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Carri impedita la dolente via;

Non gli aspri cenni ed i superbi regni ;
Non udisti gli oltraggi e la nefanda

Voce di libertà che ne schernia

Tra il suon delle catene e de' flagelli.

Chi non si duol? che non soffrimmo? intatto
Che lasciaron quei felli?

Qual tempio, quale altare o qual misfatto?
Perchè venimmo a sì perversi tempi?
Perchè il nascer ne desti o perchè prima
Non ne desti il morire,

Acerbo fato? onde a stranieri ed empi

Nostra patria vedendo ancella e schiava,

E da mordace lima

Roder la sua virtù, di null' aita

E di nullo conforto

Lo spietato dolor che la stracciava

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teto dolente, quasi la strada medesima si dolesse della scellerata rapina. Monti, Bassv., I: « I sacri bronzi in flebile lamento Giù calar dalle torri. »

gli aspri cenni ed i superbi regni. Benissimo ritratta la prepotenza del Buonaparte e de' comandanti francesi! Gli aspri cenni ricordano la frase, non men felice, del Manzoni (Cinque Maggio): « Il concitato imperio; > regni (come regna in latino) sta per governo, modo di reggere.

la nefanda Voce di libertà, ec. I Francesi, venendo in Italia, si annunziavano liberatori dei popoli, mentre poi li facevano schiavi, li taglieggiavano ed impoverivano. che non soffrimmo, ec. Cfr. Orazio, Carm. I, 35: quid nos dura refugimus Etas? quid intactum nefasti Liquimus? unde munum iuventus Metu deorum continuit? quibus Pepercit aris? Qual tempio, quale altare? Allude alle tante profanazioni e sacrilegi commessi dai Francesi in Italia, dove ancora regnava così schietta la fede degli avi. Anche il Foscolo, fra le cose invase dai Francesi, mette le are » (Sepolcri, v. 184). Per tutte le altre profanazioni basti ricordare l'empio saccheggio della santa Casa di Loreto.

v. 121-129. Perchè il nascer, ec. Intendi: « perchè ci facesti nascere, o non ci facesti morire più presto, cioè innanzi che scoppiasse in Italia questa funesta guerra?» L'avverbio prima, separato così da morire, rende il senso alquanto oscuro, parendo che significhi piuttosto; mentre vale •più per tempo. —a stranieri ed empi, ad empi stranieri. Figura di endiadys. da mordace lima Roder la sua virtù, ec. Allude forse alla corruzione dei costumi accresciuta dai Francesi colle novità invereconde od empie da loro introdotte o, come interpetra il Castagnola, all'« abiezione che negli animi induce il dominio straniero. » Di questa metafora della lima usò più volte il Petrarca. Nel son. 42, P. I: << Io non credea per forza di sua lima Che punto di fermezza o di valore Mancasse mai. sto (Fur., I, 2): «Che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima. » ciava, la lacerava: uso non bello di questa parola, che rammenta il francese déchirer. Costruisci e intendi: « non ci fu concesso di allegge

«

E l'Ario

la strac

Ammollir ne fu dato in parte alcuna.
Ahi non il sangue nostro e non la vita
Avesti, o cara; e morto

Io non son per la tua cruda fortuna.
Qui l'ira al cor, qui la pietade abbonda:
Pugnò, cadde gran parte anche di noi:
la moribonda

Ma

per

Italia no; per li tiranni suoi.

Padre, se non ti sdegni,

Mutato sei da quel che fosti in terra.
Morian per le rutene

Squallide piaggie, ahi d'altra morte degni,
Gl' itali prodi; e lor fea l'aere e il cielo
E gli uomini e le belve immensa guerra.
Cadeano a squadre a squadre

Semivestiti, maceri e cruenti,

Ed era letto agli egri corpi il gelo.

