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dino d'Asti, professore di leggi prima del 4307 in non so quale università (1), del quale abbiamo un comento sul libro di Boezio De consolatione, un Pietro dell'Argentera, che verso la metà del secolo XIV professò la chirurgia in Mompellieri e in Parigi (2), un Gherardo Gallerate da Vercelli, un Antonio Vacca da Saluzzo, dei quali il primo insegnava fin dal 1360 la medicina in Bologna (3), e il secondo fu annoverato tra i professori di medicina della università di Pavia il primo anno della sua fondazione (4).......

(1) Questo dotto piemontese finora ignoto a tutti gli scrittori della storia letteraria d'Italia, ci viene fatto conoscere da un codice membranaceo del secolo XIV, di fogli 162, che si conserva nella biblioteca imperiale di Vienna, segnato del numero CCCLXXVI, intitolato: Anic. Manl. Torq: Severin. Boethius De consolatione philosophiae cum commentario Ptolomaei De Asinariis astensis (V. ENDLICHER STEPH. Catalogus cod. mss. philologicorum latinor. biblioth. palat. vindobonensis. Vindobonae, 1836, in 4.o, a pag. 264.). Ivi leggesi nel cominciamento: Incipit prohemium in expositione Boecii compilata a domino Ptolomeo De Asinariis LEGIS INCLITO PROFESSORE, In nomine Domini amen. E sul fine: Deo vivo omnipotenti et vero sit laus quod librum philosophyce consolationis Boecii cooperante Spiritus Sancti gracia dominus Ptolomeus De Asinariis civis astensis INCLITUS LEGIS PROFESSOR et floribus eloquencie purpuratus, exposicione commentaria declaravit et ad rudium utilitatem et in ipso Boecio delectantium produxit in lucem. Ego verò Phylippus de Alta Villa, famulus illius fidelis transcripsi et illuminavi et pro ut ipse dictaverat cum labore non modico ordinavi et ad finem perduxi м. CCC. VII, indictione quinta de mense septenbris..... Debbo alla cortesia del dotto cav. Gazzera la notizia di questo codice, e l'aver potuto esaminarne l'intero proemio, dal quale sembra potersi ricavare, che l'Asinari oppresso da qualche grave disavventura, e forse incarcerato, cercasse conforto nella lettura di Boezio e nel comento che ne scrisse.

(2) Bonino, op. cit. vol. I, p. 27.

(3) Op. cit. p. 40.

(4) Ibid

Questi e tanti altri che io tralascio sono i vantaggi, pei quali il Piemonte debbe avere un grande obbligo ai Vercellesi per la fondata università degli studi. Ma non tacerò di uno, per cui la città di Vercelli ha vanto sopra tutte le terre del Piemonte. Questo è l'avere essa fin dal risorgimento della pittura in Italia prodotto alcuni maestri (1), i quali facevano fin d'allora augurare bene della scuola vercellese, che in tempi posteriori acquistò tanto lustro dal Lanino, dal Giovenone e dal Gaudenzio (?). La qual cosa, comunque vogliasi attribuire alla naturale inclinazione di quei cittadini pel bello, nessuno mi negherà doversi in gran parte riconoscere da quella stretta cognazione, che hanno tra loro tutte le nobili discipline. Laonde mentre Vercelli fu tra le prime città in Italia a spargere il seme delle lettere e delle scienze utili alla vita; merita pure di sedere accanto a quelle, che prime ridestarono tra noi il buon gusto nelle arti imitatrici della natura.

(1) Lanzi, Stor. pittor. Pisa, 1814, tom. iv, p. 128. - Degregory, Stor. della vercell. letter. ed arti, P. I, p. 402.

(2) Lanzi, op. cit.

CAPO II...

Condizione del Piemonte sino al secolo XV:- Scuole in Torino ed in altre città del Piemonte. -Lodovico d'Acaia fonda l'università degli studi in Torino.- Primi suoi professori.- Privilegi conceduti allo studio da Benedetto XIII. -L'imperadore Sigismondo approva con suo diploma l'erezione dello studio. Bolla di Giovanni XXIII. - Lenti progressi dell'università nella sua origine. Amedeo VIII succede a Lodovico d'Acaia nel governo del Piemonte. Suoi provvedimenti a favore dello studio..

