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CANZONE I.

I. Che devo fare? è tempo di morire chè già troppo ho tardato, essendo morta Laura, la quale ha portato con se il mio cuore. Qui non ispero vederla più e l'aspettare mi è in fastidio essendo ogni mia gioia caduta con lei.

II. Quanto è grave questa perdita o Amore, e come ti duole del mal comune; che l'uno e l'altro incontrammo una stessa sventura. Come esprimere il mio dolore? Cieco ed ingrato mondo, ben hai da dolerti, che hai perduto tutto quel che di bene era in te.

III. Ella era la tua gloria e l'hai perduta e nol sai, tanto indegno ne eri. Ella doveva pur tornare in cielo, ma io che non posso vivere senza di lei la richiamo e in queste illusioni mi sostengo in vita, privo ormai, come sono, di ogni speranza. IV. Il suo bel viso che soleva quaggiù fare testimonio delle perfezioni celesti è diventato polvere. L'anima sua è salita in cielo senza quel corpo di cui si abbellirà un giorno quando più perfetta farassi nell'eternità la sua bellezza.

V. E bella più che mai io l'immagino; e questa immaginazione è uno dei sostegni della mia vita. L'altro sostegno è il dolce nome che mi suona così dolce nel cuore. Ma quando ripenso che distrutta è ogni mia speranza, io vengo in tale stato che solo Amore e Lei dal cielo, spero, il veda.

VI. Voi donne che avete vista la sua bellezza, il suo celeste portamento, abbiate pietà di me, non di lei che è salita alle gioie del cielo. Se la morte non mi tronca la vita, io la sostengo soltanto per quello che Amore mi ragiona dentro al cuore.

VII. Egli dice: frena il tuo dolore, chè le troppo ardenti passioni precludono la via del cielo dove è Laura che ti desidera e ti prega che mantenga viva e vieppiù chiara la sua fama.

Comm. Canzone, fuggi i luoghi e le persone dov'è letizia, che a te vedovo sconsolato, non s'addice che la compagnia dei dolenti.

Schema Canz. Ab CAB Cc DdEE - Comm. a B b C C.

Che debbo io far? che mi consigli, Amore?

Tempo è ben di morire;

Ed ho tardato più ch' i' non vorrei.
Madonna è morta ed ha seco 'l mio core;
E volendol seguire,

Interromper convien quest'anni rei:

5

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Perchè mai veder lei

Di qua non spero; e l'aspettar m'è noia:
Poscia ch'ogni mia gioia

Per lo suo dipartire in pianto è vôlta,
Ogni dolcezza di mia vita è tolta.

Amor, tu 'l senti, ond' io teco mi doglio,
Quant'è 'l danno aspro e grave;

10

E so che del mio mal ti pesa e dole,

Anzi del nostro; perch'ad uno scoglio
Avem rotto la nave,

5

Ed in un punto n'è scurato il sole.

Qual ingegno o parole

Poria agguagliar il mio doglioso stato?
Ahi orbo mondo ingrato!

Gran cagion hai di dover pianger meco;

10

Chè quel ben ch'era in te, perdut' hai seco.

Caduta è la tua gloria, e tu nol vedi :

Nè degno eri, mentr'ella

Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza,

corso, come nella Canzone VI (mia Canz. 11, detta):

E 'nterrompendo quegli spirti accensi. - 8. Noia, dolore.

St. II. 4. Anzi del nostro ; la morte di Laura è danno non pure del poeta, ma d'Amore eziandio. Ad uno scoglio; ad un medesimo scoglio, come Dante nel V dell'Inferno:

Amor condusse noi ad una morte.

6. Scurato il sole, la bellezza di Laura era un sole per il poeta e per lo stesso Amore. - 8. Agguagliar, pienamente esprimere con

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volta,

e dole, no scoglio

o il sole.

oglioso stato?

pianger meco;

, perdut' hai seco. tu nol vedí:

a

parole (L.) Cfr. Virgilio, Eneid

11, 362:
Lacrimis aequare labores (Daniell)

9. Orbo, perchè privato di t
creatura, o perchè non conosce
perdita che ha fatta Ingra
perchè non piange come dovre
la perdita di Laura che gli s
fatto tanto bene mostrandogli
sue celestiali bellezze.-11. T
il bene ch'era nel mondo gli p
veniva la Laura, onde tutto la
perduto con la morte di Lei.

St. III. 2. Mentre, in Dan e nel Petrarca ha significato finchè, nel tempo che, -3 And

Là dove più gradir sua vista sente.
Quest'è del viver mio l'una colonna.
L'altra è 'l suo chiaro nome,

Che sona nel mio cor si dolcemente.

Ma tornandomi a mente

5

Che pur morta è la mia speranza, viva
Allor ch'ella fioriva,

10

Sa ben Amor qual io divento, e (spero)
Vedel colei ch'è or sì presso al Vero.
Donne, voi che miraste sua beltate
E l'angelica vita

Con quel celeste portamento in terra,
Di me vi doglia e vincavi pietate,

Non di lei, ch'è salita

5

A tanta pace, e me ha lasciato in guerra:
Tal che s'altri mi serra

Lungo tempo il cammin da seguitarla,

Quel ch'Amor meco parla,

Sol mi ritien ch' io non recida il nodo ;
Ma e' ragiona dentro in cotal modo:

10

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con angeliche virtu In terra,
compl. di luogo riferito a miraste.
Celeste portamento, anche nella
Canz. XI, St. V. 3. Il divin por-
tamento. — 4. Pietade, di me. -
6. In guerra, nelle tempeste della
vita - o meglio nel tormentoso de-
siderio di lei. 7-8. Tal che s'al-
tri mi serra, Cfr. Son. XXIII, in
V. di qua dal passo ancor che
mi si serra.
9. Quel, ciò.
Sol mi trattiene dall' uccidermi.
11-12. Ma: l'avversativa si rife-
risce all'idea precedente di recidere

10.

Pon freno al gran dolor che ti trasporta;
Chè per soverchie voglie

Si perde 'l cielo ove 'l tuo core aspira;
Dov'è viva colei ch'altrui par morta;
E di sue belle spoglie

E sua fama che spira

5

Seco sorride, e sol di te sospira :

In molte parti ancor per la tua lingua,
Prega che non estingua;

Anzi la voce al suo nome rischiari,

10

Se gli occhi suoi ti fur dolci nè cari.
Fuggi 'l sereno e 'l verde,

Non t'appressar ove sia riso o canto,
Canzon mia, no, ma pianto.

Non fa per te di star fra gente allegra,
Vedova sconsolata in vesta negra.

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5

terreno sentimento è però rappre-
sentata Laura nel Sonetto Le-
vommi il mio pensier in parte
ov'era dove Laura dice: Te solo
aspetto e quel che tanto ama-
sti e laggiuso è rimaso, il mio
bel velo (Son, 34). — E sol di te
sospira comincia qui Laura ad

essere dal P. mostrata tutta solle-
cita di lui e data all' amor suo. -
7. Spira, scorre, si diffonde, op-
10. Anzi renda vie
pure vive.
più chiaro il suo nome. -
11, Nè
cari, o cari; uso non infrequente
nei classici.

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Commiato. 4. Non fa per te, non si addice a te. - 5. Vedova, ecc., caso di opposizione al pronome te del v. preced.

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