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SONETTO II.

Assalito e piagato di soppiatto da Amore non ebbe nè tempo. nè forza da sottrarsi al suo giogo ritraendosi sul colle della virtù.

Schema: A BBA, ABB A, C DE, C D E.

Per fare una leggiadra sua vendetta,
E punire in un dì ben mille offese,
Celatamente Amor l'arco riprese,

Com'uom che a nocer luogo e tempo aspetta.
Era la mia virtude al cor ristretta,
Per far ivi e negli occhi sue difese;
Quando il colpo mortal là giù discese,
Ove solea spuntarsi ogni saetta.
Però, turbata nel primiero assalto,
Non ebbe tanto nè vigor nè spazio,
Che potesse al bisogno prender l'arme;
O vero al poggio faticoso ed alto

Ritrarmi accortamente dallo strazio,

Del qual oggi vorrebbe, e non può, aitarme.

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In questo sonetto appare per la prima volta l'Amore rappresentato al modo del Cupido degli antichi, invece che una personificazione cavalleresca com'è nei poeti provenzaleggianti od un'astrazione platonica come nei rimatori del dolce stil nuovo.

SONETTO III.

Detto com'egli fu preso da Amore nel di anniversario della Passione, se ne scusa allegando non aver egli pensato a tenersi sulle difese in quel giorno ch'era occupato da tutt' altro pensiero. Perciò accusa Amore che assali lui inerme non osando toccar Laura ch'era pronta alla difesa.

Schema: A B BA, A B B A, C D E, D C E.

Era 'l giorno che al Sol si scoloraro
Per la pietà del suo Fattore i rai,
Quand'io fui preso, e non me ne guardai,
Chè i be' vostr'occhi, Donna, mi legaro.
Tempo non mi parea di far riparo
Contr' a' colpi d'Amor; però n'andai
Secur, senza sospetto: onde i miei guai
Nel comune dolor s'incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato,
Ed aperta la via per gli occhi al core,
Che di lagrime son fatti uscio e varco.
Però, al mio parer, non gli fu onore
Ferir me di saetta in quello stato,
E a voi armata non mostrar pur l'arco.

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Questo mediocre sonetto s'aggira tutto sul concettuzzo del trovarsi il poeta disar. malo contro i colpi d'Amore, perchè tempo non gli parea di far riparo, ecc.; il che è anche in contraddizione con ciò ch'è detto nel Sonetto precedente.

SONETTO IV. (5)

Dice il Poeta che chiamando ne' sospiri la sua Lauretta, la prima sillaba è voce di lode, la seconda indica la real nobiltà e gentilezza di lei, la terza impone silenzio perch'esso poeta si confessa impari all'alta impresa di cantar sue lodi.

Schema: A B BA, A B B A, C D C, C D C.

Quand'io movo i sospiri a chiamar voi,
E il nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'incomincia udir di fore
Il suon de' primi dolci accenti suoi.
Vostro stato REal, che incontro poi,
Raddoppia all'alta impresa il mio valore;
Ma: TAci, grida il fin; chè farle onore
È d'altri omeri soma, che da' tuoi.
Così LAUdare e REverire insegna

La voce stessa, pur ch'altri vi chiami,
O d'ogni reverenza e d'onor degna.
Se non che forse Apollo si disdegna
Ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami
Lingua mortal presuntüosa vegna.

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Questo Sonetto è uno dei peggiori del P. e fu qui allegato appunto a mostrare come il poeta, vissuto in Provenza nel periodo di maggior decadimento dell'arte trovadorica, n'avesse contratto anch'egli in qualche parte il pravo gusto dei bisticci e dei giochetti di parole.

BALLATA I.

Dice il P. che Laura finchè non conobbe il suo amore per lui, soleva mostrarglisi benigna ed amica; ma dopo che ebbe conosciuta la sua passione si tenne sempre verso di lui riservata ed austera.

Schema: A B BA, C DE DCEEFFA.

Lassare il velo o per sole o per ombra,

Donna, non vi vid'io,

Poi che in me conosceste il gran desío

Ch'ogni altra voglia d'entro al cor mi sgombra.
Mentr'io portava i bei pensier celati,
Ch'hanno la mente desïando morta,
Vidivi di pietate ornare il volto;
Ma poi che Amor di me vi fece accorta,
Fur i biondi capelli allor velati,

E l'amoroso sguardo in sè raccolto.
Quel ch'io più desïava in voi, m'è tolto:
Si mi governa il velo

Che per mia morte, ed al caldo ed al gelo,
De' bei vostr'occhi il dolce lume adombra.

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SONETTO V. (9)

Pensa il Poeta al tempo che Laura divenuta vecchia potrà senza taccia ascoltare la storia de' suoi martiri e dargli conforto de' suoi pietosi sospiri. Schema: A B BA, A B B A, C D C, D C D.

Se la mia vita dall'aspro tormento

Si può tanto schermire e dagli affanni,
Ch'io veggia, per virtù degli ultim'anni,
Donna, de' bei vostr'occhi il lume spento,
E i capei d'oro fin farsi d'argento,

E lassar le ghirlande e i verdi panni,
El viso scolorir, che ne' miei danni
A lamentar mi fa pauroso e lento;
Pur mi darà tanta baldanza Amore,
Ch'io vi discovrirò de' miei martiri
Quai sono stati gli anni e i giorni e l'ore.
E se il tempo è contrario a' bei desiri,

Non fia che almen non giunga al mio dolore
Alcun soccorso di tardi sospiri.

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Nota gli eufemismi dei v. 4-7 ad esprimere le sembianze di Laura mutate per virtù del tempo.

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