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e andava ne' suoi consigli trattando del modo, che avevasi a tenere per conseguire pienamente il suo desiderio. E dico pienamente, perchè sebbene non vi si fosse ancora trasferito lo studio generale per publica autorità; ad ogni modo già risiedevano in Chieri alcuni professori. Di fatto fin dal 6 di aprile del 1421 (1) il consiglio di quel comune deliberava, che il maestro Antonio Magliano e gli altri dottori e fisici di Chieri fossero esenti da ogni

(1) In cuius consilii reformatione..... Placuit quod magister Antonius Maglanus sit exemtus ab oneribus personalibus, et de ipsis annutetur de libro communi, in quantum concernat ipsa onera personalia. Item et quod tam ipse magister Antonius quam omnes alii doctores et phisici de Cherio sint ammodo in antea exemti ab ipsis oneribus.

Quod habeantur privilegia papalia et imperialia studii generalis in Cherio sub eadem forma quae fuit concessa Taurini.

Quod ultra illos qui manutenentur in studio et nunc resident el deputati sunt ad lecturas duo alii famosi doctores manuteneantur unus in decretis, alius in legibus et in omnibus aliis facultatibus ad complementum provideantur ut in studiis generalibus solitum est fieri.

Item quod dictis doctoribus omnibus legentibus taliter provideatur quod causam habeant continuandi et insistendi lecturae et non ad practicham vacare.

Providetur quod omnes subdicti seu existentes ad aliena studia alio studio obmisso veniant ad studium cheriense, el ibidem studere teneantur, et non alibi ire nec alibi gradum licentiae vel doctoratum recipere, et hoc sub formidabili poena et similiter studere volentes in quacumque facultate non possint ad aliud studium accedere nec in alio studio studere nec gradum aliquem sub eadem pena accedere.

Designatur stipendium quingentorum florenorum Sabaudiae pro quolibet doctore legente in studio cheriensi annuatim per quatuor tempora. Archivio civico di Chieri, ex libro consiliorum de anno 1421, fol. 42.

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personale gravezza; che si avessero a domandare per Chieri i privilegi pontificii ed imperiali nella stessa forma che erano stati conceduti per lo studio torinese; che oltre ai professori i quali già fin d'allora leggevano in Chieri, si dovessero far venire due altri famosi dottori, uno in decretali, e l'altro in leggi civili, e che per tutte le altre facoltà si nominasse un numero conveniente di lettori, come solevasi fare negli studi generali; che si assegnassero loro buoni stipendi sicchè fossero allettati a continuare nell'insegnamento, e non ne venissero distornati dalla pratica; che tutti i sudditi di Savoia dovessero venire allo studio di Chieri, nè potessero altrove conseguire il grado della licenza o del dottorato; e finalmente, che si fissasse una provvisione di cinquecento fiorini di Savoia a ciascun lettore dello studio di Chieri da pagarsi ogni anno in quattro tempi diversi.

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Tutti questi provvedimenti dei Cheriesi basterebbono a far congetturare con qualche fondamento, che a quei tempi tacesse affatto lo studio torinese. Ma una carta del 26 di luglio 1424, che si conserva nell'archivio della chiesa metropolitana di Torino (1), giunge opportuna a cangiare in certezza la nostra congettura. È questa una supplica

(1) È la pergamena num. 53 del vol. II intitolato: Atti capitolari. Di questo documento finora sconosciuto io ebbi una copia dalla cortesia del signor teologo ed avvocato Peyron canonico della metropolitana. V. docum. n.o xil,

presentata al vescovo di Torino Aimone di Romagnano come comissario apostolico, da Francesco Raynaudi arciprete della chiesa di Torino e sindaco del capitolo, e da fra Pasquale Testore monaco, sindaco e procuratore del convento di s. Andrea (1) di Torino. Costoro esponevano, che il sommo pontefice Martino V volendo provvedere per quanto era in lui al sostentamento dello studio torinese, avea poc'anzi imposto ai beneficiati delle diocesi di Torino, d'Ivrea, d'Aosta e di Mondovì una tassa di cinquecento fiorini d'oro di camera. Rappresentavano, che per espressa volontà del papa, questa somma era destinata a vantaggio del solo studio torinese e non di quello di Chieri. Aggiungevano, che lo studio non esisteva più a quei giorni in Torino, nè eravi speranza che vi potesse risorgere (2). Per la qual cosa si appellavano al papa, e domandavano che i predetti beneficiati fossero sgravati da quel carico, tanto più ingiusto, in quanto che lo scompartimento erane stato fatto in guisa, che gittava il doppio della somma fissata da Sua Santità.

