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OSTIA

Dopo la chiesa di Roma è cospicua ed illustre per ecclesiastica

dignità quella di OSTIA, il cui pastore è sempre il decano del sacro collegio cardinalizio; ha la prerogativa di portare il pallio, benchè non abbia il grado di arcivescovo, ma quello semplicemente di vescovo ; ed ha il diritto di consecrare il romano pontefice, se l'eletto a sedere sulla cattedra di s. Pietro non è insignito del carattere episcopale.

Questa città è antichissima, fabbricata da Anco Marzio alla foce del Tevere, acciocchè vi si fermassero i viaggiatori e le merci provenienti dal mare, e servisse di ostacolo ai nemici, che avessero osato di navigare su pel Tevere a danno di Roma. Perciò ebbe il nome di Ostia (1), che significa imboccatura. Ne parla così anche Ovidio (2):

« Ostia contigerat, qua se Tiberinus in altum

Dividit et campo liberiore natat. »>

Similmente ne traggono l'origine dal re Anco Marzio molti altri scrittori della pagana antichità: dei quali credo inutil cosa e troppo lunga il riportare, non che i detti, la lunga serie dei nomi. Era essa piantata nell'angolo, che formano il Mediterraneo ed il Tevere: lo accenna Floro dicendo: In ipso maris fluminisque confinio.

Fiori assai la città di Ostia finchè il romano impero stendeva la sua possanza gloriosamente; ma poscia più volte soggiacque agl' insulti dei barbari, e, ristaurata alquanto, fu dipoi smantellata; quindi rifabbricata e nuovamente distrutta, particolarmente dai ferocissimi saraceni. Il numero dei suoi abitanti, allorchè la sua prosperità era nel maggior auge,

(1) Isidor. lib. xv, cap. 1 Originum.

(2) Nel lib. 1v de' Fasti.

ascendeva sino ad ottanta mila. Chi si occupasse, dopo la sua sciagura, a restituirla, in parte almeno, all'antico splendore fu il pontefice Gregorio IV, il quale dall'anno 827 sino all'844, vi fece rizzare continuamente nuove fabbriche e poi la cinse di mura ben alte, con porte ben fortificate, troniere e petriere, e con buona fossa all'intorno (4); la fece in somma rinascere; sicchè portando anche il suo nome, si dicesse Gregoriopoli. Gli fanno di ciò grandi encomii gli storici, tra cui Anastasio (2), dopo di avere enumerato la serie degli edifizii magnifici, che vi furono costruiti, dice di avere il pontefice decretato: « ut ab omnibus sive romanis sive aliis nationibus a » proprio, quod ei erat, nomine Gregoriopolis vocaretur; et revera merito >> hoc a conditoris sui nomine vocabulum sumpsit, quia quod nullum legi»mus fecisse pontificem, iste, Dei omnipotentis auxilio, simulque virtute » munitus pro populo ac liberatione patriae ante jam nominatum opus >> mirabili decore fabricae construxit, etc. »>

Anche il pontefice Nicolò I ne prese assai d'interessamento e si adoperò a perfezionarla, ad abbellirla, a fortificarla con porte e con torri; e poscia vi collocò una guarnigione di truppa, per custodirla dalle insidie dei nemici, che avessero potuto offenderla dalla parte del mare. Nè mancarono di cooperare all' adornamento e alla fortificazione di essa gli stessi cardinali-vescovi, che ne ebbero la spirituale reggenza; ma siccome per lo più stanno essi in Roma, o sono onorati di ragguardevoli legazioni fuori degli stati pontificii, così non se ne possono facilmente occupare. Altri importantissimi ristauri e miglioramenti le fecero nei successivi tempi varii pontefici sino a di nostri; ma poichè appartengono questi alla storia civile mi astengo dal farne la narrazione.

Ad onta di tuttociò, Ostia moderna si può chiamare la capitale di un deserto: presentemente è luogo di confine ai condannati, che vi abitano il castello: le case sono poche e quasi deserte, perchè l' aria pessima delle paludi, che la circondano, vi produce una febbre, la quale, piucchè altro, coopera a renderla vuota di abitatori. Non ne conta più di un migliajo e mezzo. Sotto il pontificato dell'immortale Pio VII furono incominciati dispendiosi scavi, per cui si venne a capo di trovare precisamente il luogo dell'antica città: il valente abate Fea, che n'era il principale regolatore, gli spinse tant'oltre sino a scoprire distintamente una contrada, ove

(1) Muratori Annal. d'Ital. ann. 833.

(2) Pag. 226, a.

avevano abitato gli orefici: nelle loro botteghe si trovarono braccialetti, orecchini d'argento e crogiuoli (4).

Ma, ponendomi ad esaminare le cose ecclesiastiche di questa città, noterò, che in essa la fede cristiana fu predicata probabilmente dall' apostolo s. Pietro: tuttavolta non se ne trovano certissime prove nella storia oscura di quei tempi tumultuosi. Noterò inoltre, che a questa chiesa, sino dal 4450, volle il papa Eugenio III congiunta l'amministrazione e la reggenza anche di quella di Velletri; e che il vescovo di Ostia soggiungesse al suo titolo anche quello di Velletri. Alla sua volta ne parlerò.

