in quel modo, che si è detto. Questi non ciberà terra, nè peltro: costui non appetirà possessioni terrene, nè preziosi metalli (1). Dicesi che fanciullo di sette anni non per anche compiuti, avendogli il padre mostrato il ricco suo erario, ed invitatolo a togliersene quanto volesse, si levò ridendo i panni dinanzi, e vi pisciò su a disprezzo dell'oro, o forse a non curanza del poco. Ma sapienza, e amore, (1) Fer. Vicen.1. IV. His te fama refert annis, cum septima nondum Horrea frugiferis implesset messibus œstas, Virtutis monstrasse palam nova signa futuræ. Depositum, nullumque illi constare periclum دو Hæc tua sunt, olim Contemtor felix, et opum parcissime custos, Quem neque blanda fames auri, neque dira cupído (*) Io leggerei certo duxisse, cioè existimasse: poichè s'egli stesso avesse detta la ragion del suo fatto, non v' avea più luogo a cercarla, e virtute: ma'l suo cibo sarà lo studio (1) della sapienza, l'amor de' suoi sudditi, e'l valor militare. E sua nazion sarà (2) tra Feltro e Feltro. Dalla storia di que' tempi dipende l' intelligenza di questo verso. Sappiasi adunque, che 'l Signor Alberto dalla Scala nel principio dell' anno 1300. ebbe (3) di spontanea volontà di que' popoli la Signoria di Feltre, di Cividale, e Belluno, la quale rimase ne' suoi discendenti fino al 1338. Ed ecco 'l perchè, vaticinando Virgilio la nazione del Veltro, cioè la nobiltà ed ampiezza di Cangrande nella Signoria di Verona, la dice futura tra Feltre dall'una parte, e Monte Feltro dall' altra: il primo de' quali confini era verità istorica, che a que' tempi non poteva ignorarsi; il secondo profetizza, che si sarebbe forse verificato, se quel Signore fosse più a lungo vissuto. Vedi ciò ch'è notato a piè del Cap. XLIV. Di qual bene poi fosse per esser cagione costui coll' uccider la Lupa, lo profetizza esso Virgilio, dicendo: Di quell' umile Italia fia salute, (1) A saper reggere, intendi, e governare con equità e giustizia i suoi popoli. (2) Dice tra Feltro e Feltro, per adombrar il suo detto a guisa d'oracolo; come quel del Salmista, a mari usque ad mare. E forse per questo non disse Feltre nè Feltri ( lat. Feltria) quel primo luogo, ma Feltro ciò che diede per avventura impulso agli antichi Comentatori (non riconoscendo essi nel Veltro il nostro Cangrande) di vie più errare spiegando, tra cielo e cielo, ovvero tra panno' e panno, e simiglianti strambotti, de' quali parla, senza trovarne uscita, M. Gio. Boccaccio nel suo Comento. (3) Girol. dalla Corte 1. IX. Per cui (1) morio la vergine Camilla, Con questo fatto salverà egli tutta l' Italia, troppo travagliata tutta ed oppressa dalle fazioni, ma principalmente quella parte di lei, ch'è umile rispetto alle altre, cioè bassa, dov'è (dice il P. Pompeo Venturi ) lo Stato Pontificio; ch' ei, come Vicario Imperiale, ridurrà, togliendola alla Curia del Papa, all' obbedienza dell' Imperatore, il qual è il marito di Roma; come, in sistema di Dante, si è detto e provato nell' ispiegar l'allegoria della Fuja: per la qual umile, cioè bassa Italia, morì la vergine Camilla, e gli altri soprannominati. Non è dunque questa fiera crudele la cupidità dell' oro, a cui son soggetti tutti gli uomini: ma la propria e particolare in allora de' cortigiani di Roma. Si ha in Mess. Lodovico Ariosto un' imitazione, che pare di questo luogo presa; ed in essa parla della comune avarizia ( la quale era certo al mondo prima di Costantino) e così ne canta con la sonora sua tromba, (2) che Francesco I., che Carlo V., che Leone X., ed altri Principi e Signori dovean combatterla bravamente, ed ucciderla. L'avarizia (3) uni (1) Il P. Lombardi legge morì; e chiama lezioso questo morío: e pur con tal lezio è scritto il Cod. di S. Croce, e'l Comento dell' Anonimo: per lo quale imperio avere morio la vergine Camilla. Che se, Inf. XXXIII. 