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di 25. milioni di fiorini d'oro; che cgni milione è mille migliaja di fiorini d'oro la valuta... »

» Il detto tesoro fu ragunato la maggior parte per lo Papa Giovanni per sua industria e segacità, che in fino l'anno 1319. puose le riservazioni di tutti i benefici collegiati di Cristianità, e tutti gli volea dare egli, dicendo il facea per levare le simonie. E di questo trasse, e ragunò infinito tesoro. Et oltre a ciò, per la detta reservatione quasi mai non confermò elettione di niuno prelato, ma promovea uno Vescovo in uno Arcivescovado; et al Vescovado del Vescovo promosso, promovea un minore Vescovo, et allora avvenia ben sovente, che d'una vacatione d'uno Vescovado grande, o Arcivescovado, o Patriarcato faceva sei, o più permutazioni; e simile d'altri benefici: onde molte e grandi provisioni di moneta tornavano alla camera del Papa. (1) Ma non si ricordava il buono huomo del Vangelo di Cristo, dicendo a' suoi discepoli: Il vostro tesoro sia in Cielo, e non tesaurizate in terra; (2) nè, te

(1) Qui viene a cadere il Villani nel vizio da lui notato nel nostro Autore. Si prende pur egli la libertà di riprendere, a guisa di profeta, il sommo Pontefice, trattandolo da buon uomo dimentico delle parole di Cristo, e del modo gratuito, con cui fu eletto in Appostolo S. Mattia. Col qual fatto egli stesso assolve Dante dalla censura. Vedi sopra Cap. XVIII.

L

(2) Allude al rimprovero, che dà il Poeta nell' Inferno, XIX. 90. a Niccolò degli Orsini :

Deh or mi di quanto tesoro volle

Nostro Signore in prima da san Pietro,

Che ponesse le chiavi in sua balia?

Certo non chiese, se non, Viemmi retro.

Nè Pier, nè gli altri chiesero a Mattia
Oro, o argento, quando fu sortito
Nel luogo, che perdè l'anima ria.

soro, che Piero, e gli altri Apostoli chiesero a Mattia, quando l'assortirono al collegio in luogo di Giuda Scariotto. E questo basti, e forse è detto più che a noi non si conviene, però che 'l detto tesoro diceva Papa Giovanni ragunava per fornire il santo passaggio d'oltre mare; e forse avea (1) quella intenzione ».

» Molto tesoro consumò in Lombardia in guerre e in hosti per abbattere i tiranni, e mantenere grande il suo nipote, ovvero figliuolo, Legato in Lombardia, come adietro è fatta menzione, et talora contro a' Turchi. Rallegravasi oltre a modo d'uccisione e morte de' nimici, molto amò il nostro Comune, mentre fummo favorevoli, e ajutatori del detto suo Legato; e più grazie al nostro Comune, e a' più cittadini singulari di Firenze fece; che dieci Vescovadi diede al suo tempo a' Fiorentini, e molti altri benefizj ecclesiastici; ma poi che 'l nostro Comune fue contro al Legato, ne fu nimico, e cercava ogni nostro abbassamento. Modesto fu, e sobrio in suo vivere, e più amava vivande grosse, che dilicate, in se propio poco spendea; quasi ogni notte si levava a dire l'ufficio, e studiare; e le più mattine dicea messa, et assai era (2) latino di dare audienza, e assai tosto spediva. Piccolo fu di persona, prosperoso, e collerico, e tosto si movea a ira. Savio fu in iscienza, et d'acuto spirito, et magnanimo fu alle grandi cose. Assai fece grandi e ricchi i suoi parenti, e vivette da

(1) Parlando in generale, diasi che l'avaro tesoreggi a buon fine: il male sta nella maniera, s'è ingiusta, e nell'affetto disordinato, che dov'è 'l tesoro, ivi sia il cuore.

(2) Cioè, facile, condiscendente, come spiega la Crusca.

90. anni, e fu seppellito in Avignone; ma poi i suoi parenti ne portarono tutto, o parte del suo corpo a (1) Caorsa, e nel Papato regnò anni 19. e mesi. »

Fortuna fu di costui, che sopravvisse al Poeta; altrimenti chi sa, non fosse stato detruso, se non nella bolgia de'simoniaci, nel vallon degli avari. Dante, o per riverenza, o per timor che n'avesse, alla scoperta nol mostrò mai: solo una volta celatamente in quelle parole del Principe -degli Appostoli, Par. XXVII. 58.

Del sangue nostro Caorsini e Vaschi

S'apparecchian di bere.

Ma pur non cessò di cacciar la sacra Lupa fino al fine della Commedia; ciò che fu pur a gran biasimo di questo Pontefice. Volle Iddio gli succedesse Benedetto XII. il quale, dice il Villani, 1. c. cap. 21. fu huomo di buona vita.

CAPO XXIV.

Chi sia colui, Che fece per viltate il gran rifiuto.

