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Che Marsilio da Carrara secondo signor di Padova fosse figlio del qu. Perenzano, il presente suo testamento ce ne assicura, ma non ci fa parimente sapere chi fosse il padre di Perenzano. Il Ceoldo nel suo Albero, dove parla di Perenzano (1), dice, che questo è forse l'unico Carrarese, di cui mancane le carte, onde comprovarne il padre. Nondimeno coll'autorità di scrittori contemporanei, e di un istrumento stampato dal Verci nel T. VIII della Storia della Marca ecc., che descrivono Marsilio qual nipote di Giacomo Grande, si prova che Perenzano fu figlio di Marsilio qu. Giacomo, già dimostrato padre di Giacomo Grande. La illazione, non può negarsi, è giustissima: ma se veduto avesse un altro istrumento dei 12 novembre 1341, stampato anch'esso dal Verci (2), non avrebbe avuto bisogno di tanto ragionamento. In questo leggesi: viso instrumento venditionis facte per Dominos Jacobum filium qu. Domini Marsilii de Chararia, et Marsilium qu. Dom. Perenzani filii qu. dicti Dom. Marsilii. Ecco Giacomo e Perenzano da Carrara provati fratelli, e figli del qu. Marsilio.

Enida avea nome la madre del nostro Marsilio, cui egli lasciò le sue possessioni in villa di Bertipaglia, eccettuata la decima della villa stessa. Il Ceoldo lesse Emidia, ovvero Eida (3). Ignorasi il di lei casato.

Ebbe Marsilio due mogli, Bartolommea Scrovegno fu la prima, che mori nell'anno 1333 (4), e Beatrice da Corregio figlia di Guido la seconda, la quale dodici giorni dopo la morte del marito, cioè li 2 di aprile del 1338, accompagnata da molti nobili personaggi, andò a Chioggia, indi passando per Ferrara si trasferi a Verona (5), nè so dire, se abbia intieramente profittato del legato a suo favore disposto dal marito.

(1) Pag. 33.

(2) Stor. della Marca, T. XII. Doc. 1395, pag. 12.

(3) Alb. Prefaz. pag. XII.

(4) Ibid., pag. 35.

(5) Cortus. lib. VII. Cap. X.

Non lasciò Marsilio prole legittima, ma bensì quattro figliuole naturali, che nel testamento nomina e benefica, cioè Giacoma moglie di Giordano Mola, Cunizza moglie di Gisio, Donella ed Isabella, che sembrano nubili, perchè lasciate dal testatore sotto la direzione e governo di Ubertino da Carrara, delle quali oltre il nome non si ha altra notizia.

Nomina parimenti e benefica due sue sorelle Gualperga e Regoltra, ossia, secondo il Verci, Regeltruda che si uni in matrimonio con Antonio Maltraverso Conte di Lozzo figlio di Niccolò (1).

Vediamo inoltre, che Marsilio nominò e beneficò tre figlie ed un figlio del qu. Giacomo da Carrara, cioè Maria moglie di Giovanni da Vigodarzere, Donella moglie di Francesco Frigimelica, Maddalena moglie di Alberto de Cando, e Perenzano. Che il loro padre sia stato Giacomo Grande primo Principe di Padova, lo proverò più sotto e intanto supponendolo, mi convien dire, che se Giacomo Grande non ebbe, come dice il Ceoldo (2), che un solo figlio legittimo, chiamato Milone, e morto fanciullo, le sopra nominate figlie e figlio sieno stati bastardi. Per altro dicono i Cortusj, che Giacomo Grande huic commendavit (cioè al nostro Marsilio) filias legitimas et filios naturales (3).

