Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Meravigliato il Poeta assiste ad una processione mistica, che rappresenta la storia della Chiesa, poi ode echeggiare un canto Veni sponsa de Libano, e benedizioni e grida: Gettate gigli a piene mani. Dentro una nuvola di fiori sparsi da mani angeliche e ricadenti tutt' intorno, appare una donna, vestita del colore di fiamma, coperta da un verde manto e da un velo bianco, sul quale posa una ghirlanda di olivo: è Beatrice. Dante sta per volgersi a Vergilio e dirgli che riconosce i segni dell' antica fiamma; ma Vergilio è scomparso; quegli ne piange, tuttavia ben più amare divengono le sue lacrime ai rimproveri di Beatrice, che gli ricorda i suoi trascorsi. Tuffato da Matelda nel fiume Lete, dimentica il passato e vede senza velo la bellezza della sua donna. Nelle acque dell' Eunoé il Poeta riacquista la memoria del bene operato e finalmente è:

Puro e disposto a salire alle stelle. 1

L'Inferno è il regno del dolore disperato; ivi pianti, lamenti, voci alte e fioche, bestemmie o risa di demoni, che risuonano paurose nel buio eterno, al riflesso delle fiamme; anche il Purgatorio è regno di dolore, ma di dolore rassegnato e fidente, perchè la speranza allevia ogni pena e l'amor di Dio rende care le sofferenze, con cui Dio si acquista. Una malinconia dolce e confortata_regna tra le anime penitenti, le quali son certe di veder un giorno esaudito il desiderio del Sommo Bene, che le accora. Esse non guardano indietro, ma avanti a sè, dimenticano la terra, per volgersi tutte al Cielo. I dannati conservano per tutta l'eternità i loro pensieri, i loro vizì, le loro passioni: Francesca ama sempre, come amò in terra; Farinata nell' Inferno è partigiano come quaggiù; Capaneo non ha nulla perduto della sua superbia; nel mondo eterno essi parlano come avrebbero potuto parlare nel mondo nostro. Le anime penitenti, invece, cessano di peccare dal momento della morte, guardano il mondo e le sue vicende con uno sguardo tutto diverso, hanno vivissimo il sentimento delle loro colpe.

Orribil furo li peccati miei, 2)

dice, ad esempio, Manfredi; ma osservano con indulgenza i peccati altrui e con affetto gli uomini e la terra. Buonconte non si mostra irato contro i parenti, i quali così

1) Purg. XXXIII, 145.

2) Purg. III, 121.

presto l'hanno lasciato in oblio; la Pia ha un sospiro piuttosto che un rimprovero pel marito da cui fu uccisa. Le anime dannate non desiderano in generale che di loro si riparli quaggiù; quelle del Purgatorio si accostano con piacere a Dante e bramano ch' egli ottenga loro i suffragi dei viventi. In mezzo all' orrore infernale, nell'aria senza tempo tinta, fra lo sghignazzare dei diavoli ed il lamento o l'imprecazione dei perduti, si alzano qua e là alcune grandi figure isolate, ora commoventissime e tenere, quali Francesca e Cavalcanti, ora magnanime come Farinata, ora terribili come Ugolino; talvolta bassamente malvagie, come Vanni Fucci e Mastro Adamo. Nell' Antipurgatorio troviamo ancora qualche grande figura che si eleva sulle altre e se ne distingue affatto: Casella, Manfredi, Buonconte; ma nel Purgatorio propriamente detto, gli spiriti non appaiono più solitari, bensì a gruppi; l'amore e la preghiera li riuniscono. Ed alle bestemmie, al pianto, alle grida dell' Inferno, è contrapposto nel Purgatorio il canto

soave:

quivi per canti

S'entra, e laggiù per lamenti feroci. 1)

Giungendo nella sacra isoletta le ombre cantano In Exitu Israel de Egypto; cantano Miserere, Salve Regina e Te Lucis ante nell' Antipurgatorio; elevano un inno di gioia entrando nel Purgatorio propriamente detto; e, quando uno spirito vien liberato, tutto il monte si scuote e, come una voce sola, la moltitudine delle anime intuona un canto di gloria. Beati misericordes canta l'angelo fra gl' invidiosi; Agnus Dei cantano gl' iracondi; fra il pianto cantano. le anime dei golosi, implorando di aprir le labbra solo per amor di Dio; Summæ Deus clementiæ cantano i lussuriosi nel fuoco, Matelda, cantando, coglie fiori e, fra divini canti, Beatrice scende dal Paradiso.

L'Inferno è regno di tenebre; bagliori rossastri, fuoco e fiamme illuminano solo quel baratro sotterraneo; il Purgatorio è all' aria libera, fra il cielo e il mare; e la luce vi regna, come la speranza; colà ad ogni passo s' incontrano orrende figure di demoni o di mostri, qui appaiono angeli, ministri di Dio.

CAPITOLO VI.

EPISODI DELLA SECONDA CANTICA

Casella.

lomei.

[blocks in formation]

Forese Donati.

Manfredi. Buonconte da Montefeltro.
Sordello. Sapia de' Salvani.

Matelda. Beatrice.

