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maginaria, sotto di cui si stasse alcuna scienza nascosta, e che Dante pur volesse condurla seco a diporto, come nel Sonetto egli dice? Imperciocchè se tale è da giudicarsi costei, ci converrà dire, che cose fantastiche d'arti e scienze pur fossero le amanti di Guido, e di Lapo, e tutto pur quel catalogo (1) di belle donne.

Potrebbe però il Filelfo, o 'l Biscioni, o alcun altro richiedermi: Se Beatrice era una femina

In carne ed ossa colle sue giunture,

perchè nella V. N. ne parla il Poeta in modo del pari quasi maraviglioso, come s'ella fosse la donna del Convito, la quale fu senza dubbio la Filosofia?

E a dir il vero, le doti ch'egli a lei attribuisce, talora pajono superiori all'esser di creatura terrena; tanto che (2)

Dice di lei Amor: (3) cosa mortale

Com'esser può sì adorna, e sì pura?

Le maraviglie poi ch'ella, al dir di lui, nell'altre donne operava colla sua bellezza, sono affatto incredibili, se non si lasci la lettera, e ricorrasi all' allegoria; come p. e. in quest'altro Sonetto (4):

(1) In andando alla Biblioteca di S. Lorenzo vedeva spesso la via delle belle donne: dicevanmi però que' Signori da me interrogati, sè per avventura vi fosse al tempo di Dante; che la in oggi detta così, è fuori dell'antico ricinto della città

(2) V. N. § 19. Canz. 1. st. 4.

(3) Ciò dice Amore ammirando, non dubitando. Dunque Beatrice era cosa mortale.

(4) V. N. § 27. Son. XVI.

Vede perfettamente ogni salute,

Chi la mia donna (1) tralle donne vede:
Quelle, che (2) van con lei, sono tenute

Di bella grazia a Dio render mercede.
E' sua beltate di tanta virtute,

Che nulla invidia all' altre ne procede;
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore, e di fede.
La vista sua face ogni cosa umile,
E non fa sola se parer piacente;
Ma ciascuna (3) per se riceve onore.
Ed è negli atti suoi tanto gentile,

Che nessun la si può recare a mente,

Che non sospiri in dolcezza d' Amore.

Dimandiamo alle moderne fanciulle, che paja loro di cotal donna, e di cotali miracoli; elle che non s'accompagnano mai volentieri con più belle di se, nè s'affacciano di lor genio ad una stessa fenestra; che anzi hanno la malizietta di fingersi amiche delle men belle, o più brutte, e cercano di mostrarsi a canto di quelle, per non perdere al paragone, o per far caccia più facilmente d'alcu no amante. Ad esse parrà favolosa la donna, e favoloso pur tutto'l bello e 'l mirabile che quì si dice di lei. Ma se ne dimanderemo agli uomini dotti, diranci; esser qui

(1) Vedi ciò che si dirà dell' ortografia degli antichi Toscani.

(2) In alcun Codice era scritto all'antica; vanno con lei, sono tenute. In doversi accorciar l'uno di questi verbi fu accorciato il secondo con cattivo suono del verso.

(3) Cioè, la sua presenza era tanto di contegno, sebben più belli forse dell' altre, che non impediva alle più belle la loro compariscenza.

sublimata Beatrice a rappresentar in se stessa, per la somma sua onestà e costumatezza, la Morale Filosofia; veduta la quale si vede ogni salute, perchè essa è quella che salva dalla morte di tutti i vizj: che però quelle donne, cioè le anime virtuose, che seguonla per la sua via, sono obbligate a ringraziarne, come di grazia speziale, Iddio. Si virtuosa è la sua beltà, che le sue seguaci non ne ricevono aggravio, nè smontano a confronto di lei; che anzi le fa ella comparir gentili, amorose di sano amore, e fedeli. La vista sua face ogni cosa umile, perchè (1) Questa è colei (2), che umilia ogni perverso. Non ha costei la vanità femminile di voler piacer ella sola, che anzi tal lustro ella sparge sopra di chi la corteggia, che ciascuno in grazia di essa piace, e n'è da riguardanti onorato. Nè solo in presenza ella riesce maravigliosa, ma eziandio in assenza; essendo ella negli atti suoi sì gentile, che chi se la rammemora, non può a meno di non sospirare con amorosa dolcezza.

Ritorniamo all'inchiesta. Se Bice o Beatrice era una fanciulla, perchè lodolla il Poeta in alcuno componimento della Vita Nuova, come s'ella fosse la scienza Morale?

