Sayfadaki görseller
PDF
ePub

che fa i concettisti di tutte le età, i seicentisti di tutte le lingue: E qual più a gradire oltre si mette ec. L'assunto mio non è di andar dietro alle bellezze poetiche del mio Autore; e tengomi alle osservazioni storiche. Adunque, qui Dante distingue chiaramente due scuole italiane di poesia: l'antica di Guitton d'Arezzo, del Notajo da Lentino, di Buonaggiunta, e gli altri oscuri, freddi e concettisti; e la nuova poi, quella del dolce stil nuovo, ispirato da amore vero; nella quale, benchè non li nomini qui, son da porre quegli altrove da lui tanto lodati, i due Guidi, Guinicelli e Cavalcanti, e Cino da Pistoja, e sè stesso. E si vede che Dante lodator dei tempi andati per li costumi, non l'era poi per la poesia; onde è ragione di tenerlo per giusto là e qui, senza invidia ai contemporanei dove li biasima, e senza adulazione dove li loda. Quanto ad esso poi, si deduce chiaramente dai versi 49-54, che quella canzone a Beatrice già da noi citata nella narrazione degli amori,

Donne, ch'avete intelletto d'amore,

fu la prima posta nella prima pubblicazione, or diremmo edizione, delle proprie poesie; e che egli, come risulta del resto da ogni memoria, n'ebbe fin d'allora nome di uno fra gli ottimi, se non forse di ottimo poeta di sua età. E tal certo il possiamo dir noi; e tal pare ch' egli tenesse sè stesso.

Imperciocchè, in un altro luogo del Purgatorio, dove sono puniti i superbi, ei riconosce fra essi Oderisi da Gubbio, uno di que' miniatori di codici ch'oggi ancora s'ammirano.

mente.

O, diss' io lui, non se' tu Oderisi,

L'onor d' Agobbio, e l'onor di quell'arte
Ch' alluminare è chiamata in Parisi?

Frate, diss' egli, più ridon le carte

Che pennelleggia Franco Bolognese:

L'onore è tutto or suo, e mio in parte.

4 Cioè: a lui si dà lode, intiera in tutte le parti dell' arte; a me in alcune sola

Ben non sare' io stato sì cortese
Mentre ch' io vissi, per lo gran disio
Dell' eccellenza, ove mio core intese.
Di tal superbia qui si paga il fio:

Ed ancor non sarei qui, se non fosse
Che, possendo peccar, mi volsi a Dio.
O vanagloria dell' umane posse,

Com' poco il verde in su la cima dura,
Se non è giunta dall' etadi grosse!1
Credette Cimabue nella pintura

Tener lo campo; ed ora ha Giotto il grido,
Sì che la fama di colui oscura.

Così ha tolto l'uno all' altro Guido 2

La gloria della lingua; e forse è nato
Chi l'uno e l'altro caccerà del nido.

PURG. XI. 79-99.

E seguono altri versi ancora più solenni, che lasciamo, osservando solamente di quest'ultimo, che quasi tutti i commentatori s' accordano a intendervi che Dante accennasse sè stesso.

Nè furono soli i poeti a circondar Dante ne' suoi anni giovanili: sórta era pure la prosa volgare, ed avea seguiti i medesimi andamenti. Primo scrittore di prose volgari dicesi Matteo Spinello, storico pugliese della metà del secolo XIII; secondo, e vicinissimo a lui, Ricordano Malaspina, storico fiorentino fino al 1286. Seguirono in breve Dino Compagni e Giovan Villani, contemporanei di Dante; ma quegli più vecchio, questi più giovane di lui: i quali amendue avremo occasioni di conoscere ampiamente. Avevano pur allora incominciato a novellare alcuni antichi, ma non era nato ancora il sommo dei novellatori; e forse già vivevano fra Jacopo Passavanti, ed altri scrittori di libretti di divozione, e vite de' Santi. Ma di tutti questi non mentovati da Dante mai, nè entrati nelle azioni di lui, basti aver fatta memoria, a compiere il novero degli scrittori che gli fecer corona in patria.

Cioè: se non sopravvengono età più grosse, più oscure, senza einoli ne superatori.

2 Cioè: Guido Cavalcanti fiorentino a Guido Guinicelli bolognese.
3 Tirab. IV, pp. 341, 343.

Bensì i nomi di Cimabue e di Giotto, pur testè introdotti, mi ammoniscono a far cenno dell' arti, che furono un altro grande e simultaneo progresso, un' altra parte di quella civiltà fiorentina. È noto, come sórte le arti antichissimamente nell' Italia, a un tempo, se non prima, che in Grecia; non progredite poi, ed anzi spéntevisi ai primi tempi romani, ci fossero riportate dai vinti Greci; e quindi da essi, più che dai Romani, coltivate fino al tempo della barbarie come poi, durante questa, dormissero, e non fos sero se non di rado, e goffamente trattate dagli artefici bizantini: e come finalmente nel secolo XII, in tempi già vicini al nostro assunto, elle rinascessero in Pisa, potentissima e ricchissima fra le città d'Italia, nell'edificazioni del Campo Santo, del Duomo, della Torre e del Battistero, e per opera poi di Nicola Pisano scultore. Rinacque allora l'arte, non più a morire in fasce come l'antica italica, o a viver d'imitazioni e di opere straniere come la romana; ma tutta nuova ed originale italiana, e più specialmente toscana, a. correre un periodo splendidissimo, e non cessato in Italia, e a diffondersi quindi in tutto il mondo moderno cristiano. Del resto, tal progresso dell' arti seguì le medesime vie, al medesimo tempo che quell' altro delle lettere; essendo esse dalla vicina Pisa venute a mezzo il secolo XIII in Firenze. Dove, trascurando i più oscuri, primo appunto si conta Cimabue; e, scolaro, seguace e superator di quello, Giotto, l'altro nomato da Dante e contemporaneo di lui. Quanto grandi fossero i passi fatti fare all' arte dal primo, quali da! secondo, non è assunto nostro il ragionarne; ma vedesi in tutto, che ne furono meravigliati i contemporanei. Nè Dante si contentò di testimoniarne, e rallegrarsene, ma fu coltivatore, o se si voglia, dilettante d'arti; e primo fra gli scrittori, fu amico del primo artista di sua età. Bella fratellanza, e non insolita, tra' sommi; i quali lasciano a'lor minori le invidiuzze, e le dispute di superiorità tra l'arti diverse d'ognuno. Di Giotto, nato nel 1276 e morto nel 4336, e così