Ora non sarà inutile il dire qualche cosa intorno a Perenzano figlio spurio di Giacomo Grande. Di lui parla il Mussato (4), onde apporre al nostro Marsilio una patente calunnia; ma il nome di Perenzano è lasciato in bianco. Ecco le sue parole: «Petiit quoque (cioè Marsilio a Can della » Scala, cui ceduto aveva il dominio di Padova) divinae sa> lutis immemor, et pudoris humani bona et praedia Coenobii > nobilis S. Justinae, Abbate excluso, quem Sanctus Pontifex › per idem tempus ante praefecerat, ut singuli obtentus in

(1) Stor. Mar., T. X, pag. 108.

(2) Alb. pag. 37.

(3) Lib. III. Cap. V. pag. mihi 40.

(4) Hist. Aug. lib. XII, pag. mihi 104.

:

» suam potestatem veniant, acto cum Cane (ut ferebatur) » quacumque instantia ut... olim Jacobi de Carraria spurius, » quem a Monachis impostulatum eligi coegerat, deposito.... » Abbate (ch'era Gualpertino fratello di esso storico Mussa» to) praeficeretur, privato interim omnium bonorum Mona> sterii Abbate praedicto ». Anche il Cavaccio seguendo ciecamente il Mussato così scrisse (1): « Sed et aliud fa» cinus ipsius Marsilii apud Mussatum legas. Direpto olim » Coenobio, fugato, ac proscripto Gualpertino, ne immensae » opes extra familiam essent, curavit Marsilius nothum quem» dam Jacobi Grandis Abbatem dici, irritamque decerni Gual» pertini auctoritatem » e tosto soggiunge: « Id quam» vis inter monumenta nostri Coenobii non habeantur, tamen » a longo Gualpertini exilio, et calamitate eorum temporum » fidem accipit ». Chiunque legga questi racconti senz'aver il confronto di altri documenti contrari, abbraccia incontanente l'errore, che un figlio spurio di Giacomo Grande sia stato Abbate di S. Giustina. Ne rimase abbagliato anche il Verci (2), e quindi ha scritto esservi stato tra' bastardi di Giacomo: N. N. che fu Abbate di S. Giustina, per quanto riferisce il Mussato nel libro XII della sua Istoria Augusta. Leggendo però il testamento del nostro Marsilio, come veniamo in cognizione, che lo spurio chiamavasi Perenzano, il che non fu da altri, ch' io sappia, scoperto, così ancora vi troviamo una prova sicura ch' egli non ebbe quell' abbazia: « Et si » contingat (dice il testatore) dictum Perenzanum habere ab» baciam S. Justinae vel aliam prelaturam valentem in reddi» tibus libras duomille parvorum annuatim, voluit eciam quod » in eo casu dictus Perenzanus in vita sua habeat dictas » possessiones » ecc. Falso è dunque, che Perenzano sia stato da Marsilio intruso nell' abbazia, costringendo i Monaci ad eleggerlo, come usci dalla penna del Mussato contro quel Principe inasprita. Il Ceoldo robustamente difese il prelodato Marsilio dalla imputazione datagli dal Mussato di usurpatore (1) Hist. Coenob. S. Just., pag. 157.

(2) Stor. cit. T. X, pag. 108.

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de' beni di S. Giustina (1); ma non osservò che il testamento di Marsilio somministra una prova incontrastabile per difenderlo anche dalla calunnia di aver violentemente ottenuta a Perenzano quell'Abbazia. Le citate parole del testamento fanno bensi conoscere il desiderio, che Marsilio nutriva di veder Perenzano eletto a quella sede; e possiamo altresì arguire, che avrà procurato di conseguir l'intento: ma il fatto chiaramente dimostra, che non usò il mezzo della forza, come avrebbe potuto fare, se di carattere violento fosse stato l'animo suo quale lo fa comparire il Mussato.

Cerchiamo adesso qual Giacomo fosse il padre di Perenzano. Il testamento dice: Item reliquit Perenzano filio qu. d.ni Jacobi de Carraria etc. Non leggendosi alcuno dei titoli magnifici, potentis, o simili, soliti darsi ai principi, dubitar si potrebbe, che non fosse figlio di Giacomo Grande primo signor di Padova. È vero che il Cavaccio scrisse nostrum quemdam Jacobi Grandis ed anche il Ceoldo (2) descrive Perenzano naturale di Giacomo Grande; ma nè l'uno nè l'altro ne portano le prove.

