò non si può ammettere perchè la notizia dell' accordo si ebbe a Bologna verso la fine del mese di aprile (1). Il popolo fece grandi feste e il Comune ordinò che si celebrasse l'avvenimento con una funzione speciale nella chiesa di Santa Cristina (2).

Il papa fino dal 18 aprile aveva scritto lettere a Giovanni Visconti ed ai suoi nipoti significando la cessazione della scomunica e raccomandando caldamente Astorgio di Durafot che egli mandava in Italia per certi affari (3). Perciò non pare esatto il Frati quando dice che la notizia dell' assoluzione della scomunica concessa dal Papa ai Visconti ed ai Pepoli, fu data all'arcivescovo di Milano il 28 di aprile da tre Cardinali: Bertrando di Deucio Guido di Boulogne e Stefano Aubert, e da Giovanni Visconti fu comunicata ai Bolognesi con lettera del 6 di maggio (4). La lettera dei tre cardinali, in data 28 aprile, si congratula della ottenuta assoluzione, che già era saputa dall' arcivescovo, e gli dà la notizia che il papa ha stabilito le tregue coi Fiorentini; il 6 maggio in fatti l'arcivescovo le fa pubblicare solennemente ai Bolognesi (5).

Il giorno seguente alla bolla di assoluzione il papa

(1) Appendice, Doc. XV.

(*) Archivio di Stato di Bologna; Prov. e Rif., lib. n. 49, 5 luglio 1352. () Appendice, Doc. XVI.

(*) FRATI, op. cit., pag. 546.

() Documento pubblicato dal ch. FRATI (Op. cit., pag. 546).

SORBELLI.

nominava Giovanni Visconti Vicario e Rettore suo in Bologna per dodici anni; nel caso che egli premorisse, dovessero succedere nel vicariato i nipoti Bernabò, Matteo e Galeazzo; trascorso il termine stabilito, Bologna tornasse di libero dominio della Chiesa ('). Doveva l'arcivescovo pagare come censo annuo dodicimila fiorini d'oro, e fornire al papa, ogni anno per quattro mesi, trecento cavalieri (†).

Nello stesso giorno il papa avvisò del vicariato di Bologna concesso al Visconti, il conte di Romagna Astorgio di Durafort, esponendogli i patti (3). Scrisse pure a tutti gli arcivescovi e vescovi di Lombardia, Toscana e Romagna (), e dichiarò di riammettere l'arcivescovo e gli aderenti nella grazia della Santa Chiesa sospendendo gli effetti dei processi (5), e di assolvere da ogni pena tutti coloro che avevano portato aiuto al Visconti nell'assedio di Imola, che gli ambasciatori dell' arcivescovo promettevano di restituire subito alla Chiesa (6).

Il primo maggio Clemente VI pubblicava la sentenza di assoluzione (7), e scriveva al Rettore di Romagna che togliesse tutti i bandi emessi contro i Visconti e i loro fautori (). Raccomandava poi all' arcivescovo Roberto. degli Alidosi da Imola e lo pregava a volergli restituire

(1) Cfr. M. VILLANI, op. cit., III, 4.

(2) Appendice, Doc. XVII.

(3) Appendice, Doc. XVIII.

(*) Il doc. è pubblicato dal VERCI (op. cit., vol. XIII, Doc. MDVIII). II THEINER (op. cit., vol. II, pag. 236, in fine al doc. 221) dà a questo doc. la data del 27 aprile, invece del 28.

() Di questo Doc. dà un cenno il THEINER (op. cit. vol. II, pag. 236, in fine al Doc. 221), errando la data.

(*) Ivi.

(7) Appendice, Doc. XIX.

