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E se de' nostri affanni

Cosa veruna in ciel, se nell' aprica
Terra s'alberga o nell' equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.

VII (VIII).

INNO AI PATRIARCHI,

O DE' PRINCIPII DEL GENERE UMANO.

SOMMARIO: Rivolgendosi ai Patriarchi del popolo ebreo, il poeta li chiama molto più felici di noi e più cari a Dio, e trova la ragione delle umane sventure non tanto nel peccato originale, quanto nell'essersi l'uomo

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mare si trovi cosa che senta pietà dei nostri affanni o almeno ne sia consapevole. de'nostri affanni è retto da pietosa, ec. — aprica Terra, terra esposta all'aria, illuminata dal sole. si alberga, dimora. Il Leopardi, Annot. cit., porta, a difesa di questo riflessivo, un esempio delI'Ariosto, Orl. Fur., VI, 73: equoreo seno, il mare.

La composizione di questo Canto è posta dal Mestica fra il 1821 e il 1822. B. Zumbini in alcune osservazioni sopra di esso (Napoli, 1879), nota il fatto singolarissimo, che « i maggiori poeti dei tempi ultimi hanno considerato la morte delle favole antiche come uno de' più gravi danni che potessero intervenire alla vita umana e segnatamente all'arte, e ricorda il Wordsworth, il Keats, lo Schelley fra gl' Inglesi, il Platen e lo Schiller fra i Tedeschi, il quale scrisse il noto canto « Gli dei della Grecia ; » e fra gl' Italiani V. Monti che nel 1825, quindi qualche anno dopo il canto Leopardiano, pubblicò il suo Sermone sulla mitologia difendendola dai Romantici che volevano sbandirla dalla poesia. Non è inverisimile che il Leopardi conoscesse, in qualche traduzione, il Canto dello Schiller al quale in alcuni punti somiglia. Il Monti rimpiange la mitologia, più che altro, sotto aspetto letterario ed è quindi più superficiale del Leopardi, ma vi pone anch' egli molto affetto e, per bellezza d'immagini, gareggia qualche volta col nostro. Ne riporteremo qua e là alcuna :

Entro la buccia
Di quella pianta palpitava il petto
D'una saltante Driade

Quella limpida fonte uscía dall' urna
D'un'innocente Naiade

Il canto che alla queta ombra notturna
Ti vien sì dolce da quel bosco al core,
Era il lamento di regal donzella
Da re tiranno indegnamente offesa.

Ov'è l'aureo tuo carro, o maestoso
Portator delia luce, occhio del mondo?
Ove l'Ore danzanti, ove i destrieri
Fiamme spiranti dalle nari ?...

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ribellato alle leggi di natura (v. 1-21) - Ricorda Adamo e la 80lenne quiete del mondo prima che fosse abitato; indi Caino, dal cui delitto fa derivare l'istituzione delle città e del civile consorzio, fonte di guai (22-56) - Invocando poscia Noè, che salvò il genere umano, lamenta le risorte industrie e specialmente l'introdotta navigazione (57–70) Passa come contrapposto alla vita pastorale di Abramo e Giacobbe, ricordando i colloqui angelici del primo, e l'amore per Rachele del secondo (71-86) Conclude che un tempo regnò veramente su questa terra la felicità; quando cioè gli uomini ancora incolti vivevano secondo le leggi di natura (87-103) — Chiama beati anch'oggi gli abitanti della California, e maledice l'incivilimento che di quei paesi vuol farsi (104-117).

