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gagliardissimamente, e che già avea soldati molti capitani de' Svizzeri.

Questo medesimo officio di visitazione poichè io ebbi fatto alle Serenissime Madre e Sorella, Reverendissimo Gran Cancelliere, Illustrissimi Gran Maestro e Ammiraglio ed altri Principi, ai dieci di Decembre m'inviai a Cales, terra marittima della Francia del Serenissimo Re d'Inghilterra, come a pieno nel ragionamento di S. M. tosto ne parlerò; quindi montato la nave, varcai l'Oceano, il quale ancor che sdegnosetto mi mostrò parte della fierezza sua, placatosi alla fine gettommi sull' Inghilterra. Quivi, assai più travagliato dal mare per quel poco di passaggio, che stracco per il lungo viaggio di giorni novanta, mi riposai alquanto a Dobla (Dover), e in parte riavutomi dalla stracchezza del mare, cavalcai verso Londra a San Giorgio, luogo distante dalla terra da miglia cinque, dove fui sopraggiunto dal Clariss. mio precessore Venier, e incontrato da molti in nome del Re e del Reverendissimo Cardinale (1); li quali meco insieme astradatisi, mi vollero accompagnare sino alla stanza, della qual cosa rendutoli quelle grazie ch'io potei maggiori, ognuno tornò alla casa sua, ed io me ne restai alla mia. Frattanto secondo l'usanza fu dato ordine di baciar la mano al Reverendissimo Cardinale, che primo sempre si salutava, tanta era la maggioranza sua (2): dal quale speditomi, m' inchinai subito alla Serenissima Maestà usando tutti quei mezzi, delli quali allora copiosamente io scrissi alla S. V. ed a questo gloriosissimo Senato. Questo è brevemente quanto che mi è parso di dover rappresentare a Vostra Serenità intorno al viaggio mio.

(1) Il famoso Arcivescovo Eboracense, ossia di York, Tommaso Wolsey, del quale cade più oltre discorso.

(2) L'Ambasciatore ne parla in tempo passato, perchè l'epoca di questa Relazione è posteriore a quella della morte del Cardinale, avvenuta il 29 Novembre del 1529.

Ora venendo alla sublime altezza di Enrico VIII, presente Re d'Inghilterra e di Francia, difensor della fede (1) e Signore dell' Isola d'Ibernia, che così Sua Maestà s' inscrive, dico ch' egli è figliuolo del settimo Enrico, il quale come Conte di Riccomonte (Richmond) essendo stato lungamente fuoruscito nella Britannia minore sopra la Francia, del 1485 (nel tempo, che Riccardo tiranno, dappoi che ebbe fatto morire due figliuoli pupilli del Re Eduardo IV suo fratello, alli quali legittimamente apparteneva la successione, ingiustamente possedeva il Regno) fu dagli Inglesi chiamato, la natura dei quali è sempre facile di sollevarsi per ogni minima cosetta. Onde passato Enrico coll'aiuto del Cristianissimo Carlo VIII nella Vaglia ( Wales o paese di Galles), gli vennero in soccorso le genti Inglesi e Scozzesi, di maniera che fece un validissimo esercito, al quale si oppose subito il tiranno Riccardo, e provocatolo alla battaglia seguì il fatto d'arme (di Bosworth) nel quale restò miseramente superato e vinto. Per la qual vittoria il Conte trionfando, fu dagli Inglesi gridato e coronato Re, e per stabilire meglio la nuova sua dominazione prese per moglie la primogenita figliuola che fu del quarto Edoardo, sorella delli due pupilli estinti dal tiranno. Asceso il Conte a tanta grandezza regale l'anno trentacinquesimo dell' età sua, e detto Enrico VII, fece morire molti baroni del Regno che li erano stati contrarj, acciocchè potesse poi quietamente e sicuro regnare. Fu prudentissimo, giustissimo ed astutissimo principe; e se l'avarizia, mediante la quale cumulò infinito tesoro, non gli fosse stata tanto amica (2), sarebbe riuscito

(1) Ebbe, come è noto, questo titolo allorchè scrisse l' Assertio septem Sacramentorum adversus Martinum Luterum, opera che Leone X chiamava Diamante del Cielo.

(2) I suoi tesori, ascosi in certi sotterranei dei quali ei solo teneva le chiavi, ammontavano, secondo l'inventario fattone dopo la sua morte, a 1,800,000 lire sterline, circa cinquanta milioni di franchi, somma, per quel tempo, maravigliosa.

