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Che volle, (1) donne, accompagnarmi (2) a lui.
Ciascuna (3) stella negli occhi mi piove
Della sua luce e della sua virtute:
Le mie bellezze sono al mondo nuove,
Però che di lassù mi son venute:
Le quai non posson esser conosciute,
Se non per conoscenza d'uomo, in cui
Amor si metta per piacere altrui.
Queste parole si leggon nel viso

D'un' Angioletta che ci è apparita:
Ond' io che (1) per campar la mirai fiso,
Ne sono a rischio di perder la vita;
Però ch'io ricevetti tal ferita

(1) Vedremo a suo luogo queste donne esser l'anime filosofunti. (2) Ne' Testi da me veduti, a vui: ciò che offendendo la rima, per esservi replicata la voce vui, ch'è pur la finale del secondo verso, e to gliendo affatto l'intelligenza di questo gajo componimento, non si può leggere in altro modo, che a lui, cioè, ad Amore.

(3) Vedi nelle Rime il Sonetto, il quale incomincia:

Da quella luce che'l suo corso gira etc.

(4) Per isfuggir il gran male di non aver mai intelletto d' Amore; ch'è la miseria, in questa vita, di que' vili oziosi, che hanno in odio le scienze; e la pena di coloro, nell' altra, Ch'hanno perduto 'l ben dello 'ntelletto. Imperciocchè a quel verso, Conv. Tratt. III. Cap. 13.

Ogn' intelletto di lassù la mira, così l'Autor si dispiega: Di lassù dico, facendo relazione a Dio che dinanzi è menzionato; e per questo si schiude le intelligenzie, che sono in esilio della superna patria, le quali filosofare non possono; perocchè amore è in loro del tutto spento: e a filosofare, come già ( 1. c. Cap. XI. ) detto è, è necessario amore; perchè si vede, che le infernali intelligenzie dello aspetto di questa bellissima sono private: e perocchè essa è beatitudine dello'ntelletto, la sua privazione è amarissima, e piena d' ogni tristizia.

Da un ch'io vidi dentro agli occhi sui,

Ch'io vo piangendo, e non m'acquetai (1) pui.

Or chi è questa fanciulla, che per mostrarsi alle donne è discesa dal Cielo, e dee ritornarvi per dilettar colla sua luce i Beati? Chi è costei, che natura la chiede, Dio la concede con Amore accoppiata, e questi per patto vuole, che chi non se ne innamora, vedendola, non sappia mai che sia Amore? Maraviglie son queste, ma superabili. La pargoletta è la Sapienza d' Amore accompagnata, cioè la Filosofia, ch'è appunto Amor di Sapienza.

A costei l'altra Ballata appartiene, che dice:
Deh nuvoletta, che 'n ombra d'Amore
Negli occhi miei di subito apparisti &c.

E così pur quel Sonetto, il quale principia:
Chi guarderà giammai sanza paurà
Negli occhi d'esta bella pargoletta &c.
Di costei ancora si legge nella Sestina 1. st. 2.
Similemente questa (2) nuova donna

Si sta gelata, come neve all'ombra ;
Che non la muove, se non come pietra
Il dolce tempo, che riscalda i colli &c.

Ingannaronsi adunque gli espositori che questa misteriosa fanciulla credetter la mentovata da Bonagiunta Lucchese, quand' ei mormorava, Pg. XXIV. 37.

(1) Per la rima. Voce in oggi spiacevole, ma pur frequentata dagli antichi rimatori: i quali però scrivevano vui, sui, pui, quando la rima il voleva. L'Autore non ne fa uso nella Commedia.

(2) Costei la dice altrove il Poeta, donna di picciol tempo; ch'è lo stesso già che qui nova donna; e di sopra nuvoletta ombreggiata d' amore, e angioletta, e in principio, pargoletta bella e nova.

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non so che (1) gentucca:

e quando di poi disse a Dante: ivi v. 43.

Femina è nata, e non porta ancor benda,
Cominciò ei, che ti farà piacere

La mia città, come ch'uom la riprenda.