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E voi de'figli dolorosi il canto,
Voi dell' umana prole incliti padri,
Lodando ridirà; molto all' eterno
Degli astri agitator più cari, e molto
Di noi men lacrimabili nell' alma
Luce prodotti. Immedicati affanni
Al misero mortal, nascere al pianto,
E dell'etereo lume assai più dolci
Sortir l'opaca tomba e il fato estremo,
Non la pietà, non la diritta impose
Legge del cielo. E se di vostro antico
Error che l'uman seme alla tiranna

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v. 1-6. E voi, anche voi. Lodando ridirà, ricorderà con lodi, celebrerà. -- all' eterno Degli astri agitator, conduttore, impulsore. Agitator in latino si dicea più specialmente di chi spingeva gli animali, o guidava i cavalli. Qui si accenna a Dio chiamato anche, secondo la filosofia aristotelica, il gran motore. » Dante lo chiamò (Parad., XXXIII): « L'Amor che muove il sole e l'altre stelle. » -più cari si riferisce a voi del primo verso. -men lacrimabili, ec. Costruisci: prodotti nell'alma luce più cari all'eterno, ec. e molto meno lacrimabili di noi; » lacrimabili, degni di lagrime, infelici. Per lo più dicesi di cosa, anzichè di persona. prodotti, tratti fuori, generati (con proprietà latina).

v. 6-11. Immedicati, ec. Costruisci : « Non la pietà, non la diritta legge del cielo impose al misero mortale affanni inconsolabili, cioè, di nascere al pianto e di sortire più dolci la tomba opaca e l'estremo fato, che non il lume etereo. » Vuol dire : << Non furono la misericordia nè la giustizia di Dio, che imponessero all' uomo una vita così dura e insopportabile. » - l'etereo lume, la luce del cielo, la vita. Lucrezio, III, 1047: Lumine adempto animam moribundo corpore fudit. opaca, oscura, tenebrosa. Virg., En., X, 161: opaca nox. Ovid, Met., X, 20: opaca Tartara. v. 11-21. Riattaccando col detto sopra che, cioè, tanti mali non poteva darli un Dio clemente e giusto, sottintendi: « Fu per colpa degli uomini. E se, ec. Intendi: «e se un'antica fama (la tradizione biblica) parla di un vostro antico fallo (peccato originale) causa dei mali umani, ben altre più scellerate colpe, ec. ci resero nemici il cielo e la terra, onde la vita diventò insopportabile. l'uman seme, la stirpe

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Possa de' morbi e di sciagura offerse,
Grido antico ragiona, altre più dire
Colpe de' figli, e irrequieto ingegno,
E demenza maggior l'offeso Olimpo
N'armaro incontra, e la negletta mano
Dell'altrice natura; onde la viva
Fiamma n'increbbe, e detestato il parto
Fu del grembo materno, e violento
Emerse il disperato Erebo in terra.

Tu primo il giorno, e le purpuree faci
Delle rotanti sfere, e la novella
Prole de' campi, o duce antico e padre
Dell' umana famiglia, e tu l'errante
Per li giovani prati aura contempli :
Quando le rupi e le deserte valli
Precipite l'alpina onda feria

«

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umana. Dante, Inf., III: « il mal seme d'Adamo. Grido antico. Nota la ripetizione << antico error: grido antico. altre più dire Colpe. ec. Dal contesto del Canto e da ciò che l'autore dice altrove può dedursi che queste più dire colpe « »e « l'irrequieto ingegno» e la « demenza maggiore » consistono nell' essersi gli uomini discostati dalla vita di natura per stabilire la vita civile (vedi più oltre, v. 46 e seg.) Per il Leopardi non tanto il peccato originale, quanto questa ribellione alle leggi naturali fu la causa dell'umane sciagure. irrequieto ingegno, indole incontentabile, inquieta. Vedi, per schiarimento di questa frase, la Storia del genere umano, riportata in parte nella nostra scelta. demenza maggior, stoltezza anche più grande, peggiore dell'irrequietezza. la negletta mano, ec. Intendi: « e ci armarono contro la mano della Natura, che avevamo disprezzata, quando ci offriva nutrimento e soccorso (altrice). » la viva fiamma, la luce, la vita. detestato, ec. Le madri ebbero in odio i figli, cioè, si augurarono di non aver figli. Vedi in lat. i vari sensi di detestor. Emerse, ec. La disperazione infernale pose sede sulla terra gli uomini perdettero la speranza.