Nella perifrasi, o sia circonlocuzione, il nostro Poeta è mirabile. Colui, che mai non vide cosa nuova: ecco (2) Iddio, agli occhi del quale tutto è presente ciò che

(1) Città della Francia, in oggi detta Cahors, Capitale del Querci nella Guienna. Ben è chi avverte l'errore del Volpi, e degli altri spo sitori, che dissero Caorsa città di Provenza. Inf. XI. 50.

(2) L'avversario d'ogni male; Colui che tutto move; La prima volontà; L'eterno lumc; La luce eterna; Lo primo ed ineffabile Valore; Lo'mperador, che sempre regna, e molte altre son già tutte perifrasi d'Iddio: ma quella che più mi piace, e m' intenerisce, è la spressa

apparirà nelle più remote future generazioni. Ministri, (1) e messaggier di vita eterna: ecco gli Angeli. Il primo superbo: Lucifero. L'eterne ruote: i cieli mobili. Lo ministro maggior della natura: il Sole. Trivia ride tra le Ninfe eterne, Che dipingono 'l ciel per tutti i seni: la Luna e le Stelle. L'obblico cerchio, che i Pianeti porta: il Zodiaco. Quell'uom, che non nacque: Adamo. La piaga, che Maria richiuse ed unse: il peccato originale. Nella qual figura egli è l'Allighieri sì franco, che non mette piè in fallo, e va insieme sì piano, che chi legge, quando non sia più che tardo, comodamente lo segue. Tra cento e mille però, ch'egli usa, venuste ed esatte circonlocuzioni, una ve n'ha, che ad alcuni leggitori men bella è paruta, o men chiara, là nel primo cerchio dell' Inferno, dov'egli a vista trovandosi de cattivi A Dio spiacenti, ed a' nemici sui, dice: Inf. III. 59.

Vidi e conobbi l'ombra di colui,

Che fece per viltate il gran rifiuto.

Imperciocchè quantunque la maggior parte de' più celebri Comentatori del tempo vecchio e del nuovo in costui, che fece per viltate il gran rifiuto, ravvisino chiaramente (2)

dal cuor di Manfredi, allor che narra, come ferito di due punte mortali, s'arrese, Pg. III. 120.

Piangendo a quei, che volentier perdona.

Questa, dico, mi diletta e mi move, perchè mi rappresenta Iddio solo di sua natura clemente, che ha da se viscere di misericordia per noi peccatori, essendo egli unicamente quei, che volentier perdona .

(1) S. Paolo agli Ebr. 1. 14. Nonne omnes sunt administratorii spiritus, in ministerium missi propter eos, qui hæreditatem capiunt salutis? (2) Cristoforo Landino nel suo Comento. » Molti intendono di Pietro de' Maironi, il quale creato papa Celestino rifiutò il papato. Onde

Piero da Morrone, detto poi Celestino V., che rinunciò il Papato, nulladimeno gli altri penano ad assicurarsene, o vogliono più tosto Esaù, che lui, o Diocleziano, essere stato dall' Autor circoscritto.

Ma la nebbia degli spositori dubbiosi nella circonlocuzione, di cui si tratta, si dileguerà da se; e quella degli svarianti in intenderla ne ajuterà a dissiparla il P. M. Lombardi, il quale saggiamente riflette e ragiona in questa maniera. » Quanto ad Esaù, e Diocleziano, tra gli altri ostacoli vi è quello insuperabile, che non conosce mai il Poeta in tutto questo suo viaggio anime d' uomini vissuti avanti lui, se non gli si manifestano o da se medesime, o da altri: e però conoscendo egli quì l'ombra di colui di per se (detto già avendogli Virgilio: Non ragioniam di lor, ma guarda e passa) dee certamente cotale essere persona vissuta al tempo suo, e da lui conosciuta quassù; quali non furono nè Esaù, nè Diocleziano. »

Fermato ben questo punto preliminare, che quì si trat

disse il gran rifiuto, perchè appresso de'Cristiani nessuna è maggior dignità... Alquanti dicono costui, non per viltà, ma per eccellenzia d'animo avere renunziato al pontificato, perchè è maggiore animo sprezzare le gran dignità, che cercarle.... Et arrogono che più tosto l'autore intese d' Esaù figliuolo di Rebecca et Isaac... il quale per vile cibo di lenti renunziò al fratello Jacob il luogo del primog nito, di che avea a procedere per successione la prosapia, della quale avesse a nascere Cristo nostra salute. Io stimo che'l poeta per più rispetti ponesse l'esempio sanza nome. Primo per non notare d'infamia sì santo uomo : imperochè benchè lui lo stimasse di santa vita, nientedimeno fu sua oppenione che nel governo invilisse. O forse fece questo per non notare più uno, che un altro, e lasciare nel giudicio de gli auditori, qual fusse che più quadrasse in questo luogo. O forse perchè parlando de gli uomini sanza fama parea conveniente che a nessuno si desse nome » .

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