90 95 no. > Più non ti dico, e più non ti rispondo. Gli diritti occhi torse allora in biechi : E il Duca disse a me : Più non si desta Ciascun ritroverà la trista tomba, 30 31 32 Mente, per memoria; Vit. N., § xxxv: Era venuta nella mente mia La gentil donna ecc., e l' Autore spiega: Dico che questa donna era già nella mia memoria. Più non ti dico ecc. Dico, accenna al parlare suo spontaneo; rispondo, a quello provocato dalle interrogazioni del Poeta. Altra anima, per altro motivo, gli dirà (Purg., XIX, 139) : Vattene via, non vo' che più ť' arresti; e altra ancora (ivi, XI, 139) : più non dirò. 91-93. Notati dall' Alfieri. Gli diritti occhi torse allora (detto ciò) in biechi occhi biechi è quanto occhi torti (Inf., XXXIII, 76), in opposizione a occhi diritti; quindi, moralmente, via diritta e via torta (Inf., I, 3; Purg., X, 3); e voler dirittamente (Par., XVII, 105), e opere e parole bieche (Inf., XXV, 31; Par., VI, 136): cf. Inf., 1, 3. Guardommi un poco ecc. Lo Scartazzini < I non travolti occhi fece allora travolti; atto di dolore cagionatogli dal pensiero al dolce mondo, alla sua morente fama in esso ed alla sua presente condizione. Guardommi: questo sguardo doveva aumentare il suo dolore ricordandogli quanto diversa dalla sua fosse la condizione di chi lo ascoltava. > Cadde al par ecc. Ciechi son qui detti i golosi, e cieca la vita degli ignavi (Inf., 111, 4); e guerci della mente dice nel Canto seguente (v. 40) gli avari e i prodighi; e il mondo cieco di passioni e vizi (Purg., XVI, 66); e cieche le passioni (Inf., XII, 49; Par., XXX, 139), ciechi i mali operanti (Purg., XXXVI, 58; cf. ivi, XVI, 66). Qui Ciacco cadde dopo aver chinato la testa, onde cadde bocconi; e così stavan tutti gli altri; il loro dio fu il ventre, nè mai levarono gli occhi al Cielo, e qui son costretti per castigo a tener gli occhi nel fango. Può valere per questi golosi la parola di Adriano V nella Cornice, ove si scontano avarizia e prodigalità (Purg., XIX, 118-120): Sì come l'occhio nostro non s' aderse In alto, fisso alle cose terrene, Così giustizia qui a terra il merse. 94-99. Più non si desta ecc. Più non si desterà, non si rialzerà, prima dell'universale Giudizio, quando al suono delle trombe angeliche tutti i morti risorgeranno per recarsi nella valle di Josaffà (Inf., X, 11). — Di qua dal, prima del; tromba chiamante al Giudicio; in novissima tuba dice S. Paolo, la tromba estrema. Nel Canzon., P. II, canz. VII, st. 5. questa gentil pietra Mi vedrà coricare in poca pietra Per non levarmi se non dopo il tempo, cioè quando del futuro fia chiusa la porta (Inf., X, 108), perchè dopo quel Giudizio è l'eternità. Lor nimica Podesta, Cristo, avversario dei reprobi, con podestà di giudicar tutti. Podesta, come Santa Trinita si dice tuttavia a Firenze, e Santa Felicita in tutta Italia; e soddisfára per soddisfarà (Par., XXI, 93). e piéta per pietà (Inf., I,). Trista tomba, perchè rinchiude la cenere di chi è dannato in eterno. Il Cod. Stuard., in luogo di ritroverà, 100 Ripiglierà sua carne e sua figura, Si trapassammo per sozza mistura Perch' io dissi: Maestro, esti tormenti 33 34 legge rivederà. Ripiglierà ecc.; ognuno riprenderà le primitive spoglie (Inf., XIII, 103); — figura d' un corpo è l' impressione che la sua forma fa nell' occhio. Udirà la gran sentenza (v. 104; Purg.,X, 111); dopo la quale si partiranno i duo collegi, L'uno in eterno ricco, e l' altro inópe (Par., XIX, 110), cioè questi eternamente dannati, quelli beati; e per gli uni e per gli altri il suono della gran sentenza sarà, ne' suoi effetti, eterno. Di