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Ciampolo a sfuggirgli, gli vola dietro, ma troppo tardi e. Calcabrina, altro diavolo, furioso, s'azzuffa col primo. I poeti lasciano lor così impacciati e se ne vanno soli. Nell' episodio di Ciampolo e nella zuffa diabolica domina il comico, il grottesco, che scende fino al volgare, proprio al basso argomento.

Nella sesta bolgia, stanno gl' ipocriti, dipinti, perchè si mostrarono diversi da quel che erano; e come furono internamente malvagi, apparentemente virtuosi, così debbono soggiacere all'immenso peso di cappe di piombo, dorate di fuori. I Farisei stanno crocifissi a terra. Nella settima bolgia si trovano i ladri di cose sacre, tormentati da serpenti, ad ogni morso dei quali inceneriscono, risorgendo poi dalla cenere; ed i ladri di cose pubbliche i quali d'uomini si trasformano in serpi e di serpi in uomini; non rispettarono la proprietà, e perdono così persino la proprietà del loro corpo. Nell' ottava bolgia i fraudolenti. son puniti entro fiamme acuminate come le lor lingue, e ardenti come gl'incendi di liti e di sventure che essi destarono. Gli autori di scandali e di scismi, (9.a bolgia) che divisero quel che doveva rimanere unito, sono essi medesimi tagliati e mutilati orribilmente nelle loro membra; ad ogni giro che compiono nella bolgia, le ferite si rinchiudono e vengono riaperte dai demoni. Nella decima bolgia i falsari son tormentati da malattie tremende, che han qualche relazione col loro peccato, e son distinti in quattro classi falsificatori di metalli per mezzo dell' alchimia, falsificatori di persone, falsificatori di monete, falsificatori di parole. I poeti giungono al profondissimo pozzo che sta in mezzo a Malebolgie, vi trovano alcuni giganti che l'Alighieri dapprima crede torri, ed Anteo, uno di essi, pregato da Vergilio, li prende e li posa al fondo, cioè nel nono ed ultimo cerchio dell' Inferno. E Cocito, lago gelato, di cui il ghiaccio è così grosso, che se un monte vi fosse caduto sopra:

Non avria pur dall' orlo fatto cricch. 1)

Le ombre livide che appaiono infitte nel ghiaccio, immagine della lor durezza d' animo, son quelle dei traditori, che usarono frode contro chi si fidava in loro. Quest'ultimo cerchio si divide in quattro parti: la Caina, ove stanno i traditori dei parenti, che prende il nome da Caino il quale uccise Abele suo fratello; l'Antenora, ove sono i traditori della patria, da Antenore troiano che si accordò

1) Inf. XXXII, 30.

coi Greci per la distruzione di Troia; la Tolomea, da Tolomeo il traditore del gran Pompeo, ove sono coloro che usarono frodi contro gli amici; la Giudecca, da Giuda, ove son coloro che tradirono i benefattori. Nell' Antenora Dante trova Ugolino della Gherardesca, che gli narra la sua misera fine. Nella Tolomea ammiriamo una delle invenzioni più originali di Dante. Per mettere all' Inferno. alcuni che erano ancor viventi, egli immagina che, quando un uomo compie un orribile tradimento contro un amico, l'anima sua piombi all' Inferno, mentre un demonio va ad animare il corpo che appar quindi ancor vivo. Così Dante vede nella Tolomea Alberico de' Manfredi, frate gaudente, che, invitati seco a convitto amichevole alcuni congiunti pei quali nutriva odio profondo, li fece uccidere a tradimento. Quest' Alberico era sempre vivo, e vivo pure era ser Branca d' Oria, anch' egli punito laggiù.