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Tra gli altri beni lasciò Marsilio a Perenzano unum sedimen cum domibus posilum Padue in contrata S. Margarite, quod olim fuil d.ni Rolandi de plazola in quo habitat d.na Ysabeta uxor qu. d.ni Jacobi de carraria. È cosa certa e dal Ceoldo provata (3), che Giacomo Grande ebbe per moglie Elisabetta figlia del Doge Pierazzo Gradenigo, la quale però nell' anno 1341 abitava nella contrada dell'Arena, come descrive l'istrumento di quell'anno, ch'egli produce. Non basta. Se la vedova Elisabetta Gradenigo nel 1338 abitava nella contrada di S. Margherita, un altro istrumento di molto posteriore, dal Ceoldo parimente prodotto, ci fa conoscere, che ivi è ritornata ad abitare: « A. 1361 die › Veneris 16 Mensis Februarii etc. pro pretio etc. a Nob. › D.na D.na Ysabeta qu. D.ni Peracii de Cha Gradenigo de

(1) Alb. pag. 34.

(2) Mem. di S. Stef. pag. 165.

(3) Alb. pag. 36.

» Venetiis, et uxor qu. Nob. et Potentis Viri D.ni Jacobi de » Carraria de Contrata S. Margarite ». Tutte queste indicazioni di Perenzano qu. D.ni Jacobi de Carraria: d'Ysabelta uxor qu. d.ni Jacobi de Carraria, della contrata S. Margaritae, dove d.na Ysabeta abitava, convincono, che Perenzano sia stato figlio di Giacomo Grande da Carrara.

Proseguendo l'esame del nostro testamento osservasi che. il testatore lascia a Pietro e a Sacchetto da Campagnola lire cento de'piccoli per ciascheduno annualmente in vita. Pietro e Sacchetto da Campagnola erano probabilmente cugini, ma non fratelli, come gli ha creduti il Cavaccio (1). Amendue li vediamo nominati tra i testimoni del testamento, e Pietro dicesi figlio qu. d.ni Benedicti, e Sacchetto qu. d.ni Jacobi. Di Sacchetto nulla altro dirò, se non che esercitava la nobilissima professione di notajo; ma di Pietro accennerò alcune memorie, che l'onorano. Nell' anno 1318 ai primi di Aprile dal Comune di Padova fu spedito, insieme con Aldrovandino de Campanati, ambasciatore a Trivigi, onde giustificarsi intorno al capitolo dei banditi, e ribelli di Cane dalla Scala, da doversi discacciare, contenuto nel trattato di pace collo Scaligero (2). Ambasciatore parimenti de' Padovani unitamente al Mussato Poeta ed istoriografo, andò nel 1325 in Innspruch, dove con Enrico Re di Boemia trattò intorno al compromesso in Federico Duca d' Austria, e Lodovico Re de' Romani eletti arbitri nelle differenze fra il prefato Enrico, e Can Grande dalla Scala (3). Nell' ottobre del 1336 si vede unito a Marsilio da Carrara trattar cogli ambasciatori de' Trivigiani intorno ai loro affari cogli Scaligeri (4). Egli era un gran politico, e dal terzo Principe di Padova Ubertino da Carrara fu eletto in suo Vicario (5), ed ebbe di lui a dire il Cavaccio queste poche, ma onorevoli parole: « Inter

(1) Hist. cit., pag. 168.

(2) Verci Stor. della Marca T. VIII Doc. 880.

(3) Ibid. T. IX Doc. 991.

(4) Ibid. T. XI Doc. 1290 e 1292.

(5) Ibid. T XI Doc. 1334.

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