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la chiave ad íntendere, che Dante rappresenta in se stesso l'uom viatore, che passa, o vuol passare, dal vizio alla virtù, dall' ignoranza alla scienza, e dalla miseria alla felicità intenderemmo agevolmente, com' egli, a ben rappresentarci questo viaggiatore, si finge non solo vizioso, ma eziandio ignorante; poichè non c'è vizio, che da qualche ignoranza non nasca, o non cresca; e però a voler emendare alcuno, bisogna pria (1) illuminarlo: quindi vedremmo, perchè si faccia egli ammaestrar da Virgilio, da Sordello, da Marco, da Stazio, da Matelda, da Beatrice, e da S. Bernardo: in fine trarremmo argomento invincibile contro di tutti i Comentatori a non dirlo.

Nel mezzo del cammin di nostra vita

involto nel vizio, poichè niuno può crederlo allora immerso nell'ignoranza.

Or ch' egli nel tripartito suo viaggio accusando se di peccato, e manifestandosi bisognoso di scuola, rappresenti non tanto la sua, quanto l' altrui persona; quella cioè di qualunque uomo vizioso e ignorante, che vuol trasmutarsi a stato di vita migliore; ciò sarà rischiarito e confermato in questa Edizione a mano a mano, che saranno publicate, oltre 'l maggior poema, le sue prose, e le altre sue poesie, nelle quali non si discoprirà un jota, che lo deturpi nell' onestà del costume, o nel fior

(1) Secondo però la capacità di ciascuno: come fu Dante, il quale erudisce ed illumina que' che a senso vivono, con l'Inferno; que' che a scienza, col Purgatorio; que' che a contemplazione, col Paradiso. Per questo l'Inferno piace ai più; il Purgatorio a' meno; e 'l Paradiso a' pochi.

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dell' onore. Vedrassi anzi ch' egli scrisse il Convito giustificare e difendere la sua nobiltà; non quella chei dice (1) poca, che appartiene al sangue, ma quella che dee dirsi molta e grande, perchè appartenente all' onestà della vita. Vedrassi nelle Canzoni da lui stesso con ben ragionato comento esposte, ch' egli, dopo 'l suo primo amore, non amò le femine, ma la Filosofia, e che questa è la Donna da lui celebrata nelle sue Rime. Vedrassi in somma avverata questa proposizione: Dante in tutte l'altre Opere sue non detrae all' onor suo, non si fa reo d'alcun vizio. Dunque, dico io, nè anche nella sua Commedia: ed è una semplicità da lasciarsi a' vecchi Comentatori, ch' egli sia stato o di tanta umiltà, che abbia voluto accusarsi in pubblico de' peccati suoi, e anche dell' ignoranza non sua; o di tanta sciocchezza, ch' egli abbia scritto un poema intero per farsi creder da' presenti e da' posteri uomo mal costumato, quale anche adesso le teste di grossa pasta lo credono; e per esser creduto ancora ignaro delle più limpide verità morali, fisiche, e teologiche; cosa che non può, nè potrà esser creduta giammai, nè men da' balordi.

Ma io non so, se la detta regola (quella cioè, che quando Dante parla di vita licenziosa e scorretta in persona sua, ne parli come in persona degli altri) sia veramente di Pietro, o se da altri glosatori sia stata inserita nel comento di lui, poichè non se ne vale per niente a discolpa dell' Autore; anzi passa ad aggravarlo

(3) Par. XVI. 1. O poca nostra nobiltà di sangue .......

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di peccati assai sconci, come proprj e particolari di esso. Per esempio, nell' Infer. XVI. 114. » Soggiugnendo, dice, come Virgilio buttò giù la cordella, che l'Autore avea intorno cinta, questo appunto significa, che volendo l'Autor contemplare intorno la materia delle fro di mondane, gli fu bisogno di ricordarsi d'alcun atto fraudolente, ch' esso medesimo in addietro avesse operaPer la qual (cordella) finge esser venuto Gerione; cioè, per mezzo di tal particolare sua frode intende egli il vizio in generale, ch'è nel detto Gerion figurato». Eccoti quì Dante dipinto dal figlio, come operatore in passato di frodi, d'alcuna delle quali ricordarsi dovea, meditar volendo le fraudi de' mondani: acciocchè quindi forse argomentar si potesse con fondamento, che Dante fosse stato a ragione esiliato, come barattiere. Poichè però soggiugne il Comentatore, che la cordella, o la zona significa (1) la lussuria, perchè 'l seminario

