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sentan così? Ma chi sono (imploro a questo luogo la comun fede) chi sono cotesti Francesi, che così sentono, e ci acconsentono un cotal pregio? Sono forse uomini nemici delle proprie cose, e amatori sol dell' altrui? Uomini, che noiati per sazietà delle doti loro quotidiane e presenti si mostrino per vaghezza ligi sol delle forestiere? Cui nulla piaccia, che il mar non passi, ei pirenei non valichi o l' alpi? I Francesi, ognuno il sa, nati e cresciuti in seno alla pingue abbondanza d' un fiorentissimo regno, nella vivace frequenza di un popolo ingegnoso, sotto all'illustre governamento di re non rade volte conquistatori, fra i comodi della vita, fra gli ornamenti della persona, fra le grazie del costume, dovendo stimar Parigi, e la Francia per evidenza di aperto merito, amarla per senso di genio nazionale, non manca alcuno, cui paia, che vogliano parecchi d' essi esaltarla ancora quasi per risentimento di fastidiosa alterezza, e che sieno restii e difficili talvolta a lodar noi italiani. Comunque ciò sia, certa cosa è, non poter essere pregiudizio un testimonio, che parte da una nazione in nessun' altra cosa soggetta a' pregiudizj di estimar altrui soverchiamente. E se vogliamo da' vulgari Franzesi salire a' monarchi, due quivi furono l' età dell' arti, l' una breve e non ben confermata sotto al primo Francesco, lunga l' altra e prospera sotto al quartodecimo Luigi: e l' uno e l' altro avvedutissimo regnatore riconobbe di queste arti l' Italia per madre. madre. Chiamolle il primo dalla casa

del Medici, che tuttavia semplice cittadino, uom di repubblica, e mercatante se le avea raminghe ricoverate in casa, e le carezzava con ogni uficio di munifica ospitalità; é Francesco primo fu lieto, che esse invitate da lui vedessero la Francia per la prima volta; e onorando infra gli altri Lionardo Vinci, che gli morì in braccio, parve, che in ciò ancora invidiasse alla gloria dell' emulo Carlo quinto, che onorò Tiziano coll' insegne di moltiplice Cavalleria; e s' inchinò al suo valore, raccogliendogli di terra il pennello. Luigi poi decimoquarto non contento, che gl' Italiani andassero in Francia per insegnare a' Francesi, volle, che i Francesi venissero in Italia per imparare dagl' Italiani; e fondò la celebre romana accademia della pittura, dove il gallico ingegno si addestrasse alle leggiadre opere del pennello. In tal modo per forza non di pregiudizio che è cieco, ma di sapienza che vede, quel re che fu l' Augusto di quel regno, col suo Colberto che ne fu il Mecenate, in un secolo che fu ivi quello dell' oro, credette conveniente questo tributo d'onore all' Italia di spedirle i più bei genj a contemplare in essa le arti, come nella sede del loro impero, e nel domicilio della loro bellezza. La quale cosa essendo così appunto, quella lode stessa, che giustamente si dà a' pittor della Francia, si riflette in molta sua parte, e su l' Italia ritorna, che moltissimi di loro educò alla gloria della pittura: parendo essere più vera patria del dotto quella contrada, dove al sapere

apre la mente, che quella dove apre al giorno

la vista.

Tanto lunghe parole potrebbero parer soverchie per la impugnazione di una singolare e strana sentenza, se nel tempo medesimo, che ho risposto a un uomo solo, non avessi esposto il contrario consenso di tutti gli uomini, che è il miglior argomento, che possa essere addotto per me a favor mio; mentre ogni popolo può essere in alcun vero senso giudice d' una buona e lodevol pittura. Imperciocchè io vi prego osservare, o ascoltanti, coll' accorto giudizio vostro, che può sibbene esser diversa la bellezza d' un volto, che piaccia al bruno Etiope, e al bianco Europeo, diversa la foggia de' panni, che piaccia al molle Cinese, e all' orrido Scita, ma che non puote diversa essere la idea, che d'una bella pittura abbian le genti; perchè, essendo la bellezza de' quadri locata nell' imitazione della bella natura, ognuna bastevolmente s' avvede, qualora è per egregi modi espressa quella natura almeno, che ha sotto gli occhi; e però una tela che piace a Milano, e a Bologna, non può non piacere a Ispaham, e a Pekino.

