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TRE TAVERNE

Tra le molte città del Lazio, le quali sorgevano nel territorio che

ora forma la diocesi di Velletri, ve ne fu una nominata le TRE TAVERNE, in latino Civitas trium tabernarum : e sembra, che si nominasse cosi, perchè v'erano tre pubbliche osterie o locande a comodo dei viaggiatori. Sorgevano tra Velletri e il Foro Appio, vicino al fiumicello Astura. Forse non era essa una città molto celebre al tempo dei romani, nè spaziosa; la si trova però nominata, per non dire di altri, da M. T. Cicerone in varie delle sue lettere. Cadde poi, nè vi rimasero che ammonticchiate rovine ; a poca distanza sorge il borgo di CISTERNA, che a quella successe.

Ben più celebre nella chiesa è questa città, per essere stata il limite, a cui nel primo secolo del cristianesimo i fedeli di Roma vennero ad incontrare l'apostolo s. Paolo quando fu condotto alla metropoli dell' impero, per essere giudicato dinanzi all'imperatore, a cui si era appellato (4). Leggesi memoria di questo incontro fattogli, nell' ultimo capitolo degli Atti apostolici, colle seguenti parole (2): Venimus Romam: et inde cum audissent fratres, occurrerunt nobis usque ad Appii forum ac Tres Tabernas. Consta dai sacri monumenti, che qui sino dai primi giorni del cristianesimo piantasse radici la fede evangelica; tuttavolta non se ne trovano traccie sicure nei tre primi secoli. Probabilmente, come tutte le altre terre infestate dalle tiranniche persecuzioni degl' idolatri, avranno vissuto i fedeli rimpiattati o raminghi, finchè il magnanimo Costantino concedesse loro libertà e pace. Infatti da questi giorni s'incomincia a trovare il nome di qualcheduno dei vescovi, che la governarono. La quale chiesa delle Tre Taverne o delle Taverne non è da confondersi con Taverna

(1) Att. degli Apost. cap. xxv, vers. 11

(2) Ivi, cap. xxvIII, vers. 14 e 15.

o Paleopoli nella Magna Grecia; come taluno pretenderebbe. L'Ughelli nel tomo IX della sua Italia Sacra smentisce evidentemente questa opinione.

E per dire alcun che dei vescovi, dei quali si hanno, benchè meschinissime, traccie, pastori di questa chiesa, porterò i nomi di quelli che si conoscono. Si legge il nome di un FELICE a Tribus Tabernis, tra i vescovi del concilio romano del 313. Nel sinodo tenuto in Roma dal pontefice sant'Ilaro o Ilario nel 465, si trova annoverato un LUCIFERO, vescovo delle TreTaverne: e se ne trova ricordato un altro, che aveva nome DECIO, nei concilii di Felice, l'anno 487, e di Simmaco, l'anno 499. Ai tempi di s. Gregorio Magno v'era pure un vescovo, di cui non si sa il nome; si sa bensì, che questo pontefice vedendo ridotta al nulla e devastata la città delle Tre Taverne aggregò ed uni canonicamente la sua cattedra vescovile in quella di Velletri: ne ho recato alla sua volta la lettera pontificia, che qui per brevità credo bene di ommettere (1). Stette quindi unita questa chiesa per varii anni a Velletri; ma poi, rifabbricata o ristaurata la città, le si separò nuovamente ed ebbe ancora i suoi pastori. Tra questi si conoscono i nomi di PARVO, che sottoscrisse nel 762 un diploma del papa Paolo I; LEONINO, detto anche Leontino, ch'era tra i vescovi del concilio romano dell' 826; ANASTASIO, che fu al sinodo tenuto in Roma nell' 855; GIOVANNI, che assistette alla condanna del conciliabolo di Fozio, pronunziata nel sinodo romano dell'868. Nè quind' innanzi si hanno altre memorie di questa sede vescovile: certo colla distruzione totale della città rimase anch'essa abolita. A tenore di quanto al suo tempo aveva stabilito il santo pontefice Gregorio il grande, passò anche di poi la chiesa delle Tre Taverne sotto la giurisdizione della chiesa di Velletri. Tuttavolta in Cisterna, che sorse, come ho detto, presso alle rovine delle Tre Taverne, si conserva un qualche avanzo dell'antico decoro, essendovi una bella chiesa collegiata, sotto il titolo di Santa Maria Assunta, alla cui cura presiede un arciprete, assistito da altri sacerdoti. Ned è questo il solo tempio, che sorga nel borgo di Cisterna; ve n'ha un altro intitolato a s. Antonio, con annessovi un convento di francescani.

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NORMA

Possedevano anticamente i Volsci, non molto lungi da Cori (4), una

città il cui nome era NORBA, rammentata assai volte da T. Livio, da Dionisio, da Plinio, da Appiano e da varii altri scrittori latini. Essa fu colonia romana sino dai tempi de' consoli T. Geganio e P. Minucio, 391 anno avanti Gesù Cristo. Sostenne più volte l'impeto dei nemici, ma finalmente nelle guerre civili de'romani fu messa a ferro e fuoco, sicchè appena se ne trova adesso qualche meschino vestigio. Le particolarità di questa estrema sciagura della città di Norba sono raccontate da Appiano (2), le cui parole mi piace qui riportare : « Norba nihilominus resistebat totis >> viribus, donec Emilio Lepido noctu per proditionem intromisso, indignabundi oppidani pars suamet manu, pars mutuis vulneribus cecide>> runt; alii praefocarunt se laqueis, aut obturatis foribus ignem tectis » subdiderunt; quorum conatum fortuitus eventus adjuvit in tantum, ut praeda omnis absumpta sit incendio. >>

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Di questa città, si miseramente perita, non altra memoria restò, che il piccolo castello di NORMA, fabbricato sopra il contiguo colle, ove da un arciprete, quattro canonici ed alcuni cherici è uffiziata la chiesa collegiata, che serve al bisogno del tenue popolo di un ottocento anime, circa. Si sa per altro, che Norma fu città vescovile, e sebbene siasi perduta la memoria del tempo, in cui abbracciò la fede evangelica, e degli avvenimenti, che ne formerebbero la storia; ci rimase tuttavia, per assicurarci

(1) Cori o Cora era un' altra città de' Volsci la quale adesso non è più di un piccolo borgo. Vi si veggono ancora gli avanzi del famoso tempio di Ercole e di un altro, ch' era dedicato a Castore e

Polluce. Anche questo borgo appartiene alla giurisdizione del vescovo di Ostia e Velletri.

(a) Civil. beil. lib. 1.

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