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logo, a tre professori di legge (tribus dominis legum), a due decretisti, a due decretalisti, a due medici (duobus fisicis), a due dialettici e a due grammatici (1). Questo stipendio, che si dovrà pagare prima della festa di san Tommaso apostolo, sarà fissato prima della solennità di Ognissanti a giudizio di due scolari e di due cittadini; ed ove questi non si accordasserò, si starà all'arbitrio del vescovo. I professori poi saranno eletti fra i migliori e più riputati dai quattro rettori degli scolari, cioè dal rettore dei Francesi, dal rettore degli Italiani, dal rettore dei Teotonici e da quello dei Provenzali.

Il podestà di Vercelli, poichè saranno fatte le elezioni, manderà suoi messi a spese del comune e nel termine di quindici giorni per cercare i professori nominati, ed invitarli a recarsi in Vercelli per fare l'uffizio loro.

Il comune di Vercelli manterrà la pace in città e nel distretto, e non consentirà che alcuno scolare sia preso per debiti.

Se uno scolare sarà rubato nella città o nel distretto, il comune si adoprerà perchè egli riabbia il fatto suo, non altrimenti che farebbe per un suo cittadino.

Il comune non patirà che sieno offesi gli scolari per cagione di guerra che avesse con avesse con qualche città o principe.

(1) Grammatici chiamavansi a quei tempi quelli che ora diciamo professori di belle lettere.

Manterrà agli scolari i loro privilegi ; li provvederà di due bidelli e di due copisti (exemplatores), affinchè ciascuno possa essere fornito degli esemplari convenienti dei trattati di teologia e di dritto civile e canonico, corretti tanto nel testo quanto nella glossa. E gli scolari sborseranno per questi esemplari quel valsente che sarà fissato dai rettori. Ove nascesse qualche discordia tra gli scolari, il comune non favorirà più l'una che l'altra; ma si adoprerà per recarli a concordia.

Il comune osserverà questi patti per otto annui. Nè gli scolari nè i loro messi pagheranno alcun pedaggio nel distretto di Vercelli.

I tesorieri (massarii) (1) che debbono distribuire il danaro agli scolari saranno due, ed il comune non potrà cangiarli che una volta all'anno.

Il podestà si obbliga di mandare per le città d'Italia e fuori l'avviso, che lo studio generale è stabilito in Vercelli.

Il comune farà registrare questi patti negli statuti della città, e ciascun podestà giurerà di osservarli.

I rettori poi a nome degli scolari promettevano di adoperarsi di buona fede e sinceramente, af

(1) I massarii avevano la custodia dell'erario civico, e godevano ad un tempo dell'autorità edilizia. In Torino questa carica potevasi solamente affidare a persone di chiesa, ovvero a stranieri. Per lo più facevano quest'uffizio i monaci umiliati o quelli dell'ordine di 8. Benedetto. V. Sclopis, Statuta et privilegia civitatis taurinensis, M DCCC XXXV, a pag. 8 nella nota.

finchè tanti scolari si recassero allo studio di Ver

celli quanti erano necessari per abitare le cinquecento camere, e spezialmente affinchè tutto lo studio di Padova si trasferisse a Vercelli, e vi stesse per otto anni; sì veramente, che ove non potessero ciò ottenere, fossero sciolti da ogni obbligo.

Promettevano ancora, che nè i professori nè gli scolari si sarebbono intromessi in alcuna causa tanto in città, quanto nel distretto, eccetto che in difesa degli scolari o dei fatti loro.

Che e professori e scolari e rettori avrebbero in ogni cosa favorito l'onore e l'utile del comune; senza aderirsi a nessuna delle fazioni, che potessero sorgere nella città o nel distretto.

E finalmente, che nessuno dei rettori avrebbe maggiore autorità di un altro, ma sarebbero tutti eguali.

Da questi patti, che io sono venuto finora esponendo, appare abbastanza quanto grande fosse nel comune di Vercelli fin dal cominciamento del secolo XII l'amore per le nobili discipline; con quanta liberalità quei cittadini invitassero dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Spagna e dalla Svizzera studenti e professori; e con quanta industria si travagliassero, perchè fiorisse tra loro uno studio generale allorquando nelle altre parti d'Italia o era spento affatto ogni lume di lettere, o cominciava appena a spuntarne il primo albore. E questi generosi sforzi dei Vercellesi, come era desiderabile, sortirono il loro effetto.