70. si trova in tutti i testi morì, questo è perchè, potendo dirsi all'un modo e all'altro, suona meglio in quel verso, (2) Orl. Fur. XXVI. st. 34. e segg. (3) Questa ben la descrive l'Ariosto nel suo Fur. XXVI. st. 1. Quivi una bestia uscir de la foresta · Parca, di crudel vista, odiosa, e brutta; versale però non può esser che da quelle fiamme distrutta, che alla fine de' secoli arderanno la terra: laddove l'altra, di cui diciamo, come effetto di cosa ch' era superabile con la forza, potea benissimo esser da Cangrande, o da altro Principe valoroso e potente, soggiogata ed estinta. Carlo di Valois, detto senza terra, appartiene esso pure in gran parte, siccome al Regno della Francia, così al leone dal Poeta veduto venirgli in contra con la te st' alta per la superbia, e con rabbiosa fame per l' avarizia. Costui ad istanza di Bonifacio VIII. che favoriva la parte Nera, andato per paciaro in Firenze, tradì la parte Bianca, la quale, dice Gio. Villani, fu abbattuta e cacciata di Firenze ... per messere Carlo di Valois, per sommessione di Papa Bonifazio. la Dino Compagni (1. 2.) mette in vista il denaro che n'ebbe Carlo. Dice che in corte del Papa da' Neri Ch' avea l'orecchie d'asino, e la testa Di lupo e i denti, e per gran fame asciutta;, Tutto era volpe, e parca scorrer tutta E Francia, e Italia, e Spagna, ed Inghilterra, Per tutto avea genti ferite, e morte, La bassa plebe, c i più superbi capi; Di Pietro, e messo scandol ne la fede. Intendi però contaminata la S. Sede in apparenza, non mai in sostan za; come si è dichiarato nella spiegazione del Garro. erano stati depositati 70000. fiorini per soldo suo e de' suoi cavalieri; e che per trarlo di Siena, ed affrettare la sua venuta in Firenze, gli furon dati 17000. fiorini; e che in Firenze poi dal Comune ebbe fiorini ventiquattro mila, che sono in tutto fiorini d'oro 111000., summa in que' tempi molto considerabile. Gli esiliati da lui furon seicento cittadini: perdita grande anche per una molto popolata città. Nè per questi danni fu rimessa in Firenze la pace, nè Carlo ne trasse vantaggio per ingrandirsi : che anzi (1) si disse per motto: messere Carlo venne in Toscana per paciario, e lasciolla in guerra: e andonne in Cicilia per guerra fare, e reconne vergognosa pace: il quale il Novembre vegnente ( 1302.) si tornò in Francia, sciemata e consumata sua gente, e con poco onore. Quindi è l' acerbo lamento di Ugo Capeta, o, a meglio dire, in persona di lui, del Poeta: Pg. XX. 70. Tempo vegg' io non molto dopo ancoi, Che tragge un altro Carlo fuor di Francia, (2) Senz'arme n'esce, e solo con la lancia, (1) Gio. Vill. 1. VIII. c. 49. (2) Cod. di S. . Sanza arme nescie. (3) Cioè, col tradimento. (4) Riducendola a male stato, e cavandole dalle viscere cento e undeci mila fiorini, e seicento cittadini, e lasciandola tra mille disor dini, per li quali le dicea Dante, ironicamente parlando; Tu ricca, tu con pace, tu con senno. сь |