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storie fiorentine, che non nelle memorie dei posteri; così che due secoli dopo veggiamo il nome di lei non che venerato, quasi santificato da Dante nel Purgatorio.' Morta Matilda nel 1145, e lasciato da lei il retaggio degli antichi Marchesi di Toscana ai Pontefici Romani, disputòssi poco meno di un secolo tra questi e gli Imperadori sull' estensione del láscito; e sorse in tal disputa, finalmente, il Comune e il governo consolare in Firenze. Ma non se ne trova l'anno preciso; ed il nuovo Comune era così indietro ancora o in potenza o in vigor d'indipendenza, che non prese parte a niuna delle leghe contro a Federigo Barbarossa. Tuttavia, dopo la pace, l'anno 1185, ei fu spoglio del comitato o contado, restituitogli poco appresso. Ancora, la mutazione del governo dei Consoli in quello del Podestà, fatta dall' altre città più attive durante l'ultima metà del secolo XII, non fu fatta in Firenze se non nel 1207.3 E finalmente, ella non si divise in parti Guelfa e Ghibellina se non nel 1215, per il noto fatto di Buondelmonti; e non compiè la guerra contro i Cattani del contado se non nel 1218.* E così in tutto ebbe Firenze nascita oscura, ed educazione lunga; nascita ed educazione promettitrici.

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D'allora in poi, ne' cinquant'anni che corrono fino al 1265, principio della presente storia, Firenze crebbe prontissimamente in popolazione, ricchezze, estensione, ed importanza politica. Fin allora Firenze non avea avuto se non il Ponte Vecchio sull'Arno, a destra del quale era compresa tutta in un semicerchio poco estendentesi oltre il Battistero di San Giovanni e il Duomo. Ma dal 1218 al 1220 fu fatto a valle il nuovo ponte alla Carraja, ad uso principalmente del borgo Ognissanti; dove intorno agli Umiliati, monaci lavoratori di lanifizii e setifizii, s'eran venute estendendo que

1 Canti XXVIII-XXXIII.

2 G. Villani, in Rer. Ital. T. XIII, pp. 137-38, a malgrado il Lami: da cui non si vuol prendere se non la correzione della data del 1184 in 1185.

3 Villani, pag. 146.

Villani, pag. 154.

ste due industrie. Nel 1236 fu fatto a monte il ponte Rubaconte (or delle Grazie), e fu lastricata la città, fin allora mattonata. Nel 1250, aggiunto nel governo o signoria al Podestà il primo Capitano del popolo con XII Anziani, fu fatto il palazzo del Podestà; « che prima non havea palagio di > Comune in Firenze; anzi stava la Signoria hora in una » parte della città et hora in altra.' » Del medesimo anno, abbassate le torri private a cinquanta braccia, fu de' ruderi incominciata la cinta di Oltrearno. Del 1252 fu fatto l'ultimo ponte intermedio di Santa Trinita; e furono battuti i primi fiorini d'oro; bella e buona moneta, che al dir del Villani, aprì la Barberia al commercio fiorentino. Intanto s' era quasi sempre guerreggiato, e non più coi Cattani o colle terre all' intorno, ma con Pisa, Siena, Pistoja, ed altre potenti vicine, secondo il variar delle parti; e parteggiandosi in città, erano stati cacciati, primi nel 1248 i Guelfi, poi nel 1251 alcuni capi, e nel 1258 tutti i Ghibellini; i quali, ajutati dal re Manfredi, diedero in ultimo a' loro. compatrioti la famosa rotta di Monteaperti, o dell'Arbia, addì 4 settembre 1260, e rientrarono quindi cacciando i Guelfi. E così Guelfa era, così tenuta per irremediabilmente tale Firenze, che trattôssi fra' Ghibellini vittoriosi di distruggerla; ma fu impedito dall' eloquenza e dal credito di Farinata degli Uberti, che fu solo

colà dove sofferto

Fu per ciascun di tôrre via Fiorenza,
Colui che la difese a viso aperto.

INF. X. 91-93.

Fra'Guelfi cacciati dopo la rotta di Monteaperti, erano o l'avo o il padre di Dante. La famiglia di lui vantavasi di discendenza romana antica; e dicevasi, o dissesi poi, staccata da quella dei Frangipani sopravvivuti in Roma. Dante sembra sì in più luoghi vantarsi di sangue romano.2 Ma

1 Villani, pag. 182.

3 Principalmente nell' Inf. XV, 73-78.

dove ei parla espressamente della propria famiglia, non la fa risalir se non a tre fratelli chiamati Moronto, Eliseo e Cacciaguida, viventi al principio del secolo XII; ed all' ultimo dei tre, tritavo suo, fa dire, non so se con isprezzatura o modestia:

Gli antichi miei ed io nacqui nel loco,

Dove si truova pria l' ultimo sesto

Da quel che corre il vostro annual gioco.1
Basti de' miei maggiori udirne questo;
Chi ei si furo, ed onde venner quivi,
Più è il tacer che 'l ragionare onesto.
PARAD. XVI. 40-45.