v. 22-26. Tu primo.... o duce antico e padre, ec, Adamo, già cacciato dal Paradiso terrestre. le purpuree faci, le stelle, gli astri. Tasso, Ger. Lib., XIII, 9: le faci onde s' adorna Il seren della notte. » E il Foscolo tradusse il magni.... lumina mundi di Catullo: « del mondo ampio le faci.» Purpureus in lat si disse anche per splendente, bello. Virg., En., VI, 490: lumine vestit purpureo. Il Monti nella Bell. dell' Univ. disse delle comete: « Invian fianime innocenti e porporine. » - la novella Prole de' campi, le piante fruttifere. Virg., Georg.. II, 3: prolem tarde crescentis oliva. l'errante, ec., vagante. aura contempli: figura di zeugma, essendo riferito anche al vento, il quale non si vede, il verbo contemplare, proprio della vista. Dante, Inf., 33: « Parlare e lagrimar vedrai insieme. »

v. 27-34. Quando le rupi, ec. Intendi: quando i fiumi e i torrenti cadevano giù da' monti, senza che alcuno li sentisse, per mancanza del genere umano. » Stupenda questa breve descrizione della terra nella

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D'inudito fragor; quando gli ameni
Futuri seggi di lodate genti

E di cittadi romorose, ignota
Pace regnava; e gl'inarati colli
Solo e muto ascendea l'aprico raggio
Di febo e l'aurea luna. O fortunata,
Di colpe ignara e di lugubri eventi,
Erma terrena sede! Oh quanto affanno
Al gener tuo, padre infelice, e quale
D'amarissimi casi ordine immenso
Preparano i destini! Ecco di sangue
Gli avari colti e di fraterno scempio
Furor novello incesta, e le nefande
Ali di morte il divo etere impara.
Trepido, errante il fratricida, e l'ombre
Solitarie fuggendo e la secreta

Nelle profonde selve ira de' venti,

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regnava.

primitiva solitudine! quando gli ameni. Costruisci: quando ignota pace regnava gli ameni seggi, ec. Bel contrasto, fra la primitiva quiete di que' luoghi ameni, cioè ancora lussureggianti per la naturale vegetazione, e lo strepito posteriore delle città che vi sarebbero state edificate. ignota, non conosciuta da alcuno, per la ragione già detta. Regnare qui ha il senso di dominare. Cfr. Senec., Hypp., 981: fraus sublimi regnat in aula. inarati... Solo e muto: epiteti tutti che ricordano il mondo deserto. aprico raggio. Aprico si trova per luminoso, sereno. Ariosto, Orl. Fur., XIII, 59: «Che del bel lume suo di e notte aprica Farà la terra. » Columella, 14: apricissimus dies. - l'aurea luna. Virg., Georg., I, 30: aurea Phoebe.

v. 34-39. Oh fortunata, ec. È sommamente bello questo sospiro allo stato innocente della terra ancor priva di uomini, seguito dal funesto presagio delle colpe e delle sciagure che sopravvennero.

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erma, deserta: e perciò appunto ignara, ec. Epiteto ben collocato! ordine immenso, serie infinita. Cfr. Virg., En., VII, 14: maior rerum mihi nascitur ordo. Cic., Divin., I, 55: fatum appello ordinem seriemque causarum.

«

«

v. 39-50. Ecco, ec. Cita i primi fatti che confermano quanto ha presagito. Intendi: «e infatti ben presto un furor nuovo (cioè sconosciuto alla terra) contamina di sangue e di strage fraterna i terreni coltivati avari, cioè produttori d'avari affetti in chi li possiede. incesta, contamina, insozza. Virg., En., VI, 150: totamque incestat funere classem. le nefande... impara. Intendi: « per la prima volta si uccide un uomo. » Personifica la morte, e con sublime immagine ce la mostra volar battendo per l'aria le malvage ali.» Castagnola. il divo etere, l'aria divina o il cielo. Questo aggiunto divo contrasta efficacemente colle ali della morte. impara, conosce. — Trepido, ec. Costruisci : « Il fratricida (Caino), trepido, errante e fuggendo l'ira de' venti secreta nelle profonde selve primo innalza i tetti civili, ec. Stupendamente abbozzata questa figura del disperato Caino, che ci ricorda quel di Dante: « Anciderammi qualunque m'apprende» (c. 14), e la bellissima statua del Duprè.