Dirassi per avventura, che se questa femina non è la pargoletta delle Rime, ella è tuttavia una zitella chiamata per nome Gentucca, di cui dicono i Comentatori essersi innamorato l'Autore da che fu cacciato in esilio. Anzi v'è chi crede, che a questa tale Gentucca alluda Beatrice nel Can. XXXI. del Pg. v. 58. allorchè riprendendolo, dice:

Non ti dovea gravar le penne in giuso

Ad aspettar più colpi, o pargoletta,
O altra vanità con sì breve uso.

chi però così pensa, più degli altri s'inganna; poichè Bonagiunta parla nel Marzo del 1300. e predice a Dante una cosa futura; e Beatrice nell'istesso mese ed anno rimproveralo di cose passate; onde non era possibile ch'ella alludesse ad un fatto, che quando ella parlava, non era per anche avvenuto. A far ricreder poi gli altri interpreti gioverà la nuova spiegazione da me trovata in Firenze nell' Anonimo Comentatore, ed è; che Bonagiunta mormorando dicea non so che gente bassa... quasi dica una vile gente cioè la parte selvaggia... la parte bianca... Ed ecco aperte due cose: la prima, che gentucca sta qui per gen

(1) Nelle stampe moderne appare questo vocabolo coll'iniziale majuscola, perchè gli editori ebberlo per nome proprio.

tuccia, cioè gente bassa e vile, com'era quasi tutta la fazione Bianca; e però dovrà scriversi cotal vocabolo per g piccolo, come nome appellativo; non essendo nè anco stato mai, che si sappia, nome proprio di femina. La seconda, che Bonagiunta per questo vocabolo predice (1) in gergo qual aveva ad esser l'origine della disgrazia, vale a dir dell'esilio, di Dante; l'aderir cioè, come per sua disavventura gli avvenne, alla parte Bianca, detta con altro nome (2) selvaggia, e quì dal Lucchese gentucca. L'altra parte della predizione la risolve il medesimo Comentatore così: femmina e nata cioè adalagia che fue nepote di papa adriano dal fresco e moglie del marchese (3) novello la quale (4) ti piacerae tanto che avrai per lei la sua patria luccha. Vedi, prudente lettore, che con questa (5) Adalagia ogni sospetto d'attorno al Poeta si toglie di vano e carnale in

namoramento.

Ma pur Beatrice, dirai, una fanciulla rimproveragli a' buoni costumi dannosa. Ti basti per ora, che tale non sia nè la Pargoletta delle Rime, nè la zitella Lucchese: chi ella si fosse il vedrai con meco a suo luogo.

(1) Fu predetto all'Autore l'esilio nell' Inferno, e nel Purgatorio, ma sempre in mistero. Solo Cacciaguida glielo predice svelatamente nel Paradiso.

(2) Di questa voce vedi che si è detto di sopra nel Cap. V.

(3) Così è nel Testo per error del Gopista: leggi Maruello, o Moruello, o Marrovello, o Morrivello, o Marcello (in tante fogge si truova scritto) de' Malaspini.

(4) Cioè, ti compiacerà tanto in proteggerti e favorirti, s'intende, nella calamità dell'esilio, che tu avrai sicurezza e ricovero in Lucca sua patria.

(5) Adalagia è l'intero d' Alagia, come Beatrice di Bice, Agnella di Nella.

Della donna Alpigiana, di cui niuno sa dirci il nome, può esser paruto al Boccaccio, che parli Dante nella Canzon, che principia:

Amor, dacchè convien pur, ch'io mi doglia:

poichè in quella dice:

Così m'hai concio Amore

Nella valle (1) del fiume,

Lungo 'l qual sempre sovra me sei forte:

al che s'accorda la situazione del Casentino, dove, secondo ch'esso Boccaccio racconta, presso il Conte Selvatico si rifugiò un tempo il nostro Poeta. Nè io nego la Canzone in cotal luogo composta; nego bene che 'l sogget to ne sia una femina alpestre, come credette forse il Boccaccio, e in sequela di lui il Corbinelli. Or che la detta bellissima Canzone (2) sia filosofica, e' si conosce particolarmente dagli occhi della donna, di cui si tratta, che son quegli stessi della Filosofia celebrati nel Convito, siccome quivi il Poeta stesso dispiega; occhi deh quanto diversi da quelli che sono in tre Canzoni unitamente lodati dal figlio di Ser Petracco dall'Ancisa, che disse, Canz. 19 Ediz. Bodon. Certo il fin de' miei pianti,

Che non altronde il cor doglioso chiama,
Vien da' begli occhi alfin dolce tremanti
Ultima speme de' cortesi amanti.

(1) Del fiume Arno, che cento miglia di corso nol sazia; lungo 'l quale aveva Dante la patria, e i suoi affetti.

(2) L' Ab. Francesco Saverio Quadrio, Storia e Ragione d'ogni Poesia 1. 2. Vol. 2. p. 113. Milano 1742. dove porta questa Canz., e a piè di pagina ci fa qualche Nota, dice: questa è forse una delle migliori Canzo ni, ch' abbia la volgar Poesia.

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