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ALBANO

Antichissim

tichissima è l'origine della città di ALBANO; e sebbene quella, che oggidì esiste, non sia la identica Albalunga, ricordata dagli scrittori che precedettero l' era cristiana; da Cicerone nell' orazione a favore di Milone, da Tito Livio (4) e da altri; tuttavolta ne prese il nome tostochè risorse poco lungi dalle sue precedenti rovine. E per dire di essa qualche cosa sino dalla sua prima fondazione, ricorderò colle parole di Dionisio d' Alicarnasso, essere stata fabbricata da Ascanio, figlio di Enea, sulla china del monte Albano, quattrocentrent'anni prima che si piantassero le fondamenta di Roma. Eccone il racconto di Dionisio (2): « Trigesimo >> anno post conditum Lavinium, aliam urbem, ex oraculo Æneae reddito, » Ascanius filius ejus condidit, translatisque Laviniensibus et aliis latinis, » quibus commodius habitare placebat, in recens conditam urbem, Albae » et nomen imposuit, additumque est cognomen ex situs forma, ut discer» neretur ab altera ejusdem nominis, ut veluti composito vocabulo Alba Longa nominatur. » La stessa cosa ci fa sapere anche Strabone: « Ænea » defuncto, Ascanium, ajunt, Albam condidisse in Albano monte, qui » tanto a Roma, quanto Ardea distat intervallo. »

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Il suddetto Dionisio ci fa sapere inoltre, che a' suoi giorni era deserta, perchè Tullio Ostilio l'aveva spianata al suolo, per gelosia che gli abitatori di essa non agognassero al principato in onta di lui e de' suoi. Ci fa sapere, che i cittadini dell' antica Alba cercarono ricovero tra le mura di Roma; e che poi rifabbricarono la loro città in luogo più sicuro e difeso, tra mezzo il monte altissimo e un profondissimo lago. Riporterò le stesse parole del citato scrittore: « Nunc ea deserta jacet; quippe regnante

(1) Lib. 26.

(2) Lib. 1. Rom. Antiq.

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» Romae Tullio Hostilio, quoniam videbatur cum sua colonia de principatu contendere, solo aequata est a Romanis, civesque ejus Urbs Roma, » destructa matrice, intra sua moenia recepit. Verum haec venerunt post» ea; olim cum aedificaretur inter montem et lacum extructa est, ita ut » medium inter utrumque obtineret spatium, ac veluti muris iis cincta >>> defensaque, ne facile caperetur: nam et mons admodum altus, ac natura » munitus est, et locus profundus ac magnus, ex quo reductis claustris in subjectos campos aqua ad libitum dispensatur. » Anzi, fu tanto estesa e solenne la rovina fattane dai Romani, che Plinio la colloca tra le città, di cui a' suoi giorni, fuori del nome e del tempio delle vestali, non altro si conosceva. Per ciò lo stesso Tito Livio introduce Vibio Virio, senatore campano, a parlare così: « Albam, unde ipsi oriundi erant, a fundamentis » proruerunt, ne stirpis ne memoria originum suarum existeret (1). » Similmente narra Strabone (2): «Alba diruta est, excepto templo, et » Albani civibus romanis adscripti sunt. » Le quali vicende più chiaramente e con maggiore precisione vennero enumerate dal citato Dionisio (5) « Alba, quam olim Ascanius, ex Æneae Anchisi filio et Creusa » Priami filia prognatus, condiderat, cum per 500 post aedificationem » annos, 13 demptis, stetisset, eoque temporis spatio populi frequentia opibusque et caetera felicitate multum aucta esset, triginta oppidorum » latinorum mater et gentis toto eo tempore principis a novissima sua » colonia solo aequata, hodie quoque deserta manet. » Autore di questa distruzione è riputato in principalità quell' Orazio, che superstite ai suoi due fratelli nel conflitto contro i tre Curiazii, uccise tutti e tre questi, ed acquistò quindi il diritto alla sovversione di Albano.

L'odierna città di ugual nome, piccolo castello da prima, sorge alla distanza di due sole miglia dal luogo, ov' era quell' antichissima emula della superba Roma. Pare che le sue fondamenta s' abbiano a credere piantate, come conghietturò Cloverio nella sua Italia antica, sopra l' antica villa di Gneo Pompeo, detta da Cicerone e da Plutarco Albano di Pompeo, ossia villa o podere di Pompeo, la quale stava sulla via Appia, d'appresso alla villa di P. Clodio. Qui avevano stabilito gl' imperatori romani un appostamento di soldati alquanto numeroso; e qui perciò a poco a poco si

(1) T. Liv. lib. 26. (2) Lib 5.