(1) Ora monastero della Consolata.

.....

(2) Voluit eciam et sue fuit intencionis quod summa huiusmodi taxaretur singulis civitatum et dioces. earundem non excessive sed debite et solum PRO STUDIO TAURINENSI ET NON PRO STUDIO CHERII et ita in eiusdem domini nostri pape literis continetur et potest effectualiter comprehendi. Cum autem STUDIUM HUIUSMODI IN PRESENTIARUM IN DICTA CIVITATE TAURINI NON EXISTAT secundum intencionem doctorum ut dicebatur venturorum et lecturorum, nec speretur venire..... V. Pergam. cit.

Dal sin qui detto appare chiaramente, che l'anno 4421 lo studio esisteva di fatto nella città di Chieri. Le replicate istanze de' Cheriesi e degli stessi professori indussero poi Amedeo VIII a trasportarvelo legalmente con patenti date in Ciamberì il 13 di febbraio del 1427 (1). È degno di essere notato in queste patenti il luogo, in cui il Duca accenna le cagioni, che lo avevano persuaso a trasferire l'università in Chieri. Dopo aver toccato del sito poco salubre della città di Torino e dei frequenti richiami dei professori, dice come egli era stato mosso anche da molte altre ragioni, le quali avvegnachè fossero a tutti palesi, egli credeva di non doverle espressamente significare (2). La sola congettura ci può ora guidare a conoscere quali fossero probabilmente queste cagioni allora taciute. E il vedere come Amedeo dica di mirare con occhio pietoso l'oppressione ed i gemiti di questa sua docile figliuola l'università (3), il soggiungere che egli fa, che lo studio sarebbe

(1) Queste patenti si conservano nell'archivio civico di Chieri. Io ne ebbi una copia dalla gentilezza del cav. Gazzera. V. docum. n.o XIV. Il Duca inviando ai Cheriesi queste patenti le accompagnò di una sua lettera in cui esorta i sindaci ed il comune di Chieri ad accogliere allegramente lo studio ed i professori. Arch. civ. di Chieri, lib. consilior. fol. 27. V. docum. n.° xv.

.....

(2). Ac pluribus aliis de causis in apertum constantibus, aquarum expressione nunc censemus reticendum.....

(3) ..... Nos quidem ipsius docilis filie nostre universitatis pressuram et gemitus ab intimis prodentes oculo compacionis cernen

les.....

vore,

per lo innanzi riuscito di peso anzichè di giovamento alla città di Torino, c'induce a credere con qualche fondamento, che il comune di Torino non prestasse per avventura ai professori tutto quel fache essi avrebbono desiderato. Ma quale sia di questo la verità, il Duca ordina, che lo studio abbia a durare perpetuamente in Chieri; che ad esso debbansi recare tutti i sudditi dello stato; che ai professori, i quali attualmente vi leggono, si debbano aggiungere altri famosi dottori nelle varie facoltà; che si diano loro oneste provvisioni; che due riformatori dello studio si debbano scegliere fra i principali borghesi di quella terra. Concede ai dottori, ai licenziati ed agli studenti gli stessi onori e le stesse prerogative di cui godono negli altri studi generali. Gli assoggetta nelle cause criminali alla giurisdizione ordinaria del vicario di Chieri. Vuole, che sieno esenti dal pagamento di ogni dazio, gabella o pedaggio, e che abbiano le stesse franchigie e gli stessi privilegi, di eui godono i borghesi originari di Chieri. Conserva allo studio la rendita già assegnatagli della gabella del sale, e comanda al comune di Chieri di pagare ogni anno cinquecento fiorini di piccol peso nelle mani del tesoriere dell'università e di provvedere il sito per le scuole ed i necessari arredi per le medesime.

La città di Chieri esultò di allegrezza per l'ottenuto favore. Furono eletti riformatori dello studio Giovanni Broglia, Martino Marcerio, Ludovico

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