secreta Nelle profonde: cioè, l'ira de' venti, che infuria miste

Primo i civili tetti, albergo e regno
Alle macere cure, innalza; e primo
Il disperato pentimento i ciechi
Mortali egro, anelante, aduna e stringe
Ne' consorti ricetti: onde negata

L'improba mano al curvo aratro, e vili
Fur gli agresti sudori; ozio le soglie
Scellerate occupò; ne' corpi inerti
Domo il vigor natio, languide, ignave
Giacquer le menti; e servitù le imbelli
Umane vite, ultimo danno, accolse.

E tu dall' etra infesto e dal mugghiante
Su i nubiferi gioghi equoreo flutto

Scampi l' iniquo germe, o tu cui prima

«

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riosamente, arcanamente nel profondo delle selve. Vuol dire che Caino, dopo il peccato, cominciò ad aver paura della solitudine de' boschi. Secretus, anche in latino, ha talora il senso di occulto, arcano. — i civili tetti, ec., le città. Genesi, IV, 16: « Egressusque Cain a facie Domini, habitavit profugus in terra ad orientalem plagam Eden. Et ædificavit civitatem. alle macere cure, alle cure, alle brighe e dispiaceri, che fanno diventar l'uomo magro. -С primo, ec. Intendi: « e il pentimento senza speranza (cioè quel di Caino, o di altri simili a lui) dopo avere edificato le città, triste ed affannoso raduna ed ammassa gli stolti uomini nel comune consorzio. » L'autore considera la vita civile come un effetto del delitto e del rimorso. consorti ricetti, convivenze sottoposte

a ugual sorte, ossia legate da patti; convenzioni sociali. Virg., En., XI, 527: Planities ignota iacet, tutique receptus.

v. 50-56. onde, ec. Espone gli effetti dell' aver lasciato la vita campestre per stabilirsi nelle città: cioè, dispregio dell'agricoltura, inerzia, debolezza e viltà, servitù. improba mano, mano non proba, empia, come spesso in latino: ovvero, ribelle, resistente. curvo aratro. Virg., Georg.,

II, 513: Agricola incurvo terram dimovit aratro. vili Fur, ec. Si tennero in conto di vili. Cfr. Virg., Georg., I, 506: Tam multæ scelerum facies: :non ullus aratro Dignus honos, squalent abductis arva colonis. — ne' corpi inerti, ec. Nella Canz. a Paolina, v. 44, vedemmo: « E di nervi e di polpe Scemo il valor natío. » — servitù le imbelli, ec. Intendi: « e l'uomo divenuto imbelle si prestò a servire, si lasciò mettere in servitù, ultimo e più grave di tutti i danni. »

v. 57-64. E tu, anche tu, ec. Rivolgendosi a Noè, deplora il ripristinamento della infelice stirpe umana, e la crescente audacia nel ribellarsi alle leggi di natura, fino all'invenzione del navigare, che diffuse per tutta la terra i nostri mali. - dall' etra infesto, dal cielo avverso; cioè, dalla furia delle acque cadenti. -e dal mugghiante.... flutto, dalle acque marine che riversandosi sulla terra, si erano alzate fin sui monti più elevati. Genesi, VII, 19: Et aquæ prævaluerunt nimis super terram: opertique sunt omnes montes excelsi sub universo cœlo. nubiferi, portatori di nubi, nuvolosi. Ovid., Met., II, 286: Eriæque Alpes, et nubifer Apenninus. — cui prima, ec. Costruisci: « a cui pel primo la candida colomba arrecò segno di instaurata spene, ec. e a cui pel primo, il sole cadente, ec.

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