(3) Lib. 3.

fabbricarono all' intorno alcune case, ad abitazione dei venditori di tuttociò, che a quei militari poteva occorrere ; e poi col tempo ne crebbe il numero a tanto da formare un castello, nominato dagli antichi scrittori Albano pretorio, ed anche Albano semplicemente. Ed ecco l'origine della odierna città di Albano; la quale per altro esisteva già ai tempi di Nerone (1), ed era ormai cresciuta all' estensione di essere non più riputata un semplice castello. A maggiore ampiezza crebbe essa collo scorrer degli anni, e salì anche a qualche grado di rinomanza. Certo lo era ai giorni dell' imperatore Costantino. Il papa s. Silvestro rizzò in essa una basilica intitolata a s. Giovanni Battista. Dopo la metà del duodecimo secolo soffri gravissimi danni e fu in gran parte demolita nelle faziose violenze dei partigiani dell' empio Enobardo. Ma ristaurolla il papa Onorio III, il quale, essendo della nobilissima famiglia de' Savelli, possedeva grande estensione di terreno sino all'illustre castello, che forse dal nome della famiglia stessa è detto Sabello.

Non è fuor di ragione il credere, che la religione cristiana gettasse le sue radici in Albano sino dai giorni apostolici. La sua vicinanza a Roma ce lo rende probabilissimo. Tuttavolta non si hanno traccie de' suoi pastori prima della età di Costantino il grande. È chiesa delle più cospicue; ora il vescovo è sempre un cardinale; per promozione vi arriva e passa per ottazione alle chiese superiori di titolo vescovile sino a quella di Ostia. Egli gode la prerogativa di assistere, insieme con quello di Porto, al vescovo di Ostia nella consecrazione del sommo pontefice, se fosse eletto senza essere insignito del carattere episcopale. A quanto narra Anastasio bibliotecario, esso aveva in Roma un palazzo di residenza, non molto lungi dalla basilica lateranese, nella quale fungeva alla sua volta l'uffizio di ebdomadario, egualmente che gli altri cardinali vescovi suburbani.

La cattedrale albana, che porta il titolo di s. Pancrazio, protettore primario della città, è di antica architettura: il capitolo è composto di otto canonici e delle due dignità di arciprete e arcidiacono: il seminario è di poca estensione, proporzionato alla diocesi, la quale si riduce ad otto mila persone soltanto, ned ha maggior diametro di venti miglia all'incirca. Comprende bensì nel suo giro dieci castelli: Sabello, Riccia, Genzano, Civita-Lavinia, Nemi, Marino, Castelgandolfo, Pratica, Ardea e Nettuno.

(1) Vedasi Svetonio uel capo xxv della vita di Nerone.

Vol. 1.

83

Quest'ultimo è fabbricato sopra le rovine dell'antica Anzo, già sede vescovile, di cui soggiungerò alla narrazione della chiesa di Albano le poche notizie, che ci furono dall'antichità tramandate. Nè di questa stessa di Albano ce ne pervennero molte; massime intorno ai sacri pastori che la governarono: non degli antichi, perchè andarono perdute tra le tenebre e le vicende dei tempi; non dei recenti, perchè la loro anzianità li porta ad ascendere ad altro titolo, e quindi ad avere dopo brevissimi anni il successore, che talvolta è pur susseguito ben presto da un altro sino a vederne dopo di sè due e tre successivamente promossi; e per lo più vi giungono in età molto avanzata, cosicchè assai poco si occupano della propria loro chiesa.

Il primo vescovo, di cui si trovi memoria, è DIONISIO, il quale nel concilio di Milano, sotto l'imperatore Costantino il grande, sostenne vigorosamente contro gli ariani la difesa del santo patriarca Atanasio. Ne parla Sozomeno (4). ROMANO si trovava presente al concilio di Roma del 465. -ATANASIO v'era a quello parimente di Roma del 487. CRISOGONO sottoscrisse ai concilii romani del 504, del 502 e del 504. Qui l' Ughelli rammenta un Ardea, e lo dice sottocritto nel 593 ad un privilegio concesso dal papa Gregorio I alla chiesa di s. Medardo nelle Gallie; nè reca altra prova della esistenza di questo vescovo. Ma siccome quel privilegio è già stato dimostrato evidentemente falso ed immaginario, così non può aver luogo per guisa alcuna tra i pastori di questa chiesa: tanto più, che nell'anno stesso, in cui si dice ch' egli era vescovo, se ne trova un altro, e con più fondamento di probabilità. Questi è GIOVANNI, ch' era bibliotecario della santa Sede, e che sottoscrisse al privilegio, concesso dal papa Gregorio il grande ad Onorato, abate di Subiaco. Омового intervenne ai concilii romani del 595 del 604. GIOVENALE fu tra i vescovi del sesto Concilio di Costantinopoli nel 680, e poco dopo mori. Di fatto la chiesa di Albano, a quanto scrive il bibliotecario Anastasio nella vita di papa Leone II, era vacante nel 685.

sinodo tenuto da Gregorio II nel 724.

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ANDREA si trovava presente al
TIBERIO, secondo altri Tiburzio,

o piuttosto TIBURTINO, è sottoscritto nel concilio romano del 745. E qui fa d'uopo escludere dalla serie dei vescovi quel Gregorio, che l' Ughelli fa succedere a Tiberio, e che dice intervenuto al suddetto concilio. Come

(1) Lib. in della Storia.

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