Sayfadaki görseller
PDF
ePub

SONETTO XXVI (105).

Angelica ed unica al mondo è la bellezza di Laura. Ricorda il poeta con compiacenza d'averla vista piangere, d'averne ascoltate le dolci parole che esprimendo var i affetti rendevano sovrumana armonia, capace di rendere estatici il cielo, l'aria, il vento. Schema A B B A, A B B A, C D C, D C D.

Io vidi in terra angelici costumi

E celesti bellezze al mondo sole;

Tal che di rimembrar mi giova e dole,
Chè quant' io miro par sogni, ombre e fumi.

E vidi lagrimar que' duo bei lumi,

Ch' han fatto mille volte invidia al sole;
E udii sospirando dir parole

Che farian gir i monti e stare i fiumi.
Amor, senno, valor, pietate e doglia
Facean, piangendo, un più dolce concento
D'ogni altro che nel mondo udir si soglia;
Ed era il cielo all'armonia sì 'ntento,

Che non si vedea 'n ramo mover foglia;
Tanta dolcezza avea pien l'aere e 'l vento.

2. Al mondo sole, uniche al mondo. 3. Mi è dolce e doloroso insieme il ricordarmene. 4. Ciò ch'io miro par cosa al tutto vana al paragon di quelle bellezze (di

Laura).
12. Cfr. Virg. di Giove: Eo di-
cente... silet arduus aether (C.).
14. Avea pien, aveva em-
piuto.

6. Per il loro splendore.

--

SONETTO XXVII (108).

In qual parte del cielo, da qual forma celeste fu preso il modello onde natura foggiò il bel viso di Laura? Quale dea ebbe più leggiadria, qual core più virtù ? Chi non vede Laura cerca in vano un'idea delle celestiali bellezze; chi non sente le sue parole e non vede il suo riso non conosce che dolcezze e che amarezze dà l'amore.

Schema: A B BA, A B B A, C D C, D C D.

In qual parte del Ciel, in quale idea.
Era l'esempio, onde Natura tolse

Quel bel viso leggiadro, in ch'ella volse
Mostrar quaggiù quanto lassù potea?
Qual ninfa in fonti, in selve mai qual Dea
Chiome d'oro sì fino a l'aura sciolse?
Quand'un cor tante in sè virtuti accolse?
Benchè la somma è di mia morte rea.
Per divina bellezza indarno mira,

Chi gli occhi di costei giammai non vide
Come soavemente ella li gira.

Non sa com'Amor sana e come ancide,
Chi non sa come dolce ella sospira,
E come dolce parla e dolce ride.

1. Accenna la dottrina platonica delle idee, cioè forme immateriali e primitive delle cose (L.). Cfr. il Sonetto XVI 3. Quel bel viso, di Laura Volse, come altrove, volle. - 4. In un altro sonetto più innanzi dirà:

Chi vuol veder quantunque può Natura
E 'l Ciel tra noi, venga a mirar costei.

[ocr errors][merged small]

colpevole, della morte del P. accendendo in lui quella passione fiera che lo distrugge. 9. Per divina bellezza, cercando divina bellezza.

12. Esprime uno dei soliti concetti di casistica amorosa, che l'amore dà gioia e tormento insieme. In una tenzone Rambaldo Vaqueiras disputa se sia più dolce il bene o crudo il mal d'amore. 14. Cfr. Oraz. Dulce ridentem Lalagen amabo, dulce loquentem.

[ocr errors]

In questo sonetto abbiamo la donna angelicata secondo l'abito de' poeti del dolce stil nuovo. Cfr. i SS XIX e XXI della V. N. di Dante.

SONETTO XXVIII (135).

Giunto Alessandro alla tomba d'Achille pensò con sospiro d'invidia alla gloria che a lui venne dal canto d'Omero. Ma Laura, donna d'impareggiabil virtù, poco vivrà invece nei poveri versi del P., pur essendo degna che Omero, Orfeo e Virgilio lei sola cantassero. In ciò le fu nemico il destino, che pure in tutto il resto tanto la favori, poichè il P., lodandola indegnamente, le fa ingiuria. Schema: A B A B, A BA B, C D E, C D E.

Giunto Alessandro alla famosa tomba
Del fero Achille, sospirando disse:
Oh fortunato, che sì chiara tromba
Trovasti e chi di te sì alto scrisse!
Ma questa pura e candida colomba,
A cui non so s'al mondo mai par visse,
Nel mio stil frale assai poco rimbomba:
Così son le sue sorti a ciascun fisse.

Chè d'Omero degnissima e d'Orfeo,

O del Pastor ch'ancor Mantova onora,
Ch'andasser sempre lei sola cantando;
Stella difforme e fato sol qui reo
Commise a tal che 'l suo bel nome adora,
Ma forse scema sue lode parlando.

[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small]

SONETTO XXIX (140).

Il P. rapito invita Amore ad osservare le sovrumane bellezze di L., per cui tutta la natura palpita sotto i suoi piedi e la sua presenza accende e rasserena l'aere. Schema: A B BA, A B B A, C D E, C D E,

Stiamo, Amore, a veder la gloria nostra,
Cose sopra natura, altere e nove:

Vedi ben quanta in lei dolcezza piove;
Vedi lume che 'l cielo in terra mostra.
Vedi quant'arte dora e 'mperla e innostra
L'abito eletto e mai non visto altrove;
Che dolcemente i piedi e gli occhi move
Per questa di bei colli ombrosa chiostra.
L'erbetta verde, e i fior di color mille,

Sparsi sotto quell'elce antiqua e negra, Pregan pur che 'l bel piè li prema o tocchi. El ciel di vaghe e lucide faville

S'accende intorno, e 'n vista si rallegra
D'esser fatto seren da si begli occhi.

[blocks in formation]

SONETTO XXX (154).

Volgesi il P. al Rodano sulle cui rive scendeva egli coi suoi pensieri d'amore e quasi invidiandolo per non potere come lui correre dov' era Laura, gli commette di baciarle il piede e la mano.

Schema: A B BA, A BB A, C D C, D C D.

Rapido fiume, che d'alpestra vena,

Rodendo intorno, onde 'l tuo nome prendi,
Notte e di meco desioso scendi

Ov'Amor me, te sol Natura mena;

Vattene innanzi : il tuo corso non frena
Nè stanchezza nè sonno: e pria che rendi
Suo dritto al mar, fiso, u' si mostri, attendi
L'erba più verde e l'aria più serena.
Ivi è quel nostro vivo e dolce Sole

Ch'adorna e 'nfiora la tua riva manca,
Forse (oh che spero!) il mio tardar le dole.
Baciale 'l piede, o la man bella e bianca:
Dille il baciar sia 'n vece di parole:
Lo spirto è pronto, ma la carne è stanca.

[blocks in formation]
« ÖncekiDevam »