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potersegli presentar di nuovo, e raccomandarsegli, come volea la politica Qui bisogna metter piè a terra, ed oppor monumenti, a monumenti, e ragioni a ragioni; e non andar intorbidando con arzigogoli i fatti, e l'istoria a capriccio, e dubbiezze per solo spirito di contradire, e per offuscare al lettore i fatti storici, e la realtà delle cose perchè non vengano dai Lettori ben intese...

Poi chi sa che'l ricevitore di Dante non fosse Bartolommeo, come ne dicono il comento attribuito a Pietro figliuol di Dante, ed il Landino; e che dopo morto Bartolommeo non proseguendogli Alboino la stessa beneficenza, perciò in cotal modo no'l pungesse nel suo Convito?

Dante adunque fu un tristo, che a pura vendetta potè dir Alboino esser da molti nominato bensì, e conosciuto, ma (1) non già nobile. Resti a lui pure il suo sospetto, com'io mi terrò in pace il volteggiar suo da uno Scaligero all'altro su la lieve testimonianza di Pietro, e del Landino; l'autorità de' quali, e di tutti insieme i vecchi espositori ho già mostrato quanto vaglia, perchè nel falso supposto fondata del Vicariato Imperiale, che Bartolommeo non ebbe mai: e se non l'ebbe, non fu nè anco il banderajo dell' aquila, nè lo Scaligero vaticinato.

(1) Perchè forse non fu Signor di valore, come nè anche Bartolommeo: d'ambedue i quali Fereto Vicentino nel suo poema lib. IV. neuter tamen alta sequutus ;

Illustres quamvis animæ, vultusque verendi

Majestate sua.

E poco dopo d'Alboino parlando:

Nec moribus alter

Aut tibi par virtute fuit.

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Ma io ho qualche dubbio, ei dice, che non, anche pri ma d'essere gli Scaligeri dichiarati da Arrigo vicari Imperiali, che fu del 1310. (1)-0 1311. quelli di loro che attualmente signoreggiavano, ponessero, almeno nel grande pubbli co sigillo, la scala con l'Aquila in segno dell'alto dominio che riteneva sopra di quello stato l'Imperatore (2); é che perciò facesse Dante dirsi da Cacciaguida fino dal 1300. (anno del misterioso viaggio) del gran Lombardo, Che'n su la scala porta (non porterà) il santo uccello.

Così viene, va, e riede scaramucciando alla leggera e alla presta il mio avversario. A togliergli pertanto dell' animo il lieve suo dubbio, dirogli; che, morto Ezzelino, il popolo Veronese assunse il dominio e'l della governo Città, (3) riconoscendo però per suo Capo e Signore il sommo Pontefice, e santa Chiesa. Elesse allora per Podestà Messer Mastino dalla Scala, che fu poi Capitano del popolo; cui successe Alberto suo fratello; e a questo per ordine, i suoi figliuoli, com'è scritto nel Cap. XLII. Dirogli ancora, che sotto degli Scaligeri nè'l privato, nè'l pubblico seppe di Parte Imperiale (4) fino a Cangrande; per

(1) Girolamo della Corte Istoria di Verona lib. X. E pur questo Istorico pone il fatto all'anno 1311. com' anche il Villani nella seguente sua Nota allegato. Non so perch' egli imbrogli quì gli anni...

(2) Vedi tra gli altri il Bisaccioni nelle sue aggiunte a Luca di Linda, Descrizione del Mondo. Cap. Costumi de'Veronesi. Questa Nota par fatta a posta per dar la polvere ne gli occhi. Non dice altro il Bisaccioni, che queste parole: Verona fu per lo più Imperiale, e per conseguenza Gibellina ‹

(3) Il nostro dalla Corte nel lib. IX.

(4) Prima dunque d'allora' la nostra città era Guelfa; e però non è verisimile, che Dante addetto alla, fazione contraria cercasse mai di

la qual cosa è impossibile che que' Signori abbiano sovraposto alla Scala loro l'Aquila Romana nè in grande, nè in piccolo, nè in pubblico, nè in privato, finchè non signoreggiarono per autorità dell'Impero.

Se dunque nel vaticinio si legge (1) porta, non porti, nè porterà, questo è dall'uso de' poeti e degli oratori di metter talora un tempo per l'altro, non dal dubbio, o dal sogno dell' oppositore, che possa dirsi verificato. E questa conseguenza par ella buona (2)?

1

rifugiarsi in Verona sotto di Bartolommeo, o d'Alboino. Vedremo nell' Egloghe, ch' egli non volle, ancorchè pregato ed assicurato, ritirarsi in Bologna, perchè il Signore di quella era Guelfo. E questo è un altro argomento, che toglie all'uno e all'altro Capitano del popolo Veronese la gloria falsamente loro attribuita d'avergli dato rifugio ed ospizio.

(1) Par. XVII. 72.