Al centro della terra sta Lucifero, il quale esce dal ghiaccio a mezzo petto; ha statura enorme, tre faccie, una rossa, una tra bianca e gialla, una nera, e sotto ciascuna due grandi ali membranose come di pipistrello, all'agitarsi delle quali Cocito gela. Colle tre bocche maciulla tre peccatori, Giuda, Bruto e Cassio, il traditore di Cristo e i traditori di Cesare, che per Dante simboleggia la sacra autorità dell' Impero. In tempi assai posteriori la fantasia dei poeti si compiacque nel dipingere l'angelo caduto sotto una luce simpatica, nel serbargli alcune grandi e nobili qualità; questo Lucifero di Dante non ne ha alcuna; è un mostro incosciente ed incute più ribrezzo che orrore, perchè in lui non riconosciamo più un' anima, non iscorgiamo un sentimento, neppur malvagio; è un essere orrendo, ma non ha che una forza di bruto, e come tale non può colpire profondamente. Dante si avvinghia al collo di Vergilio, e questi si appiglia alle coste vellose di Lucifero e discende fra il folto pelo, come si scenderebbe da un albero. Giunto alle coscie del demonio, Vergilio si rivolta, mettendo il capo dove aveva i piedi e viceversa, e questo perchè son giunti al centro della terra e non debbono più discendere, ma salire. Salgono e rivedono le stelle nell'emisfero opposto; hanno impiegato nel viaggio ventiquattr' ore, cioè tutto il Sabato Santo del 1300.

Le anime dannate sono dunque divise in tre classi principali: incontinenti, violenti e fraudolenti; e questi ultimi si suddividono in fraudolenti semplici e traditori. Dante e Vergilio di ogni girone percorrono soltanto la nona parte. L'invidia non ha alcun luogo determinato di punizione nell' Inferno, la superbia è soltanto accennata

nel 7.o girone fra i violenti e, secondo alcuni, manca pure l'accidia. Il Del Lungo però crede che gl'invidiosi ed i superbi sieno uniti nella palude stigia ove è Filippo Argenti, e che gli accidiosi si trovino insieme agl' iracondi: « nella prima circuizione gl'iracondi e gli accidiosi: di sopra quelli a continua guerra tra loro; di sotto questi, fitti nel limo e perpetuamente molestati, essi, gli amatori del placido vivere, da quella orribile e sfrenata lotta che si combatte al di sopra delle loro teste. Nella seconda circuizione i superbi e gl' invidiosi. . . . e qui al contrario di ciò che segue nella prima circuizione, sono quelli di sotto, che molestano quelli di sopra. Gl' invidiosi, nascosti com'è conveniente alla lor cupa e simulata natura, entro le acque della palude, ogni tanto ne sbucano fuori per aggredire i superbi, e fanno di loro tanto più fiero stražio, quanto questi, divorati dalla lor passione, sdegnano di opporre alcuna resistenza. » 1)

Nei primi cerchi dell' Inferno son puniti i peccati meno gravi; di mano in mano che si scende ai cerchi inferiori, divengono maggiori le pene, al pari delle colpe, chè fra la colpa e la pena vi ha sempre una stretta relazione, come si vide. Fino al secondo cerchio della Città di Dite le pene conservano una certa dignità, conveniente alle anime peccatrici, ma non sempre ignobili e basse; in Malebolgie e nel girone seguente son puniti esseri abbietti, e degradanti sono pure le pene. Qui c'è il vizio ignobile, senza alcun pudore, che gioisce del male e fa pompa di sè; Dante stesso, che al racconto di Francesca sviene per la pietà, che si commuove così profondamente dinanzi ad Ugolino e che rivela così spesso la sua viva compassione, esclama: « Qui vive la pietà quand'è ben morta, »2) rifiuta di togliere le lacrime gelate dagli occhi di Frate Alberico ed afferma:

E cortesia fu lui esser villano. 3)

Tutte e tre le cantiche della Divina Commedia sono ugualmente belle e interessanti; l'Inferno è la più drammatica e la più facile, perciò è la più conosciuta. I dannati sentono tuttavia gli affetti e le passioni umane, peccano eternamente come peccarono in terra, poichè la loro pena è duplice: oltre quella materiale, ne hanno una morale e questa è l'odio di Dio, l'odio fra loro e la continuità del peccato che li ha perduti. Quantunque il loro corpo