Che l'intero studio di Padova siasi trasportato a Vercelli, non si può con certezza affermare. Ma riesce assai probabile, considerando massimamente, che l'anno 1228, in cui seguì la convenzione predetta, ebbero principio le fazioni che divisero la città di Padova per cagione di Ezzelino da Romano, la cui tirannide oppresse i Padovani infino al 1256 (1). Quei tempi, in cui gli animi erano sempre spaventati da atroci delitti, non corsero certamente propizi per gli studi. E di vero, come osserva il Tiraboschi (2), dal 1228 infino al 1260 non trovasi alcuna menzione della università patavina.

Del resto raccogliesi chiaramente da una carta del 28 di gennaio del 1231 (3), che in quell'anno era aperta in Vercelli l'università. Imperciocchè ivi si parla delle franchigie concedute agli scolari, e vi si legge questa espressa condizione «Se però durerà insino a quel tempo lo studio generale in Vercelli. » E durava certamente l'anno 1234 e nei seguenti. Di fatto il posto Iacopo Carnerio, che succedette poi ad Ugone

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(1) Riccoboni, de gymnas. Patav. cap. II, p. 2. condizione degli studi ecc. p. 148.

(2) Op. cit. vol. iv, lib. I, p. 59.

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(3) Item omnes mercantie sint hinc inde ab omni parte libere sine contradictione utriusque civitatis, solis conditionibus seolarium commorantium apud Vercellas usque ad tempus conditionum promissarum scolaribus si tamen usque ad illud tempus studium generale in civitate Vercellarum permanserit, È nell'archivio civ. di Vercelli a fol. 40 del registro dei Biscioni.

De Sessa (1) nella sedia vescovile di Vercelli, nel suo testamento dei 13 di novembre dell'anno predetto (2) lascia certi legati a tre poveri scolari dello studio di Vercelli; lega i suoi libri di teologia ai pp. Domenicani di quella città, colla condizione che non debbano imprestarli ad alcuno fuorchè a certi pochi che egli nomina, tra i quali è il publico professore di teologia; e ordina che i libri di fisica e di letteratura si distribuiscano agli scolari poveri di Vercelli.

Nel libro I dei Biscioni (3) leggesi una carta

(1) Morì l'anno 1235.

.....

(2) ..... Similiter in coena Domini annuatim dentur tredecim camisiae aliis tredecim de tela grossa; residuum vero reddituum praedictarum possessionum per consilium abbatis et prioris eiusdem loci in usus pauperum et maxime scholarium audientium sacram paginam expendantur; ita quod eleemosinarius cum consilio praedictorum ad minus tres scholares pauperes audientes theologiam, si doctor in theologia Vercellis fuerit, eligat, quorum quilibet singulis dominicis percipiat quindecim panes sicalis, quorum quilibet sit quindecim unciarum omnes autem alios libros meos de theologia non dispositos nec disponendos a me, ecclesiae sancti Pauli vercellen. relinquo et lego, ita quod fratres praedicatores morantes et moraturi ibidem ipsorum librorum usum habeant, nec liceat eis vel aliis ipsos libros impignorare vendere vel alio modo alienare, accomodare quoque non liceat extra septa claustri sui nisi canonicis sancti Eusebii et sanctae Mariae et sancti Andreae et illis de Lucedio et fratribus minoribus sancti Mathei vercellen. et D. episcopo et magistro, qui Vercellis de theologia doceret, et Ioanni de Raddo clerico socio meo ............. libri autem physicae et artium distribuentur pauperibus scholaribus vercellen .... Questo brano è stralciato dall'intero testamento, che trovasi stampato a pag. 84, 85 e 86 dell'opera intitolata: Ioannis Andreae Irici, Rerum patriae libri II ecc. Mediolani м DCC XLV.

(3) A carte 381. V. docum. n.o il.

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