Il primo vescovo di Ostia, di cui s'abbia memoria, è CIRIACO O QUIRIACO, martirizzato nel 229 insieme col prete Massimo, col diacono Archelao e con altri compagni: ce ne assicura il Baronio, e se ne leggono i nomi nel martirologio romano sotto il di 25 agosto. Gli venne dietro MASSIMO I, che nel 259 consacrò il pontefice s. Dionisio: e benchè fosse in uso anche per lo innanzi, che il vescovo di Ostia consecrasse il pontefice romano, questo per altro è il primo, di cui si trovi memoria presso gli storici. Sembra, che un altro MASSIMO governasse questa chiesa nel 315; perchè nel concilio romano, tenuto in quell'anno appunto, contro i Donatisti, se ne trova registrato il nome; ned è si facile che dal 259, in cui avveniva la consecrazione del papa s. Dionisio, intervenisse, cinquantaquattro anni dopo, al suddetto concilio romano lo stesso vescovo Massimo.

Raccogliesi dal Baronio, che nell'anno 556 il pontefice s. Marco veniva consecrato dal vescovo di Ostia; ma di esso non ci reca il nome. Si sa bensì che questo papa per un tanto onore, appartenente al prelato di essa chiesa, lo decorò del pallio; insegna, che prima di lui non si usava che dai soli arcivescovi e dai patriarchi.

E qui a gloria della chiesa di Ostia ricorderò la magnanima generosità di quel famoso capitano di Costantino il santo martire Gallicano, convertito alla fede cristiana dai due valorosi fratelli Giovanni e Paolo, il quale fu il primo a fabbricare chiese nella città di Ostia e ad istituire prebende per lo mantenimento dei sacerdoti e dei cherici. Era egli di cospicua e nobile famiglia di Roma, e infastidito degli onori e delle grandezze della corte, venne ad abitare qui, presso il santo monaco Ilarino, che vi fioriva. Ne fece anzi a sue spese ingrandire l'abitazione per ridurla ospitale, in

(1) Artaud, Vita di Pio V11; tom. 11, cap. LX.

Vol. 1.

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cui accogliere tutti i pellegrini di qualunque fossero nazione, i quali avessero approdato alle rive di Ostia. Prima di eseguire la sua partenza da Roma aveva donato la libertà a cinque mila schiavi (1), che gli erano soggetti, gli arricchi di case e poderi; quindi donò ai poveri ogni altro suo possedimento e ritirossi ad Ostia. « Seguitarono il santo padrone, narra » lo scrittore degli atti de'prefati santi fratelli, molti de'servi, ai quali egli » aveva concesso la libertà per servirlo in Ostia in cosi santi ministeri. >> Se ne divulgò per tutto il mondo la fama per guisa, che quanti venivano » a Roma dall' oriente e dall' occidente restavano compresi da divota » ammirazione in vedere un uomo di patrizio e console romano e amicis» simo degli augusti regnanti, fatto spontaneamente, a persuasione dell'evangelio, pubblico ministro del suo grande ospedale di Ostia, in faccia » di tutto il mondo, lavare i piedi ai pellegrini, rassettar loro e apparec>> chiare la mensa, dar loro acqua alle mani, servire con gran pazienza e » sollecitudine ai poveri infermi, e fare ogni altro uffizio di bassa, umile » e santa servitù; fondando egli primo e dotando colle sue entrate una » chiesa in quella città. » E dopo di lui ne rizzò un'altra, intitolata ai santi apostoli Pietro e Paolo e a s. Giovanni Battista, il piissimo imperatore Costantino.

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Dopo il soggiorno di varii anni nel suo ospitale, fu costretto il generoso Gallicano a partire per l' oriente scacciatovi dalla persecuzione fierissima dell' apostata imperatore Giuliano. Si ritirò in Alessandria, ed ivi per la fede sostenne il martirio: e di lui così ci parla il martirologio romano (2), il cui senso ho già portato nelle parole del Surio: « Alexandriae » sancti Gallicani martyris, viri consularis, qui triumphalibus infulis sublimatus, et Constantino Augusto charus, a sanctis Johanne et Paulo ad fidem >> Christi conversus est: qua suscepta, cum sancto Hilarino ad Ostia Tibe>> rina secedens, hospitalitati et infirmorum servitio totum se dedit: cujus rei fama in toto orbe divulgata, multi undique illuc venientes » videbant virum ex patritio et consule lavantem pauperum pedes, po» nentem mensam, aquam manibus effundentem, languentibus solicite >> ministrantem, et cetera pietatis officia exhibentem. Qui postmodum sub » Juliano apostata inde expulsus Alexandriam perrexit: ubi cum a Rau» ciano judice sacrificare cogeretur et contemneret, percussus gladio, (2) Sotto il dì 25 giugno.

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(1) Surio, tom. III, 26 giugno, nella vila de' santi martiri Giovanni e Paolo.

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