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rire in alcuna parte, con veruno aiuto o conforto, il dolore che spietatamente la tormentava. »

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v. 130-136. Questa parte della strofa ricorda assai da vicino la canzone precedente, v. 36 e seg., ed è uno de' passi men belli di questo Canto. al cor.... la pietade abbonda. Il Leopardi nelle Annotaz. citate difende questa costruzione, riportando anche un verso del Sannazaro, Arcad., v. 19: « E per l'ira sfogar che al core abbondami, » e spiega abbondare per traboccare, lat. exundare. cadde gran parte anche di noi. Molti furono gl' Italiani morti nelle guerre napoleoniche, e specialmente nella campagna di Russia, come spiega il poeta nella strofa seguente, con bellissima digressione.

-

v. 137-145, se non ti sdegni, Matato sei, ec. Dalla vita di Dante, come da tutte le opere di lui, traspare quella magnanimità che lo rendeva facile a sdegnarsi d'ogni cosa vile ed ingiusta. Virgilio (Inf., c. 8) lo chiama alma sdegnosa. » per le rutene Squallide piaggie (prima avea scritto fra le rutene, ec. Vedi Epistolario, Firenze, 1849, no 61): « le vaste, incolte pianure della Russia, le steppe. » Castagnola. L'esercito napoleonico, nel quale militavano anche molti Italiani, ebbe grandemente a soffrire nella ritirata da Mosca, nell' ottobre e novembre del 1812. Vedi il Papi, Comm. Riv. Franc., P. II, lib. XVI: « Inasprissi a un tratto la stagione e si mise a neve, la quale cadendo a larghe falde involse cielo e terra, e cancellò ogni traccia di strada, di sorta che i soldati più non sapevano in qual verso marciassero.... In piccol tempo il freddo montò si fattamente, che il termometro segnava i 16 e 18 gradi sotto il gelo, e a' soldati francesi, italiani e della meridionale Germania, tanto per non esservi avvezzi, quanto per la leggerezza del lor vestire, si fece intollerabile.... Gl'infermi, i feriti, i deboli erano per lo più abbandonati, e invano si raccomandavano, gemevano, chiedeano piuttosto una pronta morte, ec. ec.» De' ventimila Italiani condotti dal vicerè Eugenio solo un migliaio incirca rividero la patria. — l'aere e il cielo, il freddo e la neve; più sotto vedremo: le nubi.... i venti.

Allor, quando traean l'ultime pene,
Membrando questa desiata madre,

Diceano: oh non le nubi e non i venti,

Ma ne spegnesse il ferro, e per tuo bene,
O patria nostra. Ecco da te rimoti,
Quando più bella a noi l'età sorride,
A tutto il mondo ignoti,

Moriam per quella gente che t'uccide.

Di lor querela il boreal deserto

E conscie fur le sibilanti selve.
Così vennero al passo,

E i negletti cadaveri all' aperto

Su per quello di neve orrido mare
Dilacerar le belve;

E sarà il nome degli egregi e forti
Pari mai sempre ed uno

Con quel de' tardi e vili. Anime care,
Bench' infinita sia vostra sciagura,

Datevi pace; e questo vi conforti
Che conforto nessuno

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v. 146-153, traean l'ultime pene: « agonizzavano. >> Castagnola. membrando, ricordando. Petr., Rime, P. I, son. 19: « Membrando il suo bel viso, dal lat. memorare. Ma ne spegnesse il ferro, ec. Anche Enea (Virg., Æn., I, v. 94 e seg.) in pericol di morire per una fiera tempesta di mare, invidiava quelli che eran caduti valorosamente a Troia per difesa della patria. Moriam per quella gente che t'uccide: antitesi un po'studiata, in bocca di moribondi. Ma il Leopardi in questo primo periodo del suo poetare si dilettava, anzi che no, delle antitesi.

