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Non fu la sposa di Cristo allevata

Del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
Per essere ad acquisto d'oro usata:
Ma per acquisto d'esto viver lieto

E Sisto, e Pio, (1) e Calisto, ed Urbano
Sparser (2) lo sangue dopo molto fleto.
Non fu nostra'ntenzion, ch'a destra mano (3)
De' nostri successor parte sedesse,

Parte dall'altra del popol Cristiano:
Nè che le chiavi, che mi fur concesse,
Divenisser segnacolo in vessillo,

Che contra i battezzati combattesse:

Nè ch'io fossi figura di sigillo

A' privilegi venduti e mendaci,
Ond' io sovente arrosso e disfavillo.
In vesta di pastor lupi rapaci

Si veggion di quassù per tutti i paschi.
0 (4) difesa di Dio, perchè pur giaci!
Del sangue nostro (5) Caorsini e (6) Vaschi
S'apparecchian di bere. O buon principio,
A che vil fine convien che tu caschi!
Ma l'alta providenza, che con Scipio
Difese a Roma la gloria del Mondo,

(1) Nel Cod. di S. Croce et calisto.

(2) Nel Cod. di S. Croce lor. Ma dicea forse lo.

(3) I Guelfi e i Neri a destra, cioè favoriti da Bonifazio: i Ghi

bellini ei Bianchi a sinistra, cioè perseguitati.

(4) O Divina Giustizia!

(5) Accenna Giovanni XXII. di Caors.

(6) Cosi nel Cod. di S. Croce, in vece di Guaschi, dal latino Vascones. E quì si accenna Clemente V. che fu di Guascogna.

(1) Soccorrà tosto, sì com'io concipio: E tu figliuol, che per lo mortal pondo Ancor giù tornerai, apri la bocca,

E non asconder quel, ch'io non ascondo.

Qui si duole di tre Pontefici, Bonifazio VIII. Clemente V. e Giovanni XXII; come pur di Niccolò III. nel XIX. dell' Inferno. Se a ragione, o a torto, il vedremo nel Capitolo seguente. Intanto finiscasi la censura Villani: ( 1. 9. c. 134. ) Questo Dante per suo sapere fu alquanto presuntuoso et schifo, et isdegnoso, e quasi a guisa di Philosopho mal gratioso non bene sapeva conversare co'laici (2).

Mal sarebbe, ch'egli non avesse saputo conversare co'cherici, cioè colle persone letterate, o colte per civili costumi, ancorchè poco intinte di scienze; a molti de' quali si sa da' suoi scritti, ch'egli fu accetto. Ma ch'ei non abbia potuto accomodarsi a trattar co' troppo rozzi e ignoranti, o con Signori malestrui e scostumati, può esser avvenuto, nol niego, da alterigia e superbia; del qual vizio si chiama egli stesso in colpa (3) nel suo Poema;

:

(1) Anche qui si spera l'uccision della Lupa del qual fatto parlerassi a suo luogo. Questa profezia non può dispiacere al Villani, il quale ne fa una simigliantissima nella sua Storia; dove dolendosi egli, che non si soccorresse il reame di Granata in Ispagna, ch'era allora in man de' Mori, dice: » Intendesi solo a tesorizare sanza volerlo spendere al servigio della Cristianità, e sostenere, ma nutricare le guerre dall'uno Re de' Cristiani all'altro; ma tal peccato non passerà guari impunito».

(2) co' laici vuol dir qui cogl'idioti, o poco dotti. Di lingua troppo franca, e di tratto altiero e spiacevole il dice anche Domenico Aretino, e Secco Polentone. Vedi 'l Mehus nel suo Ambrogio, pag. CLXIX. e CLXXI. Vol. I.

(3) Nel Pg. XI. 119. e XII. 9. e XIII. 135. e segg.

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e può esser ancora, che ciò provenuto sia da nobil natura sua di tali brutture schifa. Per me non è maraviglia, che non si sia egli trattenuto assai volentieri con quelli, per esempio, de' quali parla nel suo Conv. Tr. 1. c. 6.» Sono Signori di sì asinina natura, che comandano il contradio di quello, che vogliono: e altri, che sanza dire, vogliono essere serviti, e'ntesi: e altri, che non vogliono che'l servo si muova a fare quello, ch'è mestieri, se no'l comandano... cotali sono quasi bestie, alli quali la ragione fa poco prode »; nè con quelli, che su di cose, di cui non sanno i principj, fanno i saccenti, e vogliono essere applauditi, perchè così avvezzi dall' adulazione, che li corteggia; nè con que' più fastidiosi e molesti ad uomo di lettere, i quali non contenti del tuo silenzio, o di modesta risposta, t'incalzano, ed insistono vie più con opposizioni bestiali; a'quali, dice (1) Dante, risponder si vorrebbe, non colle parole, ma col coltello. E chi è, che sapendo quattr'acche, tolleri a lungo, senza preciso dovere, di star a crocchio, a desco, a tavoliere da gioco tra donne, e cavalier, ciarle, ed amori? Nol patì adunque colui, che scrisse:

Ratto ratto, che'l tempo non si perda....