incomparabile a qualunque altro grandissimo, giustissimo ed invittissimo principe. Con satisfazione universale de' sudditi visse anni sessanta, avendo felicemente signoreggiato nel regno anni venticinque. Lasciò due figliuoli e due figliuole (1); la primogenita, Margarita, maritò al Re Giacomo IV di Scozia, dalla quale nacque il presente e solo principe; l'altra, Maria, nel Re Cristianissimo Luigi XII, la quale non avendo mai seco lui avuto figliuoli in due anni che vissero insieme, fu poi maritata nel Duca di Suffolk col quale adesso ha molti figliuoli. Li due maschi furono il Principe Arturo Principe di Vales, al quale, come primogenito, con dote di ducati dugento mila contanti, e cinquanta mila tra gioie e ornamenti di casa e di camere, dette per moglie madama Caterina seconda figliuola che fu di Ferdinando d'Aragona, l'altra sorella della quale fu maritata nel Duca Filippo d'Austria. Madama Catarina ebbe sorte molto dalla sorella disuguale; questa fu madre di Ferdinando Re de' Romani e di Carlo V presente Imperatore ; quella non ebbe grazia di goder il marito se non sei mesi, che la morte glielo tolse. Del quale vedendosi priva, procurava di ritornarsene al paterno nido, ma il suocero non consentì, discorrendo tra sè di darla al secondogenito per non isborsar la dote avuta, ed ebbe luogo al fine la volontà del Re; onde per ubbidienza, in capo di sei anni, che tanto ella vedovò, colla dispensa di Papa Giulio, prese per marito il secondogenito, ora Enrico VIII. Sopravvisse il buon vecchio, dappoi concluse le nozze, due anni ancora, e con sei milioni d'oro contanti lasciò al figliuolo così beato regno, nel cui dominio già ventidue anni gloriosamente signoreggia.

Madama la Regina è di statura piccola, grassetta, e

(1) Il verbo lasciare è usato qui impropriamente, perchè, come lo stesso Oratore soggiunge, un solo dei tre figli maschi di Enrico VII sopravvisse al padre, e fu Enrico VIII.

Vol. VIII.

di faccia onesta; è da bene, giusta, piena di bontà e di religione; parla spagnuolo, fiammingo, francese e inglese; è amata dagli Isolani sopra ogn' altra che vi fusse; ha da quarantacinque anni, e da trenta è nel Regno dall' epoca del primo marito. Ebbe col presente Enrico due maschi e una figlia; il primo dopo sei mesi mancò, il secondo appena battezzato dietro all' altro se ne gì: restagli sola la figlia d'anni sedici (1), bella, graziosa e virtuosissima principessa, niente alla madre inferiore. V'è poi un figlio naturale avuto dal Re colla moglie che fu di un suo barone, la cui aspettazione promette assai, tanto al padre s'assomiglia.

In questo ottavo Enrico Iddio insieme congiunse la bellezza del corpo con quella dell' animo, che rende stupore non che meraviglia ad ognuno (2). Chi non piglierebbe ammirazione a vedere in così glorioso Principe la grandezza della persona tanto al corpo proporzionata, che dà segno manifesto di quella intrinseca maggioranza d'animo, che in lui continuamente soggiorna? Egli è di faccia angelic a non che bella, ha la testa cesarina calma, usa la barba contro il costume Inglese. Chi non stupirebbe contemplando la singolar bellezza del corpo accompagnata da una gagliarda ed agevolissima destrezza a qualunque esercizio atta? Sta a cavallo bene, lo maneggia meglio, giostra e porta la lancia benissimo, tira il ferro e l'arco maravigliosamente, giuoca alla palla destrissimamente. E se la natura in gioventù l'aveva dotato di tanti doni singolari, non fu punto egli freddo in adornarli, conservarli e augumentarli con ogni industria fatica, parendogli essere cosa monstruosa in un principe par suo non reggere il corpo alle

(1) Che fu poi la regina Maria.

(2) Poco più tardi l'Oratore non sarebbe stato così corrivo nella lode dell'animo di Enrico VIII. Lo stesso Hume dice di lui che la sua tirannide e barbarie lo escludono da ogni diritto alla riputazione di buono.

virtù morali ed intellettuali; però da piccolo dette opera alle buone lettere di umanità, e poi alla filosofia e Sacra Scrittura, colle quali acquistò nome di principe letterato e ottimo; imparò, oltre la latina e la materna, la lingua spagnuola, la francese e l'italiana; è affabile, grazioso, pien di umanita e cortesia, liberale, e particolarmente alli virtuosi, alli quali mai si sazia di compiacere. Benchè però sia sempre stato intelligente e giudizioso, nientedimeno si lasciò traboccare nelle cose amorose talmente, che avvezzo all'ozio permise l'amministrazione dello Stato a' suoi più fedeli per molti anni quasi sino alla persecuzione dell' Eboracense, dove prese tanta affezione al proprio maneggio, che di liberale divenne avaro, e come per l' addietro nessuno partiva da S. M. se non con doni assai rimunerato, così adesso ognuno se ne va poco contento. Mostra di essere religioso, ode ordinariamente due messe picciole, e nelle feste ancora la grande; fa molte elemosine, sollevando poveri, pupilli, vedove, donzelle e stroppiati, a sovvenimento de' quali isborsa per l'elemosinario ducati dieci mila all'anno, ed è amato universalmente da tutti. L'età sua è d'anni quaranta, del regno ventidue.

Sotto al dominio di così eccelso Principe è la grande isola di Inghilterra, situata nel mar Oceano alle parti occidentali, la quale dal più breve spazio, che è da Dobla a Cales, si allontana dal continente miglia trenta; da tramontana si unisce alla Scozia, la quale è distinta dall'Inghilterra da alcuni monti e fiumi, segni e termini di diverse giurisdizioni più presto che di separazione; onde, secondo l'opinione di molti, bene si può dire che non due ma una sola sia l'Isola d'Inghilterra: ha da ponente, alla distanza di sessanta miglia, l'isola d'Irlanda. La forma sua, comprendendo la Scozia, si può dire che sia triangulare: circuisce due mila miglia (1):

(1) Computo esagerato di ben duecento miglia.

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