L'orme intricate e false, e dai covili Il raggio tuo fra macchie e balze o dentro Lascia in breve tra' sassi. Infesto occorre M'apri alla vista. Ed ancor io soleva, - non abitano. » dai covili, cioè, delle lepri. Delle notti reina. Così nell' ode greca : Σὺ γὰρ οὐρανοῦ κρατοῦσα, Ἡσυχοῦ τε νυκτὸς ἀρχὴν Μελάνων τ' ἔχεις ὀνείρων. Del pallido ladron, ec. Nella citata ode greca dice pure Τρομέουσι μέν σε κλέπται. Cfr. 1' Idillio 8 di Mosco, tradotto dal Leopardi stesso: << Al passeggier pacifico Che viaggia in notte placida Non tendo occulte insidie, Non a rubare io vo. » Osserva, nel senso latino di observat, cioè « spia, apposta. » — col funereo ceffo, col ceffo che annunzia morte (da funus): epiteto maraviglioso! Ovidio, Ib., 225: Sedit in adverso nocturnus culmine bubo Funereoque graves edidit ore sonos. V. 85-91. Infesto occorre, ec. al drudo vil. Anche il Parini, La notte, V. 20 e seg. descrive il « sospettoso adultero che lento Col cappel su le ciglia e tutto avvolto Nel mantel se ne gia con l'armi ascose, ec. » Bene scelto l'epiteto di vil, perchè reo di macchiare la fedeltà coniugale, e quindi pieno di rimorso e di paura. alberghi, case. alle malvage menti, a chi pensa di far del male. - v. 95-107. Bench'innocente, ec. In contrapposto al ladrone e al drudo che temono la luna, perchè rei. il tuo vezzoso Raggio accusar, ec. È preso dal Foscolo, Sepolcri, v. 84 e seg. « E l'immonda (upupa) accusar col luttuoso Singulto i rai, di che son pie le stelle Alle obbliate sepolnegli abitati lochi, nelle città, e precisamente a Recanati.. ture. » Quand' ei m'offriva al guardo umano, e quando 100 105 XIII (XIX). AL CONTE CARLO PEPOLI. SOMMARIO: Ozio è l' umana vita, anche se occupata dalla necessità di lavorare, ma, senza di questa, tale ozio riesce più insopportabile perchè accompagnato dalla noia (v. 1-62) — Si annoia chi vive nei piaceri, chi viaggia, chi tormenta il prossimo (63-99) - Tu, o Pepoli, coltivi la poesia che ti auguro possa mantenerti le beate illusioni. Io già le sento mancare, e quando tutte le avrò perdute, mi sarà unico conforto indagare le ragioni delle cose, conoscere a fondo la trista verità. Nè m'importa se altri me ne biasimerà, giacchè nulla pregio la gloria (100-158). METRICA. Endecasillabi sciolti. Questo affannoso e travagliato sonno Quand' ei m'offriva, ec. Il Leopardi fin da giovinetto fuggiva la gente Questo Canto, che il Mestica assegna al 1819, è un idillio, e insieme un' elegia, piena di vaghe e affettuose immagini; la giocondità del mattino in campagna, la quiete del meriggio, la passeggiata notturna al lume della luna, e l'assassino e il drudo che cercano l'oscurità. È poi tale l'evidenza e la semplicità dello stile, tale la fluidità e franchezza del verso sciolto, che ben si vede quanto il Leopardi nel magistero dello scrivere emulasse i classici, pur tenendosi lontano dalla troppo scoperta loro imitazione. v. 1-7. affannoso e travagliato sonno. Nel dialogo di Ruysch e delle Pepoli mio? di che speranze il core Se quell' oprar, quel procurar che a degno Cui franger glebe o curar piante e greggi È per campar la vita, e per se sola La vita all'uom non ha pregio nessuno, Tragge in ozio il nocchiero; ozio il perenne « 5 10 15 sue mummie, queste cantano e qual di paurosa larva E di sudato sogno, A lattante fanciullo era nell'alma Confusa ricordanza: Tal memoria n'avanza Del viver nostro. » - Che noi vita nomiam. Petr., I, son. 161: << Di questa morte che si chiama vita. di che speranze.... Vai sostentando. Dante, Inf., c. VIII: « lo spirito lasso Conforta e ciba di speranza buona. > - L'ozio che ti lasciàr, ec., cioè, l'agiatezza, i mezzi per viver comodamente senza lavorare. · Grave retaggio e faticoso. Chiama grave e faticoso l'ozio, ossia il viver d'entrate, che toglie la necessità di occuparsi e così passare men male il tempo. Su questo concetto si fonda tutta l'epistola. « v. 7-12. E tutta, ec. Generalizza il concetto precedente. Intendi : Nè è soltanto ozio il non occuparsi, ma tutta la vita umana, in qualunque stato, è ozio. » Se quell' oprar, ec. Argomenta così: lo sforzarsi per un obietto non corrispondente alla fatica, oppur tale che non si possa conseguire, è ozio, cioè tempo perso: ma nel mondo (e lo mostrerò in appresso) tutti sono in queste condizioni: dunque la vita è un ozio. >> - procurar ha qui senso assoluto di dare opera, darsi da fare. » v. 12-26. La schiera industre, ec. Bella perifrasi per indicare gli agricoltori e i pastori. l'alba tranquilla, ec, e il vespro (la sera) sono i soggetti di vede franger glebe. Ricorda quel di Virg., Georg,, II, 513 e seg.: Agricola incurvo terram dimovit aratro. Hinc anni labor, ec. Se oziosa dirai, da che, ec. Intendi: «Se chiamerai oziosa la vita del contadino, perchè