Che'l perder tempo a chi più sa più spiace. Non crederei però, ch'egli, trovandosi per accidente, o per convenienza in simili conversazioni, non si diportasse assai civilmente, e secondo i modi da lui prescritti nel quarto Trattato del suo Convito: (2) ma forse l'esterio

(1) Conv. Tr. IV. c. 14.

(2) Lionardo Bruni Aretino nella Vita di Dante: » Fu uomo mol

re suo, pieno di compostezza e gravità, il parlar di rado, e per lo più, allora solo (1) che n'era richiesto, e l'esser arguto e franco nelle risposte, e'l viver suo (2) nell' età virile inteso agli studj, e (3) scevro dalla frequenza degli uomini, l'avrà fatto agli occhi di molti parer più cupo, e severo, e strano di quel ch'egli era.

CAPO XIX.

Di Niccolò III. secondo Gio: Villani l. VII. c. 53.

Non può negarsi, che alcuni sommi Pontefici, tra' quali principalmente Bonifazio VIII., non gli abbia Dante con troppo acerbe invenzioni avviliti e smaccati quà e là nel maggiore de' suoi poemi, avendoli pur tra coloro depressi, de' quali disse, Inf. XIX. 1.

O Simon mago, o miseri seguaci,

Che le cose di Dio, che di bontate
Deono essere spose, e voi rapaci
Per oro e per argento adulterate,

to pulito; di statura decente e di grato aspetto, e pieno di gravità: parlatore rado, e tardo, ma nelle sue risposte molto sottile ».

(1) Gio: Boccaccio nella Vita di Dante : » Fade volte, se non domandato, parlava, quantunque eloquentissimo fusse ».

(2) Dico nell' età virile, per non contraddire all' Aretino, che scrive: » non solamente a litteratura, ma a degli altri studj liberali si diede... nè per tutto questo si racchiuse in ozio, nè privossi del secolo, ma, vivendo e conversando con li altri di sua età, costumato, ed accorto, e valoroso, ad ogni esercizio giovanile si trovava ».

(3) Il Boccaccio nella Vita: » Solitario fu molto, e di pochi dimestico; e negli studj (quel tempo, che loro poteva concedere) fu assiduo molto ».

Or convien che per voi suoni la tromba

(1) Però che nella terza bolgia state.

Nell' ordine, o sia nel modo da lui tenuto con essi, che per carattere eran pur Vicarj di Gesù Cristo, fu senza dubbio assai riprensibile la sua condotta, nè potrà scusarsi mai colla qualità di poeta: ma nel merito, attese le loro operazioni più note e più somme, lascio ad altri l'assolverlo, o'l condannarlo. Ben ammonisco chi legge, che siccome i fatti più virtuosi degli uomini ponno essere interiormente tarlati da vizio a Dio solo noto; così i più viziosi ponno esser mitigati e scemati dinanzi agli occhi di Dio per circostanze a noi ignote, o alterati assai nella fama dall' interesse, dall' odio, dall'invidia, o in ora da noi non saputa lavati, per divina misericordia, da lagrime di penitenza. Non è per altro temerario, ancorchè per avventura possa esser falso, il giudicio che traggesi dagl' Istorici. Perchè poi chi è pusillo non si scandalizzi, rifletta egli a' tempi calamitosi d'allora, ne' quali tutte le cose divine ed umane troppo spesso erano sossopra rivolte, per le fazioni, che dominavano, dal torrente di tutti i vizj e per ricrearsi dalla vista orribile di tanti mali, rivolga l'occhio alla saggia ed esemplare politica e costumatezza, che vige da grau tempo in quà ne' Prelati di Santa Chiesa. Io mi sarei volentieri astenuto dal rammemorar certe storie a' buoni fedeli moleste, se senza di esse s' avesse potuto preparar lo studioso lettore all'intelligenza delle cose di Dante. A tal uopo ho trascelto Gio: Villani (2).

(1) Separatamente, in vece di Perocchè cosa lieve, verso importante.

(2) I. 7. c. 53. Mur. Rer. Italic. T. XIII.

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