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Quantunque fin dalla metà del secolo xI i Conti di Savoia possedessero di qua dall'alpi la contea di Torino e parecchie altre terre del Piemonte ; nondimeno la trista condizione di quella età, e le difficili occorrenze in cui si trovarono in quei primordii della loro potenza, non consentirono, che potessero tosto rivolgere il pensiero alla coltura dei popoli, che ubbidivano ai loro comandi. Imperciocchè al di là dei monti vessati dai baroni, che coglievano avidamente ogni occasione che si offrisse di negar loro i dovuti omaggi; in Piemonte infestati dalle guerre, che sorgevano coi marchesi della stirpe Aleramica, cogli Angioini, o colle città che si reggevano a comune, erano costretti a stare continuamente in sulle armi, e a trascurare le arti della pace (1). Così corsero le sorti degli stati

(1) Sebbene io mi sia proposto di parlare delle sole università

soggetti ai Conti di Savoia insino al cominciamento del secolo xv. In quel torno parve sorgere per le subalpine contrade un vivere più riposato e tranquillo. Lodovico di Savoia Principe di Acaia succeduto al fratello Amedeo nel governo del Piemonte pensò tosto a sanare le piaghe della guerra, e fatta una tregua di dieci anni con Teodoro marchese del Monferrato, pose l'animo suo a riformare i costumi de' suoi popoli. E voltosi primamente alla religione come cosa al tutto necessaria a voler ingentilire gli animi e rendere fiorente uno stato, ordinò che fosse rigorosamente osservato il precetto della santificazione delle feste, stabili pene contro ai bestemmiatori del nome di Dio e dei Santi; e per recare più facilmente a concordia i cittadini, proibì che venissero pronunziati i nomi di Guelfo e Ghibellino (1), stati già all'Italia cagione d'infinite sventure.

Con questi ed altri siffatti provvedimenti quel savio Principe andava disponendo gli animi dei

del Piemonte; ad ogni modo per dimostrare il favore che i Reali di Savoia prestarono agli studi semprechè fu loro consentito dalle condizioni de' tempi, piacemi di accennare come di passaggio, che il Conte Amedeo VI fondò uno studio generale in Ginevra, siccome appare dal diploma imperiale dato in Avignone il 2 di giugno del 1365, il quale si conserva nei regi archivi di corte in Torino. E siccome questo diploma è, per quanto io sappia, ancora inedito, non credo fuori di proposito il dargli luogo nell'appendice del presente volume. V. docum. n.o vI.

(1) V. negli archivi di corte l'editto di Lodovico Principe di Acaia dei 3 di luglio 1403. Datta, Storia dei Principi di Savoia

del ramo di Acaia, vol. I, p. 313, vol. I, p. 228.

Piemontesi a ricevere i semi delle nobili discipline, che dovevano col tempo ampiamente fruttificare a vantaggio e decoro della nazione, e a gloria dei Sovrani che le proteggono. Nè poteva Lodovico provvedere più opportunamente ai bisogni de' suoi popoli. Imperciocchè a tacere degli studi ecclesiastici, le terre più notabili del Piemonte e la stessa Torino non avevano un sistema di publico insegnamento, che potesse a gran pezza bastare ai bisogni della vita. Erano bensì in Torino alcuni giurisconsulti, ma rari assai. Di fatto negli statuti di questa città publicati l'anno 1360 sotto Amedeo VI Conte di Savoia si ordina, che il giudice ossia vicario di Torino non debba mandare fuori di città alcun consulto, colla condizione però, che si trovino in Torino alcuni giurisconsulti (1). In alquanto maggior numero dovevano essere i medici, perchè negli statuti predetti si stabilisce (2) che venendo un medico straniero ad abitare in Torino, debba essere esaminato dai medici e dai

(1) Item statutum est quod ob utilitatem maxime pauperum et miserabilium personarum, iudex civitatis Taurini non possit nec debeat mittere aliquas consiliaturas alicuius quaestionis vel controversiae qualiscumque sit, et inter quascumque personas fuerit, extra civitatem Taurini, dum tamen aliqui iurisperiti reperiantur in Taurino, nisi iusta causa suspicionis recusentur..... V. statuta et privilegia civitatis taurinensis, м DCCC XXXV, a pag. 431.

(2) Item si quis extraneus medicus phisicus venerit in Taurinum ad habitandum, examinetur a phisicis de Taurino et clericis, Stat. p. 573.

cit.

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