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fluenza, che avrebbono esercitato su questa università i Padri della Compagnia, ai quali veniva affidata la maggior parte delle letture (1). Imperciocchè incominciava allora a crescere in Piemonte la fazione avversa ai Gesuiti, che salì poscia a gran potenza durante il regno di Vittorio Amedeo II, e Carlo Emmanuele III.

(1) V. intorno a ciò parecchie memorie di domande indirizzate ai PP. Gesuiti dalla città di Ciamberì, e delle offerte loro fatte acciocchè insegnassero la lingua ebraica, la matematica e i casi di coscienza. R. arch. di corte, univ. mazzo 1, n. 22 e 23. V. su questo proposito negli stessi R. archivi le riflessioni mss. del presidente Garneri, mazzo 1, n. 20.

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Mirbello. Giulio e Bartolommeo Torrini. - Adulazioni dei contemporanei. - La mancanza degli studi di lettere è cagione del dicadimento delle università. Insegnamento dell'economia publica. - Ordine della Duchessa Anna di Savoia. - Pace. - Nominazione di tre professori e del conservatore generale dello studio. - Conflitto di giurisdizione tra questo ed il senato.

Non solamente la Duchessa non potè conseguire il suo intento di fondare uno studio generale in Ciamberì; ma per le guerre sopravvenute non durarono pure lungamente i salutari effetti dei provvedimenti, che Ella avea dato per ristorare l'università di Torino. Di fatto l'anno 1687 erano. ancora trentadue i professori; tre di teologia, quattro di ragion canonica, due di dritto civile, tre per le istituzioni, uno pei tre ultimi libri del codice giustinianeo, uno de actionibus per l'arte del notaio, uno di gius feudale ed uno di gius criminale; due di medicina teorica e due di pratica, due almansoristi, uno di botanica e tre di chirurgia; nelle arti due di metafisica, due di filosofia, uno di matematica ed uno di logica (1).

(1) Balbo Prospero, Lezione accad. cit. intorno all'univ. p. 15.

Ma l'anno 1690, in cui Vittorio Amedeo stanco del giogo che tentava d'imporgli Luigi XIV si accostò all'Inghilterra, Olanda e Spagna collegate contra la Francia, i lettori dello studio torinese furono ridotti a diciassette; dei quali sette per la giurisprudenza e dieci per la medicina, chirurgia e filosofia (1).

A que' tempi, scrive il conte Prospero Balbo (2),

(1) Rotulo dei professori per l'anno 1689-1690. R. arch. di corte.

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Il Rocci padre e figlio (canonisti) con una sola pensione. 500

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Il Torriglia padre e figlio (filos. ed instit.) con una sola pens. 500

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Per la stampa delle hore et altro (al segretario).

Cirogico Deroy.

Per visione et estensione dei conti (al tesoriere).

200

300

200

170

170

87

10

100

108

Al protomedico Torrini in virtù di biglietto delli scuti 30. 217 10

(2) Lez. cit.

« le lezioni dei professori duravano un'ora e mezzo; alcuni di essi dovevano in casa ripetere le lezioni nelle ore, in cui non era aperta l'università; gli straordinari ne' giorni di festa e di vacanza insegnavano in casa ovvero nella università, e quando era d'uopo facevano le veci degli ordinari ; i professori assistevano alcune volte alle lezioni dei loro colleghi, ed argomentavano nelle loro scuole ; i primari magistrati facevano lo stesso nelle scuole di giurisprudenza; tanto i professori di leggi, quanto quelli di medicina proponevano ogni mese alcune tesi ovvero alcuni dubbi sulle materie del loro insegnamento, e facevasi sui proposti argomenti un publico esercizio, al quale erano invitati gli altri professori; ordini ed usi degnissimi di tempi migliori. Che se i buoni ordinamenti e le buone usanze bastassero ad assicurare il buon successo delle istituzioni letterarie, fiorentissima avrebbe dovuto essere a quel tempo l'università di Torino ; eppure fu quello appunto il tempo del suo maggiore dicadimento. E di questo oltre il trambusto delle guerre, vuolsi accagionare la scelta poco buona dei professori, » i quali, non osservata la legge dei concorsi, erano eletti dall'arbitrio di chi presiedeva alle cose degli studi. E di vero, se noi vorremo scorrere l'elenco dei professori, che lessero in questo studio nella seconda metà del secolo xvII, ci abbatteremo in una turba d'uomini senza nome, da cui quattro appena si possono sceverare, che meritassero allora qualche fama,

la quale ancora presto mancò, nè si trasmise ai posteri giusti estimatori del loro valore.

Primo fra questi rammenterò Emmanuele Filiberto Panealbo da Torino, lettore di ragion canonica, riputato a que' giorni lo splendore dell'università, e nominato perciò commendatore dell'ordine mauriziano e consigliere di stato. Abbiamo di lui parecchie orazioni stampate pei dottoramenti de' suoi scolari (1). Inoltre se ne conservano novanta manoscritte per lauree conferitesi dall'anno 1662 al 1668 (2). Scrisse ancora i fasti della casa Bioletta d'Agliè (3) e publicò con note ed illustrazioni tutte le iscrizioni latine del suo amico Emmanuele Tesauro (4). Ed io credo, che molto più che da' suoi scritti egli debba riconoscere la sua celebrità dall'avere associato il suo nome a quel portento d'ingegno, che fu Emmanuele Tesauro. Imperciocchè dalle opere del Panealbo non traspare una grande ampiezza di mente; ma sì abbonda un'indigesta ed inopportuna erudizione, congiunta con infinite arguzie. E le sue orazioni massimamente scritte col ridicolo stile dei secentisti, e ricavate per lo più da qualche strana allusione fatta al

(1) Orationes in laureas doctorales. Taurini, Zappata, 1665.
(2) Ms. della biblioteca della R. università, n. 12.

(3) Il ciclo ossia le glorie della casa Bioletta d'Agliè. Torino, Zappata, 1659.

(4) Emmanuelis Thesauri comitis et maiorum insignium equitis inscriptiones quotquot reperiri potuerunt opera et diligentia Emmanuelis Panealbi. Taurini, 1666, ex typogr. Bartholomaei Zappatae, in-12.o - Romae, 1667, in-8.o - Taurini, 1670, in-fol.

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