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Per la campagna; e parve di costoro

Quegli che vince, e non colui che perde.

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oggidi è chiusa (BELVIGHIERI, Album Dantesco Veronese, pag. 153; cf. Notizie intorno al correre ai Palii in Verona, Verona, 1776, e BAROZZI, nel Dante e il suo secolo, pag. 811). Drappo verde; «hodie est rubeus et viridens; et currunt mulieres, ha il Postill. Cass.

Nota le terzine 3; 5 alla 15; 19, 20; 26 alla 29; 31, 34, 39, 40, 41.

CANTO XVI.

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Già era in loco, ove s' udia il rimbombo
Dell' acqua che cadea nell' altro giro,
Simile a quel che l' arnie fanno rombo;

Quando tre ombre insieme si partiro,
Correndo, d' una torma che passava

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I

1-3. Trascritti dall' Alfieri. Al partire di ser Brunetto i due Poeti, sempre procedendo sul destro argine del Flegetonte, erano già arrivati in luogo, di dove sentivano il rumore di quel fiume, che dall' estremo lembo interno di quel terzo girone si precipitava giù nel Cerchio ottavo. Già, al momento che Brunetto si rivolse. Rimbombo; qui lo sentiva tuttavia indistinto, per la lontananza che ancora separa il Poeta dal punto di dove il Flegetonte cadeva nell' altro Cerchio; ma, ad ogni modo, rimbombo è proprio quel fracasso che fanno i fiumi, quando hanno cascate; perciò più sotto (v. 100), appunto da altro fiume cavando una similitudine per significare questo strepito del Flegetonte, che allora gli era vicino, usa il verbo rimbombare. Ben altro è lo strepito, quasi armonia soave, che a Dante sembra altrove sentire (Par., XX, 19-21):

Udir mi parve un mormorar di fiume,
Che scenda chiaro giù di pietra in pietra,
Mostrando l' ubertà del suo cacume.

Invece impeto e fracasso ne lascia intendere l' altro verso (Par., XII, 99) :
Quasi torrente ch' alta vena preme.

Cadea pel discendere dei fiumi, cadere anche altrove (Inf., XX, 78; Purg., XIV, 49; cf. Par., VI, 51). — Altro giro; l'ottavo cerchio (cf. Inf., X, 4; XXVIII, 50). Arnie; sono propriamente gli alveari, le cassette in che stanno le api; per sineddoche, il contenente pel contenuto. Rombo; è come rimbombo, voce onomatopeica, e significa quel ronzio, quel rumore confuso che fanno le api nei loro alveari : se dunque il rumore della cascata del Flegetonte era tuttavia confuso, e così temperato da rassomigliarlo al ronzio degli alveari, segno è che i Poeti erano ancora di quella cascata a distanza non breve, tanto più ove si consideri che fatta di fracasso produrrà quella cascata quando Dante le sarà dappresso (cf. v. 105). Dunque di dove ero, s' udiva il rimbombo dell' acqua che si precipitava nel Cerchio seguente, si rompeva giù basso ne' sassi di Malebolge, con suono simile a quel rombo, che fanno gli alveari.

:

4-6. Li notò l' Alfieri. Si partiro: tre anime d' una schiera di peccatori, che camminava sotto la pioggia di fiamme, si staccarono a tutta corsa dai compagni. Dunque questa torma non veniva rasente la sponda del Flegetonte, sibbene era nell' aperta campagna; è chiaro; una torma non doveva mescolarsi con altra, ond' ognuna doveva avere come il proprio terreno da percorrere. Torma, schiera, masnada (cf. Inf., XV, 16). Nella schiera precedente erano ecclesiastici e scienziati; in questa, uomini che al mondo esercitarono pubblici uffici civili o militari; però, come i precedenti, lerci d' un medesimo peccato. In questa divisione per torme c'è chi vuol vedere non la differente qualità de' peccatori, secondo la differente condizione ch' ebbero nel mondo, ma la differenza della qualità della colpa. Pier di Dante : Auctor, viso in hac sua speculatione de vitiosis contra naturam per coitum cum masculis

IO

Sotto la pioggia dell' aspro martiro.
Venian vêr noi; e ciascuna gridava :
Sostati tu, che all' abito ne sembri
Essere alcun di nostra terra prava.

