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La sua Donna è divenuta una stella
nel cielo d'Amore.

Una stella con sì nuova bellezza,

Ched' il sol vince, ed ombra la sua luce, Nel ciel d'Amor di tanta virtù luce Che m'innamora della sua chiarezza. E poi si trova di tanta fierezza,

Veggendo come nel cor mi traluce,
Che ha preso con quei raggi, ch' ella induce,
Nel firmamento la maggiore altezza.
Oh come, donne, questa nuova stella
Sembiante fa che 'l mio viver le spiaccia!
E per disdegno cotanto è salita !

Amor, che nella mente mi favella,
Del lume di costei saetta face,

E segno fa della mia poca vita.

Di tanta virtù luce, cioè splende. Amor che nella mente mi favella Dante ha in una canzone:

Amor che nella mente mi ragiona.

BRUNETTO LATINI

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Questo Fiorentino, che fu l'uomo il più dotto del secolo XIII, e venne in bella fama per avere avuto a discepolo Dante Alighieri, nacque intorno al 1220, come opinò Giov. Batt. Zannoni. Egli fu letterato, buon cittadino, guerriero, e uomo di stato Nel 1254, l'anno delle vittorie de' Fiorentini, era nell'esercito del Comune all'assedio di Montereggione, e come notaro stipulò la pace fra Siena e Firenze. Nel 1260 andò ambasciatore in Ispagna al re Alfonso per indurlo a favoreggiare le cose de' Guelfi. Rotti in quell'anno medesimo i suoi all' Arbia, egli fu involto nella comune sventura, e si riparò in Francia, ove, a richiesta di un suo amico, si dette a tradurre, e a commentare parte del trattato dell' invenzione di Tullio. Dopo la battaglia di Benevento ritornò in patria, e nel 1269 lo vediamo protonotario pel vicario di Carlo d'Angiò. In appresso (1273) fu notaro e segretario del Comune, mallevadore per la parte guelfa della pace fatta dal Cardinale Latino (1280), e finalmente priore dell'Arti (1287). Mori nel 1294. Giovanni Villani lo chiamò valente cittadino, gran filosofo e sommo maestro in rettorica, tanto in beue sapere dire, come in bene dettare: e cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini, e farli scorti in bene parlare e in sapere. guidare e reggere la repubblica secondo la politica.

Compose il Tesoro e il Tesoretto, il primo in prosa, l'altro in versi settenari. Il Tesoro che fu scritto in francese e poi voltato in italiano da Buono Giamboni giudice, tratta di storia sacra, profana, naturale, di fisica, di geografia, di oratoria, di morale, di politica; insomma di tutto ciò che si poteva sapere in quel tempo. Il Tesoretto contiene de' precetti morali, ed è pregevolissimo per rispetto alla lingua. Non ostante più che da queste

opere, Brunetto ebbe fama dall'essere stato maestro al sommo Alighieri, il quale, ricordevole de' couforti e degli ammaestramenti avutine, nel cauto XV dell' Inferno consacrò alla memoria di lui un tratto di bellissima poesia. Alcuni dettero accusa a Dante di avere avuto poco riguardo alla fama del suo maestro, ponendolo fra quelli che furono bruttati di vituperosi vizii. Ma quelli per cui le parole della verità hanno sapore sì agro, si ricordino che Dante descriveva gli uomini come glieli presentava la storia, la quale in quei tempi non aveva ancora imparato a mentire. Giov. Villani difatti chiama Brunetto mondano uomo: espressione che giustifica bastantemente l'altra di Dante, che Brunetto Latini si trovasse nella turba grama di Prisciano, di Francesco d'Accorso, e di tutti gli altri che furono

D'un medesmo peccato al mondo lerci.

Sed io avessi ardir, quant' i' ho voglia
Di ragionar con voi segretamente,
Come mi strugge Amor per voi sovente,
Non soffrirei crudel tormento, e doglia.
Ma come trema ad ogni vento foglia,

Così trem' io, quando vi son presente:
Ed ogni mia virtù subitamente
L'ardente e dolce bene allor mi spoglia.
Ond' i' ricorro al mio signor Amore,
Che vi ragioni dalla parte mia
Quella vaghezza ch'ho di voi nel core;
E voi, Madonna, prego 'n cortesia,
Che l'ascoltiate sanza sdegno al core;
Che vi dirà lo vero e non bugia :

Ch'i' quanto vostro son, dir non porria.

FOLGORE DA S. GEMIGNANO

Fioriva verso il 1260, e compose due corone di sonetti, una sopra i giorni della settimana, e l'altra sopra i mesi dell'anno. Sono dirette a una lieta e scioperata brigata di giovani sanesi, e mostrano la stranezza del cervello del poeta, Pure, nel fanĝo de’suoi versi, osservava il Monti, l'Alighieri razzolò 'qualche granello d'oro. Per esempio, il famoso verso del canto V dell'Inferno,

Che la ragion sommettono al talento,

viene da quello di Folgore,

Che sommette ragione a volontate.

Il Mercoledì, giorno di conviti .

Ogni Mercoledì corredo grande
Di lepri, starne, fagiani, e paoni,
E cotti manzi ed arrosti capponi,
E quante son delicate vivande.
Donne e donzelle star per tutte bande,
Figlie di re, di conti, e di baroni,
E donzelletti giovani garzoni

Servir, portando amorose ghirlande.
Coppe, nappi, bacin d'oro e d'argento,
Vin greco di riviera e di vernaccia,
Frutta, confetti quanti li è 'n talento.
E presentarvi uccellagioni e caccia,
E quanti sono a suo ragionamento
Sieno allegri e con la chiara faccia.

NOFFO BUONAGUIDI

Fiorentino. « Fiori nel 1280. Sebbene il suo stile non sia esente in tutto dalla rozzezza del secolo XIII, nondimeno, dice il Crescimbeni, essa non è tanta, quanta se ne vede ne' poeti del tempo più alto; ed i sentimenti sono giusti, e ve ne ha de' buoni e belli, e spiegati non senza felicità ». Così il NANNUCCI.

Amore l'ha fatto beato.

Ispirito d'amor con intelletto

Dentro dallo mio cor sempre dimora,
Che mi mantiene in gran gioia e diletto,
E senza lui non viverìa un' ora.
Ed hammi fatto amante si perfetto

Ch'ogn' altro in vêr di me d'amore è fuora.
Non ho mai pene, nè sospiri getto:
Cotanto buonamente m'innamora.
Lo spirito d' Amor, che meco parla
Della mia gentil Donna ed avvenente,
Mi dice: non voler mai più ch' amarla

Si com'ella ama te coralemente,

E di fin cor servire ed onorarla ;

Chè è la gioia del mondo più piacente.

V. 6. Ch' ogni altro vêr di me cioè in paragone di me.

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Gli altri sonetti di questo poeta sono del medesimo gusto, se non che in essi non si parla altro che di angosciosi pensieri, di affannosi sospiri, e di morte vicina per causa d' Amore.

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