Per tal modo composte le cose colla scuola francese, non giudico di dover disputare colla fiamminga, fra la quale, e le scuole nostre passa amichevole comunione in ufici di stima, e di reciproca benevolenza: e mentre noi esaltiamo la tinta di Rubens, e di Vandeik, e la verità di Gerardou, e di Miris, essi i Fiamminghi non rifinano di celebrare la mossa dell' ombre, il fiore dell' espressione, le accuratezze del

disegno, le immagini del ritrovamento, e la poesia tutta della maestra pittura italiana.

Cimento non di eguale pericolo pieno sarebbe quello di colui, che volesse le dipinture non già, ma le francesche sculture coll' italiche comparare. E io a chi mi celebrasse Girardon, e Puget, Bruchardon, e Pigale, nominerei e Cellini, ed Algardi, e Vittoria, e Contucci, e Alfonso da Ferrara, e Andrea dál Verrocchio, e una chiara donna, di cui può vantarsi Bologna, Properzia de' Rossi, e Pierino da Vinci, che con dantesca scultura effigiò la fame e la pietà del Conte Ugolino, e quel Donatello, che il primo spirito diede e movenza agli schiacciati rilievi; nè fu minore a se stesso nelle intere, e spiccate figure de' suoi uomini, e de' suoi cavalli, talchè a quello di Gattamelata in Padova par, ch' il fremito non manchi, nè lo sbuffamento; e Michelagnolo nominerei per cagione d' onore, e Sansovino, di cui gli sculti corpi per la concordanza, e appiccatura delle membra, e per li nervi, e le vene, onde sono le parti ricerche e quasi innaffiate, di viva carne appajono e trattabile. Ricorderei, che l'Italia è quel suolo, dove si son creati agli occhj degli antiquarj i celebri inganni di por sotterra per artifizio moderne statue, che scoperte come per caso si riputarono vecchj lavori di Grecia; quasi per esser greche lor non mancassero, che le ingiurie del sotterramento. E ricorderei, che dall' Italia partirono in ogni tempo a illustrar altre contrade bei lavori, e prodi lavoratori. Dall' Italia andò in Bruselles

il Leoni a copiar volti d' imperadori, e di reine. Dall' Italia il Torreggiani portò l' onore della sua arte nella Brettagna, e nelle Spagne. Dall' Italia fu condotto a Parigi Frate Agnolo dal cardinale Turnone: e fu chiamato dal re inglese in Londra Benedetto da Rovezzano. Dall' Italia spedì statue a Strigonia Andrea da Fiesole per diletto dell' unghero re. Dall' Italia fu promesso alla Francia il Laocoonte di Baccio Bandinelli; e ne furono della promessa lieti due solenni ambasciatori di Francesco presso il Pontefice: il quale re Francesco nella somma potestà delle cose, e nell' incredibile suo amore verso quest' arti protestava, sofferir di mal animo, che la sua reggia fosse vuota di buone statue antiche e moderne. Dall' Italia ottenne Fontanablò, quasi un tesoro, una statua del Triboli di quel Triboli dico, sotto alla cui mano ne molli capelli, e nelle sottili vesti acconsenzienti alle attitudini della persona rammorbidavansi i sassi ubbidienti, come avean prima ubbidito i metalli a quell' altro gran Fiorentino Lorenzo Ghiberti nella formazione delle sue storiate porte, dove il bronzo docile e pieghevole si commette e torcesi, si liscia e inasprasi, si forbisce e figurasi a ogni cenno della sua destra. Sebbene io mi stancherei camminando per così lunga strada, tenendo dietro agli scultori e alle sculture chieste dall' altre nazioni alla nostra. Con più breve cammino mostrerò, che gl' Italiani sono distinti scultori appunto, perchè il debbono essere ; e il debbono essere, perchè hanno nella loro scuola un

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