E prende amore in gentilezza loco, Come calore in clarità di foco. Foco d'amor in gentil cor s'apprende Como vertute in pietra preziosa: Che da la stella valor non discende, 10 Avanti 'l sol la faccia gentil cosa; Poi che n'ha tratto fore, 5 Per soa forza, lo sol ciò che li è vile, La stella i dà valore, Così lo cor, ch'è fatto da natura Eletto, pur, gentile, Donna, a guisa di stella, lo inamura. 10 Amor per tal ragion sta in core gentile Per qual lo foco in cima del doppiero, non l'abbia fatta gentil cosa, cioè purificata. 5-7. Dopo che il sole per mezzo della sua forza ha tratto fuori dalla pietra ciò che vi era di cattivo (l'ha purificata) allora la stella le comunica la virtù magica. 8-10. Così il cuore, reso da natura nobile, puro e gentile, è poi innamorato da una donna. Cioè: come la pietra che dopo essere stata purificata dal sole riceve la virtù magica dalla stella, così il cuore, dopo essere stato reso puro e gentile da natura, riceve l'amore da una donna, assomigliata a stella perchè fa al cuore il medesimo che la stella alla pietra. Questa, purificata dal sole, trae dalla stella la virtù magica; quello, purificato da natura, trae dalla donna la virtù amorosa. 1-2. Per tal ragione l'amore sta Splende a lo so diletto, chiar, sottile, Rincontra amor como fa l'acqua il foco Amor in gentil cor prende rivera Per so consimil loco, Com' adamàs del ferro in la minera. Fere lo sole il fango tutto 'l giorno; 5 10 Vile riman, nè 'l sol perde calore. Dice om altier: gentil per schiatta torno; Lui sembro 'l fango, e 'l sol gentil valore. 5 Che gentilezza sia for di coraggio In dignità di rede, Se da vertute non ha gentil core; E' ciel ritien le stelle e lo splendore. nel cuor gentile come la fiammella in cima alla candela. 3. Splende (l'amore) chiaro e sottile a suo talento. 4. E non vi starebbe in altro modo (cioè non libero) tanto è fiero. Il senso è che l'amore soggioga il cuore a suo capriccio ed è tanto fiero che non soffre alcun freno. Altri intende in altro modo, e diversa punteggiatura reca anche l'ediz. critica del Casini, unendo immediatamente il terzo al secondo verso di questa stanza. Ci sia permesso anche questa volta restar da noi. -7. Però la malvagia indole affronta, impedisce, quindi anche spegne l'amore come l'acqua, per la sua freddura, spegne il fuoco. 8. Amore prende albergo (riviera vale riva, porto, quindi dimora) nel cor gentile. 9-10. Per luogo a lui acconcio, conforme, come il diamante, il minerale, trova la sua sede adatta nella miniera. 10 5. 1-2. Il sole percuote il fango tutto il giorno e il fango riman vile e non perciò il sole perde punto del suo calore. 3. Dice il superbo: io sono nobile di nascita. 4. Io rassomiglio lui al fango e la nobiltà al sole. Vuol dire assai giustamente che la nobiltà della stirpe è un vano ornamento esteriore che non distrugge la viltà dell'animo. Non deve alcuno (uom) credere. -8. Che senza gentilezza d'animo (coraggio) ci possa essere nobiltà nemanco in dignità reale: non è nobile neanche un re se non è nobilitato dalla virtu -9. Egli (il re non virtuoso) porta lo splendore della sua dignità come acqua il raggio del sole; la quale acqua, splendida alla superficie, resta oscura al fondo. 10. L' ac qua, dunque, resta buia al fondo e il cielo conserva la propria virtù e splendore. È il medesimo concetto Splende in la intelligenza de lo cielo. Del giusto deo beato compimento: Così dar dovria il vero La bella donna, che negli occhi splende, 5 A chi da lei ubidir mai non disprende. 10 Donna, deo me dirà, che prosumisti? Sendo l'anima mia a lui davanti: Lo ciel passasti e fino a me venisti E desti in vano amor me per sembianti: E a la reina del reame degno, Per cui cessa ogni fraude. 5 Dir li potrò tenea d'angel sembianza Non fea fallo, s'eo li posi amanza. Redenzione di Cristo.-7-10. Gli potrò dire avea la sembianza d'un angelo del tuo regno; non faccia 10 colpa, non mi sia ascritto a colpa se io le ho posto amore. III. Io vo' del ver la mia donna laudare, Passa per via sì adorna e sì gentile, E non le può appressar uom che sia vile: FRA GUITTONE D'AREZZO Nacque nel decennio tra il 1220 e il 1230, in Santa Firmina, borgo a due miglia da Arezzo, da messer Viva di Michele, camerlingo del Comune. Il suo nome vero era Guido, e fu poi chiamato Guittone, forse da guitto, che vuol dire sucido, sporco; il perchè di ciò non par difficile congetturare. Tolse in moglie una bella e giovine aretina, dalla quale ebbe tre figliuoli; ma poi abbandonò l'una e gli altri per entrar nell'Ordine di Santa Maria o de' Frati Gaudenti. Passò così il resto della vita, zelante delle pratiche che il suo Ordine imponeva; pratiche invero più cavalleresche che religiose. Sul finire dell'età sua passò di Arezzo a Firenze, dove nel 1293 fondo il monastero degli Angioli dell'Ordine Camaldolese, e nel 1294 cessò di vivere. |