sopravvivuto a Dante, dice Benvenuto da Imola, che ebbe famigliarità con esso; e narra, che nella sua gioventù dipingendo una cappella a Padova, vi capitò Dante, e fu dal pittore condotto a casa.1 Il Vasari poi riferisce, che le storie dell'Apocalisse dipinte da Giotto in Santa Chiara di Napoli, a furono, per quanto si dice, invenzioni di Dante; come per >> avventura furono anche quelle tanto lodate d'Ascesi.... » E sebbene Dante in questo tempo era morto, potevano >> aver avuto, come spesso avviene fra gli amici, ragiona >> menti. >> Che Dante poi di sua mano disegnasse egli stesso, ci è ricordato in un luogo della Vita Nova, che recheremo poi; « e che egregiamente disegnasse, » ce lo afferma Leonardo Aretino, il secondo dei biografi di lui, che potè forse vedere de' suoi disegni.

2

Ed ora si scorge quali fossero i progressi d'ogni maniera, lingua, poesia, prosa ed arti, già fattisi al sorgere di Dante; e qual luogo già distinto ei vi tenesse fin d'allora, intanto che v' ottenesse il. primo. Ma vedesi che ei non fu, come dicesi da taluni, quasi astro solitario in notte nuvolosa, o rigogliosa pianta in deserto; chè queste sono immagini fantastiche, e fuor di natura e verità. Nè so terminare questo specchio della civiltà e dello splendore di Firenze nei primi anni di Dante, senza pur aggiungervi una narrazione del Villani, che mi sembra compiere il ritratto della vita colà vivuta. « Negli anni di Cristo 1283, del mese di » giugno »> (così ai diciotto anni compiuti di Dante), « per » la festa di San Giovanni, essendo la città di Firenze in >> buono et pacifico stato, et in grande, tranquillo et utile >> per li mercatanti et artefici, et massimamente per li >> Guelfi, che signoreggiavano la Terra, sì si fece nella con>>trada di Santa Felicita oltr'Arno, onde furono capo i >> Rossi con loro vicinanza, una nobile e ricca compagnia, >> vestiti tutti di robe bianche, con uno signore detto dello Benven. Imol., Com. Purg. XI, in Murat. Ant. Ital. I, p. 1185. 2 Leonardo Aretino, in Dante, Ediz. Minerv., p. 59.

>> Amore. Per la qual brigata non s'intendea se non in » giuochi et in solazzi, et balli di donne et di cavalieri po» polani, et altra gente assai honorevoli, andando per la >> città con trombe et molti stromenti, stando in gioia et » allegrezza, a gran conviti di cene et desinari. La quale » corte durò presso a due mesi, e fu la più nobile e nomi>> nata che mai si facesse in Firenze et in Toscana. Alla » quale corte vennero di diverse parti e paesi molti gen>> tili uomini di corte e giucolari, e tutti furono ricevuti e >> provveduti honorevolmente. Et nota, che ne' detti tempi » la città di Firenze co' suoi cittadini fu nel più stato che >> mai fosse, et durò infino li anni di Christo 1289, alhora » che si cominciò la divisione tra 'l popolo e grandi, e ap» presso tra' Bianchi e Neri. Et havea ne' detti tempi in >> Firenze da CCC cavalieri di corredo, e molte brigate di >> cavalieri e di donzelli, che sera e mattina riccamente >> metteano tavola, con molti huomini di corte, donando per » le Pasque molte robe vaie; onde di Lombardia e di tutta >> Italia vi traevano buffoni, e bigerai, e huomini di corte a » Firenze; e tutti erano veduti allegramente: e non pas» sava per Firenze nullo forestiere huomo di rinomio, e da » ricevere honore, che a gara non fosse invitato e ritenuto » dalle dette brigate, e accompagnato a piede e a cavallo, » per la città e per lo contado, come si convenia.1 »>

CAPO QUINTO.

STUDI; IL TRIVIO E IL QUADRIVIO; LA FILOSOFIA; LA RAGION CIVILE, LA LINGUA GRECA, CASELLA, BRUNETTO LATINI.

[1274-1289.]

Per sette porte intrai con questi Savi.

INF. IV.

Fin qui abbiamo veduto, come s'allevasse Dante in mezzo alla sorgente civiltà fiorentina. E senza dubbio que

4 Giov. Vill., Rer. It. XIII, p. 297.

« ÖncekiDevam »