Ad ogni modo, dal secondo de' tre fratelli vennero gli Elisei tenuti poi sempre per consorti e consanguinei della famiglia di Dante. E venne questa dal terzo di essi Cacciaguida, e della moglie di lui Aldigeria; una lombarda, secondo alcuni di Parma, ma più probabilmente degli Aldigeri, potenti allora e poi in Ferrara. E quindi i discendenti loro díssersi pure degli Aldigeri, od Alaghieri, Aligeri, Allighieri ed Alighieri: di che si disputa con poco pro. Cacciaguida, passato in età virile alla crociata di Corrado imperatore, e fattovi cavaliero, morì in Soría verso l'anno 1147. E così è che il Poeta pronepote di lui, lo pone in Paradiso nel cielo di Marte, tra i guerrieri morti per la fede; e da lui, dopo lo squarcio riferito sui costumi antichi di Firenze, fa narrare in pochi ed eleganti versi la propria vita così:

A così riposato, a così bello

Viver di cittadini, a così fida
Cittadinanza, a così dolce ostello,
Maria mi diè, chiamata in alte grida;2

4 Cioè là dove i corritori del pallio entravano nel sesto di porta S. Piero. 2 Era, dice il Venturi, pio costume di que' tempi (non dismesso da alcune pie de' nostri) chiamare il nome di Maria Vergine tra' dolori del parto. E Dante, fino osservatore d'ogni espressione d'affetto vero, e massime de' religiosi, pur si riferisce a questa nel Purgatorio, XX, 19:

E per ventura udi': dolce Maria

Dinanzi a noi chiamar così nel pianto,

Come fa donna che 'n partorir sia.

E nell'antico vostro Batisteo,
Insieme fui cristiano e Cacciaguida.
Moronto fu mio frate ed Eliseo;

Mia donna venne a me di Val di Pado,
E quindi 'l soprannome tuo si feo.
Poi seguitai lo 'mperador Currado,
Ed el mi cinse della sua milizia;
Tanto per bene oprar gli venni a grado!
Dietro gli andai incontro alla nequizia
Di quella legge, il cui popolo usurpa,
Per colpa del Pastor, vostra giustizia.1
Quivi fu' io da quella gente turpa,
Disviluppato dal mondo fallace,
Il cui amor molt' anime deturpa,

E venni dal martirio a questa pace.

PARAD. XV. 130-148.

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Figlio di questo Cacciaguida cavaliere, fu tra gli altri Alighieri, bisavo di Dante; del quale null' altro si sa, se non che viveva nel 1189 e probabilmente pure nel 1201,' e che Dante lo pone in Purgatorio nella cerchia dei superbi. Figlio di questo primo Alighiero fu Bellincione avo di Dante; del quale pure non sappiamo altro, se non che ebbe sette figliuoli, tra i quali Alighieri secondo, padre di Dante. Fu questi giureconsulto, o come allor si diceva, giudice di professione; e sposata in prime nozze Lapa di Chiarissimo Cialuffi, n'ebbe un figlio nomato Francesco; e, morta quella, e sposata Donna Bella, non si sa di qual casa, n'ebbe nel maggio 1265* un figliuolo, il quale battezzato in San Giovanni, ebbe il nome di Durante, abbreviato quindi in quello, sempre da lui e dagli altri usato, di Dante. Trovasi poi menzionata dal Boccaccio pur una sorella di Dante, maritata a

1 Cioè il popolo Maomettano che tiene il governo (detto giustizia nel medio evo) di Terra Santa.

seg.

2 Pelli, pag. 30 e
3 Parad. XV, 91–96.

4 Questa data, primo fatto della vita di Dante, non si trae, che io sappia, da nessun altro luogo che dal Comento di Boccaccio al verso 1.o della Commedia (Boccaccio, Opere; Firenze 1824, tom. V, pag. 19), e tutti i biografi l'hanno seguito. Senza il Boccaccio, la vita di Dante si ridurrebbe a congetture tratte dalle opere di lui.

Leon Poggi; ma di questa nè si sa il nome, nè di quale delle mogli di Alighiero ella fosse figlia.1

Tutti questi maggiori di Dante furono Guelfi, e per tali due volte cacciati da' Ghibellini: ce lo dice Dante stesso nel Poema. Ma durando il governo ghibellino in Firenze, e così l'esilio de' Guelfi nel maggio 1265, convien dire: o che vivendo ancora Bellincione, egli fosse l'esiliato, e non Alighiero padre di Dante; ovvero se era questi, ei n'avesse avuta grazia particolare, e ne fosse tornato; ovvero, che fosse tornata la moglie sola, essendo certo ad ogni modo il battesimo di Dante in Firenze dalle parole stesse di lui.3 E nacquevi mentre si apparecchiava a mutarsi la fortuna della parte e della famiglia sua; l'anno e il mese appunto, che Carlo d'Angiò conte di Provenza disceso in Italia, giugneva a Roma contro a Manfredi re di Puglia e di Sicilia, a quell'impresa che mutò poi il Regno e l'Italia quasi tutta, ed in particolare Firenze, di Ghibellina in Guelfa.

Questi furono presagi più importanti al destino futuro del Poeta, che non la posizione degli astri, o i sogni. Ma a quell' età, astri e sogni si osservavano. Brunetto Latini, maestro che fu poi di Dante, ne trasse, probabilmente egli stesso, la pianta astrologica; e trovando il sole in Gemini, predisse, secondo l'arte, la grandezza d'ingegno del fanciullo. Così almeno interpretasi dai più quel passo dove Brunetto dice a Dante:

Se tu segui tua stella,
Non puoi fallire a glorioso porto,
Se ben m' accorsi nella vita bella:
E s'io non fossi sì per tempo morto,
Veggendo 'l Cielo a te così benigno,
Dato t'avrei all'opera conforto.

INF. XV. 55-60.

1 Boccaccio, Op., tom. V, pag. 66. Non solamente per questi ascendenti a cui mi sono ristretto, ma per tutti gli altri collaterali e discendenti, certi ed incerti di Dante, V. il Pelli, che ne ragiona abbondantemente, SS 3 e 4, pp. 11-55 delle suc Memorie per servire alla vita di Dante. Ediz. seconda, Firenze 1823.

2 Inf. X, 46-48.

3 Parad. XXV, 8-99.

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