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sia terra ed essi non sieno più che ombre, conservano tutti i caratteri della vita umana: ed appunto perchè come uomini amano, odiano e soffrono, ci commuovono così profondamente: chè solo quello che è umano e si attiene alla realtà della vita nostra può produrre in noi un'emozione vera. Nell' Inferno vi hanno caratteri e figure indimenticabili; in generale gli spiriti del Limbo, a differenza di tutte le anime della prima cantica, sono tranquilli, soavi nella voce e tardi nel parlare; non soffrono i tormenti dei dannati; luce, aria e verzura li confortano ancora. Negli altri sei cerchi si hanno i caratteri più nobili e grandi: Francesca da Rimini, Farinata degli Uberti, Cavalcante Cavalcanti, Pier della Vigna e Brunetto Latini, personaggi nobili e maestosi, dolenti più per le pene dell'anima che per quelle materiali. Negli ultimi gironi figure notevoli son quelle di Vanni Fucci, che dice di sè: son Vanni Fucci

Bestia, e Pistoia mi fu degna tana, I)

di Bertram dal Bornio, ombra spaventosa, che ha il capo mozzo e lo tiene in mano afferrato per le chiome; di Mastro Adamo, sformato dall' idropisia.

Sino all'ultimo cerchio l'Inferno è regno di dolore, di disperazione, ma nel dolore e nella disperazione trovi la vita; l'aria senza tempo tinta risuona di pietosi lamenti, di orrende imprecazioni, di risa infernali; le anime hanno coscienza di sè, hanno sentimento e pensiero. L'ultimo cerchio, quello dei traditori, è un mondo affatto diverso, è veramente il regno della morte, dove gli spiriti sono scesi all'ultima degradazione. Una vasta solitudine gelata, uno stagno putrido, agghiacciato dall' agitarsi delle ali di Lucifero, è la scena; i traditori son confitti nel ghiaccio, spenta la parola, spento il pensiero, spenta persino la coscienza del male, un pauroso silenzio regna intorno, nulla piú ricorda il mondo e la vita: freddo, tenebre e silenzio, quadro veramente spaventoso! Havvi però un'eccezione: un' anima ancora è viva e parla e sente come un essere umano, commovendoci col suo eterno, immutabile dolore: è il conte Ugolino che Dante considera piuttosto quale tradito che quale traditore, e di cui fa una delle più grandi e drammatiche figure della Divina Commedia.

CAPITOLO IV.

EPISODI DELLA PRIMA CANTICA

Francesca da Rimini. Farinata degli Uberti e Cavalcante Caval

canti. Pier della Vigna.

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Brunetto Latini, Mastro Adamo.

Francesca da Rimini 1)

L'episodio di Francesca è uno dei più toccanti nel Divino Poema, è un quadro di mesta e sublime bellezza.

Narra il Boccaccio che, per rendere più ferma la pace fra le due case dei signori di Ravenna e di quelli di Rimini, Francesca da Polenta, figlia di Guido, venne destinata sposa a Lanciotto o Giovanni lo Zoppo dei Malatesta; ma che, essendo costui sciancato, andò in vece sua ed in nome di lui, suo fratello Paolo, bello e piacevole uomo, a sposare la fanciulla. Essa amò Paolo, credendo ch' egli fosse il marito destinatole, nè seppe togliersi dal cuore quest' affetto, quando la verità le fu nota; sicchè il marito, sorpresi insieme la moglie ed il fratello, di sua mano li uccise nel 1288.

Dante fu tocco da pietà per la donna non meno infelice che colpevole, di cui la misera fine aveva commosso tutta Italia, e che apparteneva alla famiglia da Polenta, a lui cara ed ospitale; la sua mente creatrice le ridiede la vita e ne fece un personaggio altamente poetico, ne fece la più squisita figura femminile del suo Poema.

Un paesaggio spaventoso ci si disegna incerto dinanzi, fra le tenebre, rotte soltanto da bagliori sanguigni (aer perso) che accrescon l'orrore: nel luogo muto d'ogni luce, mugghiante come mare in tempesta, quando venti contrari s'azzuffano sulle onde, rumoreggia l'infernale bufera e, abbandonati ad essa, passano gli spiriti amanti,

1) Inf. V.

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