(") Appendice, Doc. XX.

i beni e le terre che gli erano stati tolti nella guerra di Romagna (); mandava a Milano il nipote Astorgio di Durafort pro integra consumatione negotiorum Bononiae (2)

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Nella bolla con la quale il papa concedeva all' arcivescovo il vicariato di Bologna, s'era stabilito che i dodici anni dovessero cominciare dal giorno dei santi apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno, che il censo venisse pagato in due rate uguali, una il 29 giugno; l' altra il dì di Natale; che anche per l'anno che terminava col 28 giugno 1352 l'arcivescovo dovesse pagare 12000 fiorini. Essendo parsa quest'ultima condizione un po' gravosa all'arcivescovo, il papa nel maggio stesso gliela condonò (3). L'arcivescovo dal canto suo puntualissimo, pagò alla Camera Apostolica per mezzo di Antonio Malabaila da Asti la metà dell' indenizzo dei cento mila fiorini (') e la rata di giugno del censo annuo dei 12000 fior. (3).

La consegna effettiva di Bologna al Visconti, secondo le norme giuridiche, non avvenne che alla fine di quel l'anno. Il 6 settembre venne in Bologna il legato pontificio ("), che prima era stato a Milano, e con tutte le

(1) Appendice, Doc. XXI.

(2) Appendice, Doc. XXII.

(*) II doc. è pubblicato dal THEINER (op. cit., vol. II, pag. 239, Doc. 228) il quale, tratto in inganno da un altro, gli dà la data (nell' indice) del 23 giugno, invece del 29 maggio.

(*) Di questo Documento dà un brevissimo sommario il THEINER (op. cit., vol. II, pag. 240, in fine al Doc. 228): 23 giugno 1352.

(*) Anche di questo fa un cenno il THEINER (op. cit., vol. II, loc. cit.); 29 giugno 1352.

(*) II GHIRARDACCI (op. cit., parte II, lib. XXIII, pag. 213) dice che fu il cardinale Guglielmo Grisante, monaco benedettino, abate di San Vittore di Marsiglia; e così dice il FRATI (op. cit., pag. 547) che segue

formole prese il possesso di Bologna e dei castelli del bolognese (); tenne per 8 giorni la piena amministrazione del Comune, fece leggere in sua presenza i capitoli e patti per i quali il papa aveva dato per dodici anni il dominio, poi consegnò all' Oleggio, come mandatario dell'Arcivescovo, il capuccio e la bacchetta rettorale, insegne dei Vicari di Santa Chiesa, e le chiavi della città e dei castelli. Di tutto furono rogati istrumenti con grandi feste del popolo. L'11 novembre, accompagnato dall' Oleggio, l'abate parti alla volta di Ferrara, dove andava a consegnare il dominio ad Aldobrandino che era successo nel ducato ad Obizzo.

Questo ultimo atto formale della cessione di Bologna all'arcivescovo di Milano, non venne fatto finchè il Visconti non ebbe in tutto e per tutto messo in atto ciò

quasi sempre il Ghirardacci. Le altre fonti attendibili tacciono: il TESTO VULGATO dice solamente " uno abate. Credo rechi lume sul vero nome dell' abate, il seguente documento che traggo dalle Provvigioni e Rif. dell' Archivio di Stato di Bologna (anno 1352, lib. del mese di nov. n' 13, data 9 novembre 1352): Nicolò Doxii, banditore per ordine degli Anziani, protesta "R.mo patri domino** Abbati de sancto germano nun. ctio domini pape quod ipse nicolaus non consentit alicui tenute facte per eum de dictis domibus cum dicte domus spectent... ad comune bon. et ipsum comune esse in possessione. Poichè l'abate che fece la investitura partì da Bologna l' 11 novembre (e qui siamo al 9), e poichè non c' è memoria in nessun luogo d'altri legati pontifici venuti a Bologna in quel tempo, dobbiamo credere che colui che prese il temporaneo possesso di Bologna per la Chiesa fosse appunto l'abate di S. Germano.

(1) Nel libro delle Provv. e Rif. del settembre 1352 (Archivio di Stato di Bologna, lib. di sett., 20 settembre) trovo il seguente mandato: Ordine di pagare 104 lire 8 soldi e 4 denari a "Bertolino de Claris pro expensis per eum factis domino abati et sociis qui venerunt de avi nione in terra sancti Iohannis in persiceto, crevalcorii, plumacii et cha stri Sancti petri eundo et redeundo".

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