Per questo appunto, direi, ch'egli era innamorato e poeta, gli piacque celebrarla con lodi sì grandi; o per secondar il genio dell'amico suo Guido, il quale si sarebbe forse annojato, come filosofo, d'una pura leggenda di vani amori; o perchè egli stesso aveva cominciato in allora

(1) Nella seconda Canz. del Conv. st. 4.

(2) Che cioè (spiega Dante nel suo Conv. T. 3. ultimo) volge dolcemente chi fuori del debito ordine è piegato.

a gustar alcun poco della Filosofia. Imperciocchè quantunque i poemetti della Vita Nuova gli avesse egli la maggior parte composti nella prima sua età, cioè nell'adolescenza; non gli ordinò però egli e distese colla narrativa de suoi casi amorosi, che dopo d'esser entrato di due o tre anni nella seconda, cioè nella gioventù, quando, mancata già a' vivi Beatrice, egli addestravasi ad esser amante della Sapienza. E qui mi si permetta, poichè questo punto non è stato per anco, ch'io sappia, osservato dagli scrittori Danteschi, ch'io un po' meglio il dichiari.

Credo dunque di poter asserire, che le Rime della Vita Nuova le scrisse bensì l'Autore la maggior parte di quel le prima d'entrar nella gioventù; ma non le ordinò in li bro col racconto in sua prosa degli occorsi accidenti, e delle occasioni, per cui le compose, e colle divisioni di esse, come le abbiamo al presente per diligenza del benemerito Sig. Can. Biscioni, che dopo la morte di ben due anni della sua donna. Ciò s'apprende dal Conv. Tratt. II. Cap. 2. La stella di Venere, ei dice, due fiate era rivolta (1) in quello suo cerchio, che la fa parere serotina, e mattutina, secondo due diversi tempi; appresso lo trapassamento di quella Beatrice beata, che vive in Cielo con gli Angioli, e in Terra colla mia anima; quando quella gentil donna, cui feci menzione nella fine della Vita Nuova, parve primamente accompagnata d' Amore agli occhi miei, e prese luogo alcuno della mia mente. E siccom'è ragionato per me nello allegato libello, più da

(1) Cioè nel suo epiciclo, ch'è quel cerchietto, per cui si muove la stella di Venere. Questa compie il suo giro in un anno.

g

sua gentilezza, che da mia elezione venne, ch'io ad es sere suo consentissi, che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia vedova vita, che gli spiriti degli occhi miei a lei si fero massimamente amici » etc. Or l'anima nobilissima di Beatrice (V. N. § 3o.) si partì nella prima ora del nono giorno (1) di Giugno..... in quell' anno della nostra Indizione, cioè degli anni Domini, in cui (2) il perfetto numero era (3) compiuto nove volte in quel centinajo, nel quale in questo mondo ella fu posta; ed ella fu (4) de' Cristiani del terzodecimo centinajo. Per questo computo ella morì nel 1290. Due anni appresso mostrossi a Dante la sovraccennatą gentil donna consolatrice: ́il qual fatto è descritto nella Vita Nuova al $ 37. Egli

(1) Di Giugno, l'ho scritto io per andar alla presta: poichè Dante a fine di ridur, quanto gli fosse possibile, tutte le circostanze del tempo, in cui morì la sua donna, al numero nove, si distende egli in questa maniera: Io dico, che secondo l'usanza d'Italia, l'anima sua nobilissima si parti nella prima ora del nono giorno del mese. E secondo l'usanza di Siria, ella si purti nel nono mese dell'anno; perocchè 'l primo mese è ivi Tismin, lo quale a noi è Ottobre. E secondo l'usanza nostra, ella si partì in quell' anno etc. D' onde argomento così. Se tutto ciò, ch' egli scriveva della sua Beatrice, era finto, perchè affaticarsi egli a cercar fin nella Siria il mese al nostro Giugno corrispondente, che là fosse il nono, quando comodamente finger poteva il transito di lei in Novembre, che per vocabolo e numero, all'uso Fiorentino, appunto era il nono?

(2) Il perfetto numero è il dieci. Perchè ciò sia, lo spiega l'Autore nel Conv. T. 2. c. 15. conciossiacosache dal dieci in su non si vada, se non esso dicci alternando cogli altri nove, e con se stesso.

(3) La voce compiuto la prendo qui in senso largo; che allora cioè corresse l'anno 1290: poichè in istretto varrebbe, che 'l detto anno fosse già terminato; ciò che guasterebbe ogni altro conteggio d' età (in ordine a Dante e Beatrice) d' un anno.

(4) Dunque ella fu una Cristiana del secolo XIII.

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