bel commento pajono a me queste parole del Segneri (Mann., Ag. 20, 1): < Discedite a me, maledicti, in ignem æternum. Questa sarà una voce che eternamente risonerà sopra gli orecchi de' reprobi, eternamente gli affliggerà, eternamente gli accorerà, senza che essi mai possano divertire da lei la mente; anzi Ï' avranno tutto il giro de' secoli così viva in qualunque stante, come se in quello attualmente la udissero dalla bocca di Cristo giudice...... Sarà voce stabile, voce soda, qual' è la voce divina; e se pur nel suo effetto di mano in mano trascorrerà, trascorrerà senza mai finir di trascorrere, mentre con un moto perpetuo starà ella sempre su la gran ruota dell' eternità, producendo nel cuor de' reprobi l'effetto stesso di prima : vox tonitrui tui in rota. » L' Aquinate, trà altre ragioni della convenienza dal Giudizio universale, reca questa (Summ. Th., 111, 59, 5) : quia anima non est mutabilis nisi per accidens, propter corpus; statim separata a corpore habet statum immutabilem, et accipit suum judicium. Sed corpus remanet mutabilitati subjectum, usque ad finem temporis; et ideo oportet, quod tunc recipiat suum præmium, vel pænam in finali judicio. 100-102. Sì, così parlando, trapassammo, passammo oltre, tagliammo il Cerchio per giungere dove la roccia si scoscende; -per sozza mistura ecc., passando su per l'ombre immerse in quella fanchighia (v. 34); toccando un poco ecc., parlando alquanto della ecc. Toccare per trattare non a fondo un dato soggetto, coll' accusativo, anche Par., XXIV, 143; Vit. N. § VIII; nel Conv., 1, 3: « La ragione perchè ciò incontra mi piace brievemente toccare. > Col genitivo, Inf., VII, 68; XXV, 94; nel Conv. 11, 9 : « Perocchè della immortalità dell' anima è qui toccato, farò una digressione; e la digressione risguarda appunto il trattare appieno di essa immortalità. Il Cesari: « Toccare è bel modo di lingua, per parlar leggermente d' una cosa, assag giarla; credo ch' e' presero cagione di toccar così le cose della vita futura, dall' angelica tromba, ch' a Virgilio venne nominata. » 103-105. Perch' io dissi: non trovo ne' chiosatori avvertita la forza di questo perchè a me pare che qui il Poeta voglia dire, press' a poco, così: lasciato Ciacco, ci mettemmo a recidere il Cerchio per passare al di là sul suo orlo; e, intanto, essendo soli, si cominciò a ragionare sulla vita futura; via via così discorrendo, l' argomento giunse a tal punto, ch' a me, dalle generali venendo a un particolare, parve bello di chiedere a Virgilio ammaestramento sui tormenti de' dannati dopo il Giudizio finale, perchè, onde, per la qual cosa, mosso da ciò, dissi : Maestro, esti tormenti ecc. Esti tormenti ecc. Dante domanda se dopo la risurrezione de' corpi questi tormenti cresceranno, sminuiranno, ovvero resteranno i medesimi. Il Maestro, richiamando l' alunno alla filosofia aristotelica, che su tale argomento è la cristiana, gli risponde che essi cresceranno, perchè l' anima tanto è più disposta a sen- 106-111. Ritorna a tua scienza, rifatti, torna colla mente alla Filosofia 112-115. Noi aggirammo ecc., (cf. Inf., VII, 127; VIII, 79). Dopo il discorso 115 Parlando più assai ch' io non ridico: Quivi trovammo Pluto, il gran nemico. con Ciacco trapassarono (v. 100) il Cerchio, discorrendo della vita futura; quindi, trattando la proposta questione e altre cose, che il Poeta tace (v. 113), camminarono sull' orlo per giungere al punto che metteva nel Cerchio seguente. -Parlando più assai ecc.; della vita futura parlando altre cose, che qui non narro (cf. Inf., IV, 104 e 145; IX, 34). Dove