ad altro egli non mira che a conservar la vita, cioè una cosa di nessun pregio, dirai bene. » sua vita Eper campar la vita, ec. Ricorda quel detto latino: Propter vitam vivendi perdere caussas; cioè, << tribolarsi talmente per vivere, da perdere le cagioni per cui è dolce la vita. » - per se sola.... non ha pregio nessuno, ec.. cioè « se non serve a qualche altra cosa, se è un ozio.» Cfr. la finale del Canto A un vincitore nel pallone. << Nostra vita a che val? solo a spregiarla, ec. » La sentenza del Leopardi in sè è vera, ma applicata male. Se la vita si spende per migliorar sè stesso ed altri, essa non è davvero da spregiarsi. Vedi il discorso preliminare. Tragge in ozio. Come nota anche Sudar nelle officine, ozio le vegghie Già sempre infin dal 'dì che il mondo nacque Di medicina in loco apparecchiate il Cappelletti, qui il Leopardi dee aver avuto in mente quell'Ode d' Orazio (II, 16) che comincia: Otium divos rogat, ec. quantunque il senso della parola ozio sia ben differente ne' due poeti. le vegghie.... de' guerrieri, le ore passate in sentinella; dal lat. vigiliæ. avaro, avido; come spesso in latino e in italiano. Virg., Georg., I, 47: seges.... votis respondet avari Agricola. · Che non a se, ec. Costr.: « Chè veruno, per cura o per sudor, ec. non acquista a sè, nè ad altrui la bella felicità cui la natura umana agogna e cerca.» Vuol dire che non conseguendosi in nissuna maniera di vita la felicità, qualunque tenor di vita è un oziare. Argomento, invero, che zoppica. · a se,.... ad altrui, per sè, ec. Dativo detto di comodo. · la bella Felicità, cui solo, ec. Dante (Purg., XXVII) la chiamò Lo dolce pomo che per tanti rami Cercando va la cura de'mortali. » « v. 27-43. Pur all'aspro, ec. Costr.: Pure la natura, in luogo di medicina, avea preparate all' aspro desire, ec. diverse necessità, ec. » Intendi: La natura, non potendo far gli uomini felici, li costrinse almeno, perchè non morisser di noia, a stare occupati nel provvedere alle necessità della vita. » Cfr. quello che dice l'autore nella Storia del genere umano, riportata fra le Prose scelte di G. L. -esser beati. Così nel dial. di Ruysch, ec.: << esser beato Nega a' mortali e nega a' morti il fato. » Necessità diverse. Virg., Georg., 1, 146: duris urgens in rebus egestas. pieno, occupato, opposto di vuoto per disoccupato, senza utilità alcuna. Vedi più sotto, al v. 54. La progenie, il genere, o, come disse Lucrezio, genus omne animantum. — Nè men vano che a noi, ec. Vuol dire che anche i bruti anelano la felicità, ma non la trovano neppure essi intiera, quella pure di cui sono capaci. Che a lor vita è mestier, di noi men tristo Ma noi, che il viver nostro all' altrui mano I tardi fati a prevenir condotto, In se stesso non torce; al duro morso 45 50 55 di noi men tristo, ec. In molti luoghi il Leopardi invidia la sorte degli animali. Vedi, fra gli altri, Il Passero solitario, e il Canto notturno d'un pastore, ec. Anche Lucrezio nel suo poema, e Plutarco nel Grillo, toccano di questo tema. Condur si scopre, ec. Si vede, si conosce che conduNè la lentezza accagionar, ec. Cfr. il Canto V in fine. cono. v. 44-62. Ma noi, ec. In contrapposizione a quel che fan gli animali. - il viver nostro, ec. Costr.: « Commettiamo alla mano altrui di provvedere al viver nostro;» cioè, ci facciamo servire e fornire il bisognevole da mercanti, servi, ec. Noi. Qui non va riferito a tutti gli uomini, ma a quelli agiati e di comoda condizione. Cfr. i primi versi di questo Canto. una più grave Necessità oggetto di adempiam. Vuol dire non provvediamo senza tedio e pena ad una necessità più grave, che è quella di consumar la vita, cioè, passare il tempo o, come dicono i Francesi, tuer le temps. » Ma che brutta cosa diventa per il povero Leopardi quel tempo che pure tutti gli antichi dissero un tesoro incomparabile! improba, ostinata. Virg., Georg., I, 145: labor improbus. non tesoro accolto, ec. Cfr. Tib., Eleg. I, 1: Divitias alius fulvo sibi congerat auro Et teneat culti iugera multa soli. Non aula, ec. Anche questo passo ricorda la cit. Ode d'Orazio: Non enim gazæ neque consularis Summovet lictor miseros tumultus Mentis et curas laquenta circum Tecta volantes. Or s'altri regge il non torce del v. 57. I voti anni, gli anni oziosi. Vedi sopra. la superna Luce odiando. È preso da Virgilio, En., VI, 435: lucemque perosi Proiecere animas. Vedi anche VI, 451: tædet cæli convexa tueri. l'omicida mano.... non torce, non si uccide. Anche i latini diceano, in questo senso, inferre sibi manus. I tardi fati a prevenir, ad affrettar la morte che vien troppo tardi. Cfr. Orazio, Od., III, 11: sera fata. al duro morso è termine indiretto di medicine del v. 61. Morso vale qui, puntura, stimolo. insanabile, irrimediabile. |