(1) Anche Fra Stefano, Inf. XVI. 106. » Ïó aveva una corda intorno cinta. i. unam particularem fraudem ad capiendum mulieres, quain habebat cintam, quia in lumbis viget luxuria. Vult dicere, quod cum ista sua fraude aliquando decepit mulieres » E tre versi dopo. Poscia ch' io l'ebbi tutta da me sciolta. i. postquam patefeci rationi istam meam fraudem, et ex istá consideratione meæ propriæ fraudis, deveni in notitiam aliarum fraudum; quia nullus modus convenientior ad investigandas fraudes aliorum, quam considerare fraudes proprias, quia per particulare devenitur ín notitiam universális ». Esso Fra Stefano, Inf. VIII. 84. Dicean, chi è costui che sanza morte. i. sine fraude; quia auctor non fuit fraudolentus nisi in quibusdam levibus actibus circa mulieres in ju◄ ventute". Che Dante da giovane sia stato, o poco, o molto, fraudolento in questa materia, egli era uomo: ma come potrà concedersi, ch'ei l'abbia detto, o yoluto dire, nel suo Poema?

dell'uomo, dice, è ne' lombi, e dèlla femina nell'umbilico, pare che Mess. Pietro voglia gravar Mess. Dante, come fraudolento in materia di femine, con intenzion forse di dargli luogo d'onore tra quelli, che nella prima bolgia sono frustati. Vediamo di peggio.

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Nel Pg. XXVII. 37. a quel terzetto;

Come al nome di Tisbe aperse 'l ciglio
Piramo in su la morte, e riguardolla,
Allor che'l gelso diventò vermiglio ;

spiega il medesimo Comentatore, che la mutazione in sanguigno del gelso la deflorazione (1) significa della vergine, soggiugnendo subito: E nota che l'Autore in questo vizio fu egli di molto inviscato. Ah figlio senza figliale pietà! Tu vuoi ch'io noti le brutture del padre tuo, che tu dovresti, se fosser palesi, coprire, e se nascoste, tener celate? Dimmi un poco, d'onde le sai tu?

Or qui sta il forte, che costui non le seppe per modo alcuno di diritto, o di fatto, nè per sua scienza privata, nè per testimonio altrui, ma solo per conghiettura arguille da ciò che dice il Poeta del gran bruciore, ch' egli sentì in quella fiamma, per cui con Virgilio e Stazio ebbe egli a passare; Pg. XXVII. 49.

Come fui dentro, in un bollente vetro

Gittato mi sarei per rinfrescarmi,

Tant' era ivi lo'ncendio senza metro..

ut nunc ostendit (parole del Comentatore) de incendio,

(1) Quod totum figurat deflorationem virginis puellæ. Et nota Auetorem in hoc vitio fuisse multum implicitum.

quod habuit in dicta flamma in reminiscentia conscientiæ. Colla qual maniera d'argomentare fallace, ingiusta, ingiuriosa, non s'allontana egli niente dall'uso degli altri spositori, i quali se veggono, se odono dolersi, lagrimare il Poeta per umana compassione de' miseri tormentati, subito dicono: egli è il rimorso della coscienza che'l move: e così fa costui, il quale udendo il Poeta lamentarsi del gran bollore del fuoco, si volge a chi legge, e dice: Nota essere stato l'Autore impacciato assai in questo vizio, siccome egli adesso dall'incendio dimostra ch'egli ebbe in detta fiamma nel ricordarglielo la coscienza. E pur nulla dice l'Autore nè di coscienza, nè di rimorso; e dell'ardor suo la vera cagione assegna dicendo:

Tant era ivi lo'ncendio senza metro.

E ben conveniva, ch' egli esprimesse al vivo l'attività da lui provata di quelle fiamme, acciocchè non si credesse, ch'egli parlasse d'un fuoco fatuo, o ch' egli fosse oro sì netto e puro da ogni mondiglia, che 'l fuoco nol cuocesse, perchè nulla trovasse in lui da purgare. Imperciocchè Dante alla fine non fu già un Santo: ma guai, se fosse giusto l'argomentar di Pietro, e degli altri! Egli s' intenerisce piagne, si duole, il fuoco il morde, l'eterno rezzo il fa tremare, guai, dico, poichè egli sarebbe infame per molti vizj; e ciò che supera ogni credenza, si sarebbe infamato egli stesso (1) cantando nel divino poema i suoi vituperj . Comentatori sciocchi costoro, che contraddisconsi, nè se

(1) Dicendosi p. e. lui stesso adultero incestuoso, allora che, dinanzi alla pietà de'due cognati, ei venne men così, com'è morisse, e

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