si digrada, si smonta lo scaglione, si discende dal terzo nel quarto Cerchio. Pluto, il gran nemico dell' umanità, e nemico della sua pace e quieto vivere. Pluto, figlio di Demeter e di Jasione, divinità greca, che personifica la ricchezza. Per Dante però è un demonio (cf. Inf., III, 97-99), custode del Cerchio ove è punito il mal dare e il mal tener (v. 58), cioè la prodigalità e l'avarizia, ovvero l' intemperanza nell' uso degli averi, chè nullo spendio fecero con misura (v. 42). Nota le terzine 2 alla 10; 12 alla 15; 25, 31 alla 34. CANTO VII. I Vit. N. 20 5 Pape Satan, pape Satàn, aleppe! Disse per confortarmi : Non ti noccia 1-2. Pape Satan ecc. Le tante e sì differenti spiegazioni, che si diedero e si continua a dare di questo verso, mi persuadono sempre più a rimanermi nell' opinione, ch' espressi altra volta (cf. Diz. Dant., artic. PAPE), che cioè non sia possibile dargli una spiegazione, che possa scansare le troppo facili impugnazioni. Per me credo queste voci non altro che uno studiato composto di vocali e di consonanti, fatto a bella posta per darne indicio della confusione diabolica; e poco monta che una o più di esse possano, un po' modificate, trovar senso in qualche lingua antica o moderna: se Dante avesse voluto farsi capire, chi più atto di lui? e chi può mai credere che il Poeta abbia avuto con questo verso tale intento, se così opposte spiegazioni se ne trassero? Ma i chiosatori, in onta al preciso consiglio anzi comando di Virgilio a Dante non si peritarono d' interpetrare anche le parole di Nembrotte (Inf., XXXI, 67); onde non fa maraviglia che pur qui, ove tale comando non c'è, abbian voluto far le mirabili prove della loro scienza magari ebraica, quasichè Dante sapesse l'ebraico; sì, anche in questi studi e con Dante avviene ciò che in altre discipline e con altri autori; chi nega a Dante sinanco il senso poetico e la scienza della propria lingua, e chi vuol farne un miracolo di ogni sapere, attribuendogli anche scienza di ciò che saper non poteva. Ciò che di vero e di chiaro si può tarre da tal verso si è, che tali voci, non dirò parole, furono da Pluto pronunciate a sfogo di rabbia (v. 9) e crudeli (v. 15) per insinuare spavento a' due viaggiatori, e che Virgilio per tali le intese, onde si ingegna di sgombrare dal cuor di Dante la paura (v. 5), certo tanto maggiore quanto più vedeva nell' enfiata labbia di Pluto i manifesti segni dell' ira e del fiero dispetto, e quanto meno capiva il senso di que' suoni articolati ; nè altro aggiungo, perchè sarebbe tempo perduto, dando ragione al famoso poeta lombardo Carlo Porta, che con fine spirito, mostrando di capir qui Dante meglio di molti dottissimi, tradusse con tal giuoco di voci il giuoco dantesco : Ala belara de scesa cornara. -Voce chioccia, rauca e cupa per disdegno così il Poeta, a descrivere il fondo infernale, il tristo buco, s' augura rime e aspre e chiocce (Inf., XXXII, 1); e a manifestare la condizione del suo spirito travagliato, comincia in tal modo una sua canzone (Canz., P. II, canz. XI) : Così nel mio parlar voglio esser aspro, Com'è negli atti questa bella pietra. 3-6. E quel savio ecc. Virgilio (tutto seppe, cioè quanto ragion vede, Purg., XVIII, 46, cioè umanamente), che comprese appieno lo scopo di quelle misteriose voci, vedendo la paura di Dante, disse: non ti noccia, non lasciarti sopraffare, vincere dallo sgomento, il che sarebbe stato ben grave nocumento alla prosecuzione del viaggio, sviando dall' intento (cf. Purg., V, 16-18); - poder ch' egli abbia, per quanto sia grande il suo potere; il Boc |