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ANZO

Sulla spiaggia del mare Tirreno, poco lungi dall'odierno castello di

Nettuno, sorgeva una città antichissima, di cui al presente non si vedono che rovine. Essa era Anzo, città dei Volsci, di mezzo tra Lavinio ed Astura; nobilissima e rinomatissima presso gli scrittori latini. La dicevano Antium. Dionisio d' Alicarnasso la vuole derivata da Anzo, uno de' figli di di Ulisse e di Circe; e il nome ne potrebbe anche esser prova; Solino invece la sostiene fabbricata da Ascanio figlio di Enea. Sotto Tarquinio il superbo, formava parte delle città dell' antico Lazio. Combattè spesse volte contro i romani, dei quali alfine diventò serva: ne fu conquistatore il console T. Quinzio Capitolino. Era celebre in Anzo il fano della fortuna, a cui Orazio dirigeva le sue parole d' invocazione, dicendo (1):

O diva, gratum quae regis Antium,

Praesens vel imo tollere de gradu
Mortale corpus, vel superbos
Vertere funeribus triumphos.

Decaduta la città notabilmente per le ingiurie del tempo, l' imperatore Nerone, che vi aveva avuto la culla, pensò a ristaurarla, e profuse molto denaro per ornarla anche di un bel porto. Al presente se ne arguisce la magnificenza dai maravigliosi avanzi delle sue rovine. A queste, poichè stanno sulla cima del colle, il volgo diè il nome di Capo d'Anzo, e dice Torre d' Anzo la specola o fanale del porto, che sorge tuttora a ponente di esse. Non v' ha dubbio, che la città non fosse anticamente vescovile; però non

(1) Carm. lib. 1, od. 35.

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