Casella 1)

Era l'alba e lungo la riva del mare Dante guardava il candore del cielo nel quale cominciavano ad apparire, rosei e vermigli, i primi raggi del giorno, che di poi colorivano tutto l'orizzonte di una viva tinta ranciata:

Si che le bianche e le vermiglie guance
Là dove io era, della bella Aurora,

Per troppa etate divenivan rance, 2)

dice il Poeta, personificando l' Aurora. Similmente il Tasso cantò:

Già l'aura messaggiera erasi desta
Ad annunziar che se ne vien l' Aurora,
Ella intanto s' adorna, e l'aurea testa
Di rose colte in paradiso infiora, 3)

immagine più particolareggiata, di tinte più soavi; ma men forte e possente di quella dantesca. Lontano sulle acque appare un lume, e Dante lo crede il pianeta di Marte il quale rosseggia al mattino, quando son densi i vapori all'orizzonte; è invece un angiolo, che s'avvicina conducendo una barca. Questo brano ci porge un ammirabile esempio di descrizione. Il moto non è percettibile, e per rappresentare l'avvicinarsi o l' allontanarsi delle cose, dobbiamo descrivere successivamente i vari aspetti con cui

[blocks in formation]

esse ci si presentano a maggiore o minore distanza. Che vede Dante? Dapprima un punto luminoso che si avvicina rapidissimo, poi una luce maggiore ed ai due lati di essa alcun che di bianco, e qualche cosa di candido pur di sotto; indi s'accorge che i primi bianchi son ali, infine riconosce l'angelo di cui Vergilio tratteggia mirabilmente la figura: sta ritto a poppa colle ali levate verso il cielo; senza remo, senza vela, guida la barca snelletta e leggiera che appena appena sfiora l'acqua. Nel suo viso è un'espressione vivissima di beatitudine e tutta la sua figura è così luminosa che l'occhio non può sostenerla. Una moltitudine di anime discende dalla barca cantando In exitu Israel de Egypto; su di esse l'angelo fa il segno della croce e riparte, come venne, veloce. In questa scena si vede già la pace serena del Purgatorio; già sulla spiaggia di fronte al mare, mentre ancora nel cielo sono sparsi i colori vividi dell' aurora, si eleva un canto di liberazione e di santa gioia, il quale contrasta colle cupe voci, che già si udirono nell' Inferno. Gli spiriti si accorgono che Dante è ancor vivo vedendolo respirare, ed impallidiscono per la sorpresa. Come Dante sappia essere meravigliosamente vario nel suo stile, può darcene una prova il modo svariatissimo con cui egli esprime lo stesso pensiero; questo, per ricordarne uno: gli spiriti s'accorsero che io era vivente. Qui nel canto II, dice:

L'anime che si fûr di me accorte,

Per lo spirar, che io era ancor vivo

Nell' Inferno scrive:

Costui par vivo all'atto della gola. 2)

Nel Purgatorio, canto III:

color dinanzi vider rotta

1)

[ocr errors]
[ocr errors]

La luce in terra dal mio destro canto,
Si che l'ombra era da me alla grotta .

e nel canto stesso:

questo è corpo uman che voi vedete, Per che il lume del sole in terra è fesso. 4)

Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
Rotto m'era dinanzi

1) Purg. II, 67-68.

2) Inf. XXIII, 88.

5)

[blocks in formation]

3)

Nel Purgatorio canto V:

Una gridò: Ve' che non par che luca

Lo raggio da sinistra a quel di sotto,
E come vivo par che si conduca.
Gli occhi rivolsi al suon di questo motto,
E vidile guardar per maraviglia

Pur me, pur me, e il lume ch' era rotto. 1)

E poco appresso:

Quando s'accorser ch' io non dava loco

Per lo mio corpo al trapassar de' raggi,
Mutar lo canto in un lungo e roco. 2)

Vivissima è l'immagine dell' affollarsi delle anime intorno al Poeta, come nel mondo la gente fa calca intorno ad un messaggiero di pace. Lo stile di Dante è così pittoresco che ogni idea diventa immagine sotto la sua penna; le sue parole si scolpiscono con tanta vivezza nella mente nostra, appunto perchè l'immagine sensibile colpisce e diletta assai più che l' astrazione, appunto perchè egli ebbe la potenza mirabile di riprodurre limpida, vigorosa, la realtà, di dar evidenza plastica ad ogni concetto. Questo suo stile pittoresco e scultorio lo rese caro agli artisti, specialmente ai sommi che da lui trassero ispirazione ad opere insigni: primo, Giotto, il quale dall'Alighieri ebbe gli argomenti per le pitture d'Assisi, e che nei freschi della cappella degli Scrovegni entro l' Arena a Padova (principalmente nel Giudizio Finale) ricorda l'Inferno dantesco. I Novissimi di Andrea Orcagna nel Camposanto di Pisa, gli affreschi d' Ignoto nella chiesa di S. Francesco a Rimini, il Giudizio Finale del Beato Angelico, i dipinti di Pietro da San Vito nella chiesa di S. Martino di Valvasone, gli affreschi di Luca Signorelli nel duomo d'Orvieto, la Cappella Sistina del Buonarroti a Roma, la Disputa del Sacramento ed altre creazioni di Raffaello, il Giudizio Finale del Pontormo, la Discesa al Limbo del Bronzino, il mirabile bassorilievo del Tribolo rappresentante la morte del conte Ugolino, senza parlare di mille e mille opere più recenti, furono ispirati al Divino Poema che Filippo Brunelleschi citava continuamente a memoria e Michelangiolo studiò così da meritarsi il nome di « Dante della pittura. » E lo spirito vasto dell' Alighieri, che fu il pittore e lo scultore della parola, amò e cercò gli artisti tutti, comprendendo l'arte in ogni sua manifestazione: i minia

9) Purg. V, 4-9.

0) Purg. V, 25-27.

« ÖncekiDevam »