Aimè, che piaghe vidi ne' lor membri,
Recenti e vecchie, dalle fiamme incese!
Ancor men duol, pur ch' io me ne rimembri.
Alle lor grida il mio Dottor s' attese;
Volse il viso vêr me, e, Ora aspetta,

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(ch'è la masnada di Brunetto), nunc descendit speculative ad alios peccantes contra naturam (che è la torma presente), agendo cum bestiis vel cum mulieribus et uxoribus suis alio modo quam natura disposuerit. Però bene osserva lo Scartazzini, che nelle parole di Dante è ben difficile scoprirvi un qualche indicio, ch' egli abbia divisi i Sodomiti in diverse schiere secondo la qualità del loro peccato; ma tutto lascia credere che il Poeta abbia inteso di dividere questi peccatori secondo la professione ch' essi esercitarono al mondo. Sotto la pioggia ecc., sotto le fiamme cadenti, che aspramente li tormentavano, che producevano in loro un fiero martirio.

7-9. Notati dall' Alfieri. Venian vêr noi, ci venivano incontro; dunque anche questa torma, come la schiera di Brunetto (cf. Inf., XV, 16-17), veniva di verso il precipizio, in che si gittava il Flegetonte, facendo via contraria a quella de' Poeti. Sostati tu, fermati. — All' abito, alla foggia del vestire, alla taglia dell' abito (Inf., XXIII, 62); essere alcun di nostra terra : dai loro nomi illustri Dante saprà in appresso ch' erano Fiorentini : perciò si scorge che i Fiorentini avevano a quel tempo una maniera di vestire, che si differenziava da quella di altri paesi della stessa Toscana; questo vestito civile degli antichi Fiorentini dicesi si distinguesse per il lucco ed il capuccio. Il Bianchi: « Il lucco era una veste senza pieghe, che serrava alla vita. Dante soleva portare in capo una berretta, da cui scendevano due bende, che chiamavansi il focale. » Il Boccaccio : « Quasi ogni città aveva un suo singolar modo di vestire, distinto e variato da quello delle circonvicine; perciocchè ancora non eravamo divenuti inglesi ne tedeschi, come oggi agli abiti siamo. » E ciò de' suoi tempi, e del solo vestito! Del farsi il Poeta conoscere per Fiorentino, cf. Inf., X, 25-27. Terra prava, Firenze città cattiva, nel senso generico di pravità a mal fare, come parla di Firenze e di tutta la Toscana nel Purg., XIV, 30-42, e altrove. Terra prava era, secondo il Poeta, anche tutta l' Italia (Par., IX, 25), nel senso di disordinata, in genere, quale ce la descrive precisamente nell' episodio di Sordello: in questo senso adunque, e non in quello di vizio sodomitico, s' ha qui da intendere questa espressione.

10-12. L' Alfieri li ricopiò. Che piaghe vidi nelle membra di que' peccatori. Piaghe, cotture, spiega il Boccaccio, come hanno quelli che con le tenaglie roventi sono attanagliati. Recenti, aperte di fresco; vecchie, in addietro; quindi bruciature e vecchie e nuove, piaghe prodotte dal fuoco.-Dalle fiamme incese; è evidente che incese (dal verbo incendere, Inf., XXII, 18; XXVI, 48) è da riferirsi a piaghe; che senso sen può trarre riferendolo a fiamme, come pare a qualcuno? - Pur ch' io me ne rimembri, qualvolta me ne ricordo, ogni volta che ci ripenso (cf. Inf., 1, 6; xiv, 78; XXII, 31).

