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CERI

Seguendo il sistema prefissomi di soggiungere alla narrazione delle

sedi vescovili esistenti le memorie di quelle, che lo furono e che si trovano entro i confini di esse, mi viene adesso da parlare dell' antichissima un tempo e ricchissima città degli etruschi, la quale al presente non è niente più di una mediocre borgata. Il suo primo nome fu Agylla; era abitata dai pelasgi e dagli aborigeni, che probabilmente la fabbricarono quattordici secoli avanti Gesù Cristo. La sua poca distanza dal mare la rendeva assai commerciale. Strabone (1) ci fa sapere, che gli etruschi togliendola al re Mezenzio, la dissero CERE O CERI, perchè avendone chiesto il nome, fu loro risposto da un soldato, che stava sulle mura, invece del suo nome, una parola di saluto in lingua greca: xaïpe che significa addio. Agylla tunc vocabatur, egli dice, quae nunc Caere est, ferturque condita » a Pelasgis e Thessalia profectis: quos Lydorum, qui mutato nomine Tyr>> rheni dicti sunt, quum bello petissent, accessisse quemdam ad mu>> rum, nomen urbis siscitantem: quemque Thessalorum quidam de muro >> responsi loco eum salvere jussisset (quod graeco vocabolo dicitur aïρε) >>omen accepisse Tyrrhenus et urbi captae nomen mutasse. » Ommelto per brevità quanto di Cere scrissero Virgilio (2), Livio (5), Dionisio (4) ed altri.

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Divenne questa città ancor più celebre nelle storie a cagione dell' esiglio dei Tarquinii e del ricovero datovi alle romane Vestali, allorchè L. Albino le trasportò in salvo dagl'insulti dei Galli. Ma col tempo andò scemando la potenza e la gloria di Ceri; perciocchè Strabone scriveva che ai

(1) Lib. v.

(2) Æneid. lib. viii.

(3) Histor. lib. 1.

(4) Lib. 1.

suoi giorni ne serbava appena gli avanzi. « Hodie urbis tam splendidae » quondam ac praeclarae vestigia tantum restant. » Tuttavolta, ad onta delle tante irruzioni dei barbari che devastarono tutto il litorale del mediterraneo, ad onta delle vicende luttuose che accompagnarono la caduta dell'impero di occidente, Ceri, essendo alcun poco fuori della via Aurelia, nè assolutamente sulla spiaggia del mare, potè conservare sino alla metà quasi dell' undecimo secolo una sufficiente popolazione. Potè perciò rimanere lungamente anche sede vescovile, e probabilmente cominciò ad esserlo nel primo apparire della luce evangelica, e di pari passo colle altre circostanti contrade; benchè non si abbia certa memoria che preceda l'anno 499. In quest' anno infatti si trova che il vescovo di Cere SANTO ADEODATO sottoscriveva al concilio romano del papa Simmaco. È certo per altro, che anche prima di questo tempo vi furono cristiani in questa città e nel suo territorio. Lo si raccoglię principalmente dalla vita del pontefice s. Felice II, il quale per ordine dell'ariano imperatore Costanzo fu qui relegato, anzi vi sostenne il martirio a' 22 di novembre dell'anno 365: e tanto più si potrebbe dire con sicurezza, che in questo tempo vi fosse già radicato il cristianesimo, perchè, secondo l'opinione del Novaes (4), il martirizzato pontefice aveva in Ceri una possessione di sua proprietà.

Dopo il nome del suddetto vescovo Adeodato, si trova, nel 761 soltanto, quello di PIETRO, che andò al concilio romano tenuto in quest'anno dal pontefice Paolo I. Poi sino all' 826 non ne apparisce alcun altro : nel qual anno al concilio di Eugenio II era presente ROMANO Vescovo cerense. Lo seguirono ADRIANO che viveva nell' 855, e CRESCENZIO, che condannò con altri vescovi nell' 869 il concilio IV di Costantinopoli. Quindi v' ha una laguna di più di un secolo senza che si sappia chi fosse il pastore della chiesa cerese. Nel 995 aveva essa un ANNISO che diede il suo voto per la canonizzazione di Udalrico vescovo di Augusta. Cinque anni dopo si trova il nome di STEFANO che fu presente al concilio romano a cui assisteva anche l'imperatore Ottone III per l'affare del matrimonio del re Roberto. Finalmente in un concilio romano dell' anno 1015 si legge il nome del vescovo di Ceri BENEDETTO, di cui si trovano memorie anche sino al 1029. E pare che intorno a questi tempi la chiesa di Ceri perdesse la prerogativa

(1) Tom. 1, pag. 130.

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