(2) Il ch. Cav. Tiraboschi nella sua recente ristampa della Storia della Letterat. Ital. Tom. V. Par. II. pag. 26. not. (a) liberamente concede, che gli Scaligeri non ebber l'aquila per insegna, prima del 1311. nulla di me. no, a fine di sostener il nostro Poeta in Verona nel 1304. ( nel principio, cioè, della Signoria d'Alboino ) ripiega col dire; che dell'Aquila su la Scala potè far menzione Dante, scrivendo più anni dopo il suo Poema, benchè, quando ei ritirossi a Verona, non avessero ancor gli Scaligerì questa divisa. Si rimoverebbe, credo, il saggio Scrittore (se fosse ancora tra' vivi) dal creder possibile, che l'Allighieri per lunghezza di tempo non si ricordasse, se fosse, o non fosse Vicario Imperiale quel Signor sì cortese, che raccolto e beneficato l'avea; o che non sapesse, o non riflettesse, di quanta importanza fosse a circoscriver ben lo Scaligero ch' egli voleva indicato, il dirlo, o non dirlo adorno dello stemma Romano. Io per me lodo e ringrazio il divino Poeta dell' aver posto nella discussa perifrasi il santo uccello, il quale in una questione involuta di mille difficoltà mi leva su le sue ale da tutti gl' imbrogli.

Il

gran

GA PO XLVIII.

Lombardo colla Scala e l'Aquila,

fu egli Cangrande...?

1

Confutati gli antichi e i moderni Comentatori, abbiamo vinta la causa; poichè de'tre figli d'Alberto, co' tempi de' quali s'incontra la vita povera e raminga di Dante, rimane solo Cangrande ad esser quello Scaligero che noi cerchiamo: nulla di meno a maggior lustro della verità, in lui solo mostrerò tutti espressi i lineamenti e i colori del gran Lombardo, che'n su la scala porta il santo

uccello.

Quattro sono le tinte di questa tela: il quì dipinto Signore dee esser Lombardo, grande, Scaligero, e prin. cipe Ghibellino. Gli altri due figli d'Alberto, ancorchè Lombardi e Scaligeri, non furon però (1) Grandi, e molto men Ghibellini: laddove il terzo, il Veltro, egli fu grande di suo proprio nome, grande per acclamazion mi

(1) » Grande insegna il Vocabolario della Crusca appellarsi ogni persona di qualsisid città e regno, che ecceda gli altri în nobiltà, o ricchezza. Qualsivoglia adunque degli Scaligeri poteva per tal riguardo essere appellato grande ». Il novello Comentatore.

L'insegnamento, per difetto d'esattezza, si vede che non è della Crusca, tuttavia si passi, e concedasi, che in senso largo dir si potessero grandi tutti e tre i figli d'Alberto; forz' è però a più stretto significato ridursi, mentre Cacciaguida uno ne vuole di questi tre circoscritto e distinto, chiamandolo grande: ed acciocchè non sia preso in iscambio, lo caratterizza ancor più, col dirlo colui,

Che'n su la scala porta il santo uccellor

il qual carattere nè al primo, nè al secondo de' figli del detto Signore conviene, come si è mostrato ne' Capitoli antecedenti.

litare, grande d'imprese, grande d'autorità, e grande d'estimazione e di fama. Egli fu nel 1311., come già si è detto, creato dall' Imperatore Arrigo Vicario Imperiale della provincia Veronese, e della Vicentina; egli fu scelto da esso nel 1313. in esecutore del suo (1) testamento, e in sostenitore de' diritti dell'Impero; egli fu fatto e

(1) Abbiamo questa notizia ne' versetti seguenti d'anonimo autore, che leggonsi nell' Appendice al Tom. 1. degli Scrittori delle cose Germaniche di Marquardo Freero, pag. 15. e segg.

His dictis cum auxilio
Et Principum consilio
Nobilium prudentum,
Imperium ut ammodo
Fruatur pacis comodo
Disponit testamentum:
Constituens Vicarium

Fidelem Commissarium
(a) CANEM de Verona
(b) Munitum legum stemate

Armorum fretum schemate,

Virilitatis zona.

Prudentem virum, bellicum,
Veraccm, fidum, mellicum,
Verbisque seriosum,
Amicis satis placidum,
Sed inimicis acidum,
Triumphis gloriosum.

Scriptis inventariis

A publicis notariis,

Factisque codicillis

Signatis curiosius,
Munitis studiosius
Cæsareis sigillis,
Hortatur instantissime
Ut Caesaris novissimæ
Assistat voluntati :
Et testamentum editum
Honori suo creditum
Suæque probitati,
Ut miles carens vitio
Fideli exercitio
Fidelis exequatur;
Quod minus suficiens
Et viribus deficiens
Se Canis arbitratur.
Sed victus a nobilibus
Virisque spectabilibus
Cum fletibus admittit
Augusti desiderium;
Quod proteget Imperium,
Pro viribus, promittit.

(a) In più monumenti si trova, che Gangrande era detto anche semplicemente, Cane.

(b) L'Aquila, presso de' Ghibellini, era lo stemma delle Leggi, e la fiducia della vittoria. Vedi ciò che dice Giustiniano in lode dell'Aquila nel Paradiso Can. VI.

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