v. 154-162. Di lor querela, ec. È di grande effetto l'immagine dell'abbandono e della solitudine, espressa in questi due versi! Cfr. il Monti, Bassvill., c. I: « Nè pietà di lui sente altri che l'eco, Che cupa ne ripete e lamentosa La querimonia dall' opposto speco. > conscie fur, furon consapevoli: esse sole li udirono. È frequente ne' poeti latini l'uso di conscius attribuito alle cose inanimate, presenti ad un fatto. Virg., En., IV, 167: conscius æther Connubii. Ovid., Heroid., 15, 138: Antra conscia deliciis. — sibilanti, agitate dal vento fischiante. - -vennero al passo, alla morte. Vedi Canz. I, v. 93, e quivi la nota. per quello di neve orrido mare: bel verso, che ti apre dinanzi alla fantasia una immensa estensione di terreno gelato! Cfr. Virg., Georg., III, v. 354: lacet aggeribus niveis informis et alto Terra gelu late; · -mare fa l'ufficio del lat. æquor, che vale anche pianura, estensione di terreno uguale. — le belve sono state già ricordate nella str. precedente; ma la ripetizione non torna inutile, forse per quello che segue. E sarà il nome, ec. Vuol dire che, essendo stati divorati dalle belve, non resta traccia del 'loro valore: onde i prodi son pareggiati ai vili.

v. 162-170. Anime care: si volge il poeta alle anime dei soldati morti in Russia. e questo vi conforti Che conforto nessuno, ec. Concetto un

Avrete in questa o nell' età futura.
In seno al vostro smisurato affanno
Posate, o di costei veraci figli,
Al cui supremo danno

Il vostro solo è tal che s'assomigli.

Di voi già non si lagna

La patria vostra, ma di chi vi spinse
A pugnar contra lei,

Sì ch'ella sempre amaramente piagna
E il suo col vostro lacrimar confonda.

O di costei ch' ogni altra gloria vinse
Pietà nascesse in core

A tal de' suoi ch'affaticata e lenta

Di sì buia vorago e sì profonda

La ritraesse! O glorioso spirto,

Dimmi: d'Italia tua morto è l'amore?

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po' sforzato e lambiccato. Il poeta vuole che a questi morti sia di consolazione il sapere che non avranno mai consolazione, perchè privi di gloria. Anche la forma antitetica fa sentir di più lo studio, quantunque rammenti quella bellissima antitesi virgiliana (Æn., II, 351): Una salus victis nullam sperare salutem. In seno al vostro, ec. Qui il poeta rincara la dose con un altro concetto sforzato, tradotto così dal Castagnola : « Riposatevi nel pensiero del vostro smisurato affanno che v'innalza sopra tutti gli altri uomini, pel triste ma sublime privilegio della infelicità, e vi congiunge in più stretta guisa alla patria ugualmente grande, ugualmente infelice. » - di costei, dell'Italia: ma il soggetto a cui allude il pronome, è troppo lontano, dovendosi cercare nel v. 147.

v. 171-180. Di voi già non si lagna, ec. Potendo ad alcuni venire il sospetto che que' prodi meritino biasimo per avere militato nelle schiere francesi, il poeta li difende col notare che vi furono spinti. · A pugnar contra lei: quei soldati, cooperando ad accrescere la potenza francese, vennero indirettamente a offender l'Italia, che da' Francesi era oppressa. - E il suo col vostro, ec. Continua il pensiero dei vv. 169–70. — O di costei, ec. Costruisci: «Oh la pietà di costei che un tempo fu superiore a tutte le altre nazioni, nascesse in cuore ad alcuno de' suoi figli, il quale la ritraesse, ec. >> ogni altra gloria vinse. Nella Canz. I, v. 19 vedemmo « le genti a vincer nata.... nella fausta sorte. » A tal de' suoi. Per meglio comprendere quest' allusione convien pensare che, quando il poeta scriveva, già le sètte segrete lavoravano per cambiare le condizioni politiche dell'Italia: e nel 1817 ci fu negli Stati del Papa un tentativo di rivolta da parte dei Carbonari. Nè è da dimenticare che pochi anni prima Gioacchino Murat (benchè non italiano) aveva eccitato gl' Italiani a combattere per la loro indipendenza, e raccolto a tal fine un esercito. Di sì buia vorago, ec.: da tanto abisso di mali, dal fondo dell'avvilimento.

