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PREFAZIONE

L'argomento che abbiamo preso a studiare è, secondo me, importante non solamente per la storia particolare della città di Bologna, ma ancora per quella italiana. Bologna rappresenta per i Visconti, o meglio per lo sviluppo delle loro idee e ambizioni, un punto iniziale fondamentale indispensabile: a Bologna infatti essi da lungo tempo aspirano, Giovanni riesce finalmente ad averla, e se più tardi sarà perduta, i successori si sforzeranno di riconquistarla.

La presa di Bologna avvenuta nel 1350 non significa una città di più nel già vasto dominio visconteo, ma bensì un nuovo aspetto dell' abile politica di Giovanni Visconti; significa un campo nuovo, un nuovo orientamento nella costituzione dei principati e delle unità politiche italiane. L'acquisto di Bologna è un primo passo verso lo stabilimento di un grande stato settentrionale e centrale, a cui continuamente tendeva l'arcivescovo milanese. La politica espansionista non era nuova nella casa viscontea: già Matteo e recentemente Luchino avevano molto cooperato

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a questo fine, Giovanni proseguì l'opera con più profondo ed abile intendimento.

La più grande opposizione al compimento de' suoi fini era la politica d' equilibrio sostenuta specialmente da Firenze; ora questa città bisognava dunque abbassare. Quindi si spiega tutto il valore del possesso di Bologna la quale diventa il punto di partenza per le nuove ambizioni, il quartier generale della guerra che sta per accendersi tra la Lombardia e la Toscana, tra il principato e la repubblica.

I ghibellini di ogni parte, i signorotti scontenti del dominio fiorentino, accorrono sotto la bandiera del Visconti: Firenze rimane quasi abbandonata, il papa la trascura, sembra che stia per cadere. Ma la spedizione milanese, troppo affrettata e mal condotta, non riesce: Firenze ritrova il coraggio che prima sembrava perduto, vince e ricaccia l'Oleggio al di là degli Appennini. Se non che l'anno dopo si torna da capo; la guerra, quantunque meno violenta, continua con varia fortuna in Toscana; finchè il Visconti cede per amicarsi da una parte col papa e dall'altra per il timore della calata di Carlo IV. L'arcivescovo tuttavia non rinuncia ai suoi disegni; anzi nel 1353 prende Genova, nel 1354 sostiene energicamente la guerra contro i Lombardi che aveva uniti lo spavento prodotto dalla potenza del biscione milanese. Quando il Visconti stava facendo preparativi per un' ulteriore potente manifestazione del suo spirito di conquista, moriva.

Due fini quindi si propone il mio libro: il primo di esaminare la condizione della Signoria bolognese, vedere insomma come caddero i Pepoli, come poterono infiltrarsi i Visconti e con quali principii e intendimenti questi governarono la città: il secondo il mettere in luce questo avvenimento dell'acquisto di Bologna, di far vedere quale importanza e valore abbia in relazione con la storia generale e più specialmente dell' Italia settentrionale e centrale.

Le mie ricerche furono diligenti; non mi limitai a Bologna, ma da Firenze, da Ferrara, da Modena, da Milano trassi quanto potei trovare: non ho la pretesa di aver veduto tutto (anzi so d'esserne lontano) e d'aver sempre veduto chiaro; ho la coscienza di aver fatto del mio meglio. Il lettore voglia anche tener conto del fatto che poco o nulla s'è detto su questo argomento, che anzi il detto serviva piuttosto ad imbrogliare: il Ghirardacci, il Muzzi e la più parte delle croniche che sono ritenute migliori o che almeno sono più consultate (Ghiselli, Negri, Rinieri, ecc.) hanno troppe inesattezze; bisognava dunque solo accettare ciò che altre ricerche e nuovi documenti confermavano. È ben vero che il ch. dottor Lodovico Frati, che voglio qui ringraziare di molte gentilezze usatemi, pubblicò nell' Archivio storico Lombardo (') un contributo molto

(1) Anno XVI, pag. 525 e segg.: Documenti per la storia del Governo Visconteo in Bologna nel sec. XIV.

diligente, come sempre, sulla storia del dominio visconteo in Bologna; ma egli, come afferma, non volle che illustrare alcuni nuovi documenti che pubblicava traendoli dalle Provvisioni dell'Archivio di Stato di Bologna, lasciando da parte (non era il còmpito suo) i più gravi problemi. All' infuori di questo, nessun aiuto avevo.

Accompagnerà il libro una carta del distretto bolognese alla metà del sec. XIV, corrispondente cioè al nostro periodo. È il primo tentativo per Bologna; insisto sulla parola tentativo perchè vedo bene, quantunque ci abbia spese molte cure, di esser lontano dall' aver fatto una cosa buona. Troppo grandi erano le difficoltà e troppo limitate le mie attitudini; pure spero che qualche giovamento potrà cavarsi. Per l'idrografia ho dovuto attenermi all'odierna per due ragioni: prima perchè il lettore possa più facilmente identificare le località e poi perchè troppo vario e mutantesi, nella pianura, fu il corso delle acque. Ogni dieci o quindici anni un fiume poteva mutar di letto; quale vantaggio dunque nel fissare graficamente dei corsi che dopo pochissimo tempo non esistono più (')? Per le strade consultai gli Statuti e specialmente la carta della pro

(1) Senza pensare che la ubicazione precisa del corso dei fiumi anche per un anno solo, se pure raggiungibile, porterebbe via da sè moltissimo tempo. - Mi fu gentilissimo di utili indicazioni, per questa carta, il can. prof. Don Luigi Breventani del quale tutti conoscono la grande dottrina.

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