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SONETTO XXXVI (190).

Chi vuol vedere quanto ponno fare la natura ed il Cielo, venga a veder Laura ch'è un sole non solamente per me ma per il mondo tutto. E venga presto perchè la morte rapisce prima i migliori, e Laura desiderata nel cielo, come cosa mortale, non può qui durare. Vedrà mirabilmente contemperate le più nobili virtù e dirà scarsa la mia lode; ma s'affretti per non giungere troppo tardi. Schema: A B BA, A B B A, C D E, C D E.

Chi vuol veder quantunque può Natura
E'l Ciel tra noi, venga a mirar costei,
Ch'è sola un Sol, non pur agli occhi miei,
Ma al mondo cieco, che virtù non cura.
E venga tosto, perchè morte fura
Prima i migliori, e lascia stare i rei
Questa, aspettata al regno degli Dei,
Cosa bella, mortal passa e non dura.
Vedrà, s'arriva a tempo, ogni virtute,
Ogni bellezza, ogni real costume
Giunti in un corpo con mirabil' tempre.
Allor dirà che mie rime son mute,
L'ingegno offeso dal soverchio lume:
Ma se più tarda avrà da pianger sempre.

1. Quantunque, quanto. V Sonetto XXX. 3. Non pur, non solo. -4. Cieco ha chiamato altrove il mondo perchè non fa conveniente prezzo delle virtù di Laura.

7. Aspettata, desiderata in cielo. Cfr. Canzone per la Crociata:

O aspettata in ciel, beata e bella
Anima.

anche in Dante, V. N. § XIX:
Madonna è desiata in l'altro cielo.

- Dei per beati, angeli. 13. Soverchio lume, dal troppo splendore della bellezza di Laura.

Strano questo presentimento della perdita della donna amata, e più strana l'insistenza onde il P. l'esprime. Esso trova però spiegazione nel sonetto che segue

SONETTO XXXVII (191).

Quale sbigottimento provo se rammento quel di ch'io lasciai Laura triste! E a null'altro penso cosi volentieri e così spesso. La rivedo in dimesso atteggiamento, non addolorata ma non lieta, senza la sua consueta avvenenza, senza gli usati ornamenti, senza sorrisi nė parole. Così la lasciai in dubbioso stato, onde io sono assalito da sinistri auguri e pensieri: Dio faccia che siano vani.

Schema: A B BA, A BB A, C D E, C D E.

Qual paura ho quando mi torna a mente
Quel giorno ch' io lasciai grave e pensosa
Madonna, e 'l mio cor seco! e non è cosa
Che si volentier pensi e sì sovente.

I' la riveggio starsi umilemente

Tra belle donne, a guisa d'una rosa
Tra minor' fior; nè lieta nè dogliosa,
Come chi teme, ed altro mal non sente.
Deposta avea l'usata leggiadria,

Le perle e le ghirlande e i panni allegri E'l riso e 'l canto e 'l parlar dolce umano. Così in dubbio lasciai la vita mia :

Or tristi augurii e sogni e pensier negri,
Mi danno assalto; e piaccia a Dio che 'nvano.

3. E con essa lasciai il mio cuore. E non c'è cosa..... 8. Non sente altro male che un arcano timore.

- 9. Il fascino ond'essa solitamente struggeva il P. - 14. Che 'n vano, che vani siano i miei timori.

PARTE SECONDA

IN MORTE DI MADONNA LAURA

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