v. 180-187. O glorioso spirto, ec. Il legame fra questo pensiero ed il precedente sta nel non vedersi per ora alcuno, il quale ritragga l'Italia da'suoi mali: e però il poeta chiede « d'Italia tua morto è l'amore ? »

Dì: quella fiamma che t' accese, è spenta ?
Dì: nè più mai rinverdirà quel mirto
Ch' alleggiò per gran tempo il nostro male?
Nostre corone al suol fien tutte sparte?
Nè sorgerà mai tale

Che ti rassembri in qualsivoglia parte?

In eterno perimmo ? e il nostro scorno
Non ha verun confine?

Io mentre viva andrò sclamando intorno:
Volgiti agli avi tuoi, guasto legnaggio;
Mira queste ruine

E le carte e le tele e i marmi e i templi;
Pensa qual terra premi; e se destarti
Non può la luce di cotanti esempli,

Che stai? levati e parti.

Non si conviene a sì corrotta usanza

Questa d'animi eccelsi altrice e scola:
Se di codardi è stanza,

Meglio l'è rimaner vedova e sola.

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quella fiamma, « fiamma di virtù, di carità patria e di santa ira contro il vizio e l' ignavia. » Castagnola. - quel mirto, ec. Il mirto serviva ad incoronare i poeti: quindi è simbolo della poesia. Petr., Rime, P. III, son. 1: « Qual vaghezza di lauro? qual di mirto? » Ch' alleggiò, ec. Vedi sopra, v. 6 e seg. Nostre corone, segni d'onore, vanti, pregi. Nè sorgerà mai tale Che ti rassembri, ec. Cfr. Orazio, I, 24: cui Pudor et.... incorrupta Fides.... quando ullum invenient parem?

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- guasto,

queste

v. 188-195. In eterno perimmo? Siam dunque morti in guisa da non poter mai più risorgere? Cfr. Plaut. Mostell., 3, 1, 5: Perii plane in perpetuum modum. confine, limite, termine. Petr., Trionf. Div.: « lei che morte ancise Assai di qua del natural confine. » — mentre viva. Dante, Inf., XV, 86: « mentre vivo. » — Volgiti agli avi tuoi, ec. In questo verso si assomma il motivo di tutto il Canto. L'Italia, se vuol risorgere, onori e imiti i grandi antichi. Anche il Foscolo ne'Sepolc., accennati alcuni de'mausolei di Santa Croce, conchiude: « Quindi trarrem gli auspici. degenerato. Bocc., Nov. 63: Ahi vitupero del guasto mondo! » ruine. Ricorda il principio della Canz. I: « Vedo le mura e gli archi, ec. » E le carte, ec. In un sol verso accenna quattro arti: letteratura, pittura, scultura, architettura. premi, calpesti. Che stai? Il Leopardi nelle Annotaz. cit. difende questo che nel senso di perchè, e ne porta molti esempi di classici italiani. Questo invitare gl' Italiani degenerati a partire da quel suolo di cui non sono più degni, riesce assai calzante, e mette degna fine al Canto. In altro senso Orazio (Epod., 16) consiglia ai Romani d'abbandonare Roma, divenuta ormai terra esecrata per le continue guerre civili, e dagli Dei destinata a perire.

v. 196-200. Questa d'animi, ec. Costruisci e spiega: « questo paese produttore e maestro di animi generosi. » Il Leopardi nelle Annotaz. cit. difende altrice coll' esempio del Guidiccioni, il quale chiama l'Italia <altrice de' famosi eroi» (ediz. Barbèra, son. 1). vedova e sola. Anche

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