Si come quando Marsia traesti La lucerna del mondo: ma da quella, Più a suo modo tempera e suggella. qua sera Uscir del primo, e risalire insuso, Fatto per proprio dell' umana spece. Io non soffersi molto, nè sì poco, Ch' io nol vedessi sfavillar dintorno, Qual ferro, che bollente esce del fuoco. E disubito parve giorno a giorno Essere aggiunto, come quci, che puote, Fissa con gli occhi stava, ed io, in lei Nel suo aspetto tal dentro mi fei, Qual si fè Glauco nel gustar dell'erba, Che 'l fè consorto in mar degli altri Dei. Trasumanar significar per verba Non si poría; però l'esemplo basti A cui esperienza grazia serba. S'io era sol di me quel che creasti Novellamente, Amor, che 'l Ciel governi, Tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti. Quando la ruota, che tu sempiterni Desiderato a se mi fece atteso Con l'armonia, che temperi e discerni, Parvemi tanto allor del Cielo acceso Dalla fiamma del Sol, che pioggia o fiume Lago non fere mai tanto disteso. La novità del suono, e 'l grande lume Di lor cagion m' accesero un disio Ad acquetarmi l'animo commosso, S'i' fui del primo dubbio disvestito Di grande ammirazion : ma ora ammiro Gli occhi drizzò ver me con quel sembiante, Hanno ordine tra loro; e questo è forma, Nè Nel qual si volge quel, ch'ha maggior frelta. Ed ora lì, com'a sito decreto, Cen' porta la virtù di quella corda, Che ciò che scocca, drizza in segno lieto. Ver' è che come forma non s'accorda Molte fiate alla 'ntenzion dell'arte, Perch' a risponder la materia è sorda ; Gosi da questo corso si diparte Talor la creatura, ch'ha podere Di piegar, così pinta, in altra parte. E sì come veder si può cadere Fuoco di nube, se l'impeto primo A terra è torto da falso piacere; Non dei più ammirar, se bene stimo, Lo tuo salir, se non come d'un rivo, Se d'alto monte scende giuso ad imo. Maraviglia sarebbe in te, se privo, D'impedimento giù ti fossi assiso, Com'a terra quicto fuoco vivo. Quinci rivolse inver lo Cielo il viso. PARADISO, CANTO PRIMO. v. 1-3 La gloria di colui che tutto muove ec. La gloria, cioè il raggio o lume divino, ossia la bontà, la sapienza, e la virtù divina penetra e risplende per l'universo: penetra quanto all' essenza, e risplende quanto all'esistenza. Coelum et terram ego impleo, dice lo Spirito Santo per Geremia; e nella Sapienza: Spiritus domini replevit orbem terrarum; e nell' Ecclesiastic: Gloria Domini plenum est opus ejus. Anche i pagani ciò riconobbero, dicendo Lucung nel L. IX. Juppiter est quodcumque vides quodcumque moveris. Quello che poi aggiunge: in una parte più, e meno altrove, è manifesto, siccome appare nel Cielo e negli elementi, dei quali l' uno incorruttibile, corruttibili gli altri (Dant. Epist. a Can Grande). Come fa la semplicissima delle su stanzie, che è Dio, il quale più appare nell'uomo che nelle bestic; e più in queste che nelle piante, più in queste che nelle miniere; e in esse più che negli elementi ; e più nel fuoco che nella terra ( Dant. De Vulg. Eloq. L. I. 16. ) E nel Parad. ( C. XXXI. V. 22-23) disse: Che la luce divina è penetrante l'er l'universo, secondo ch'è degno. e v. 4-6. Nel Ciel che più della sua luce prende ec. Circoscrive il Paradiso ; e dice che egli fu in quel Cielo, che della gloria di Dio, o della sua luce più abbondantemente riceve e questo è il supremo Cielo che tutti i corpi contiene, e da nullo è contenuto; entro a cui tutti i corpi si muovono da nulla corporal sustanzia virtù ricevendo e dicesi Empireo o Cielo di fiamma e d'ardore acceso; non perche in esso sia fuoco o ardore materiale, ma spiriche è il santo amore, a la cavità. E prose tuale, |