13-18. L' Alfieri notò 13, 16, 17, 18. S' attese; attendersi ad una cosa, non è solo il fermarsi, ma rivolgere l'attenzione ad essa (cf. Par., XIII, 29; XV, 31); dunque si fermò, osservando.-Volse ora aspetta; altrove (Inf., XXIII,80): Onde il duca si volse, e disse: Aspetta.

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Disse; a costor si vuole esser cortese :
E se non fosse il fuoco che saetta
La natura del luogo, io dicerei

Che meglio stesse a te, che a lor, la fretta.
Ricominciâr, come noi ristemmo, ei
L'antico verso; e quando a noi fûr giunti,
Fenno una ruota di sè tutti e trei.

Qual sogliono i campion far nudi ed unti,

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Si vuole, si conviene, è mestieri (cf. Purg., XIII, 18; xxIII, 6; Par., XVI, 101; XX, 33). Cortese, aspettandoli, perchè erano stati uomini ai quali si conveniva di fare onore (Vit. N., § xxxv) : cf. vv. 49-50 e 57. A questi costumi gentili, osserva il Giuliani, il Poeta s'era informato, e vi si teneva molto obbediente. E se non fosse ecc. Il Cesari: «magnifico lume di questa terzina è quel saetta; che importa il ferir che faceano le fiamme que' miseri, non pur di sopra cadendo, ma e riverberando l' ardore dal suolo affocato, e da tutti i lati d' intorno.» Il soggetto della propos. che saetta la natura ecc., è natura; «saetta, intende il Lombardi, per esige che saetti; che vi caschi sopra. Nella Vit. N., (§ xx111), di donne accorate dice :

Qual lagrimando, e qual traendo guai,

Che di tristizia saettavan foco.

Dicerei, direi (come dicerò, Inf., III, 45). —— Stesse, si convenisse. fretta, perchè le tre ombre correvano verso Dante (v. 5).

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19-21. Notati dall' Alfieri. Come noi ristemmo, non appena ci fermammo. Ristare, assol. (cf. Inf., XII, 58; Purg., XXIV, 96; XXXIII, 15); col si (cf. Inf., XVIII, 41; XXV, 38). I Poeti si fermano qui sino al v. 90. - Ei; senza necessità e con poca chiarezza alcuni chiosatori intendono quest' ei non per eglino, ma per interjezione di dolore per ahimè (il Cod. Cass. legge hey); e che questo sia appunto l' antico verso, che un poco intermisero per pregar Dante di fermarsi (vv. 8-9). Ricominciår.... l'antico verso, i loro lamenti consueti. Fenno una ruota ecc.; fecero una ruota, si strinsero in cerchio, tutti e trei, tutti e tre insieme, concordi; - trei, tre (come de per è, e mee per me, Inf., XXIV, 90 e XXVI, 15). Sappiamo che ai dannati di questa parte del girone è divietato di fermarsi anche un solo istante (cf. Inf., XV, 37-39); ora i Poeti essendosi fermati, e i tre nol potendo, non restava loro altro mezzo che quello di girar sovra sè stessi facendo insieme un cerchio, e movendosi in giro, più che potevano rivolgendo indietro il viso per vedere il Poeta e parlare con lui; e così faranno sino al v. 85.

22-27. L' Alfieri trascrisse la seconda terzina. Sui tre primi versi, o meglio sulla lezione soleano invece di sogliono (suolen legge la Nidob., che alcuni, come il Lombardi, intendono per sogliono, ma ben potrebbe esser solèn per solcano), che non è in correlazione di tempo col sien del terzo verso, disputano i chiosatori e i critici: col soleano Dante accennerebbe agli antichi ludi atletici de' Greci e Romani (cf. Mon., II, 9 e 10); ma vi contravviene il sien,che manifesta un' azione presente; col sogliono si accorda il sien, e il Poeta intenderebbe de' giuochi atletici o meglio de' duelli del suo tempo; ma l' Ottimo chiosò: <nota, che dice solevano, perocchè in Italia, e in molte parti l'uso de' campioni è ito via, e la Chiesa il divieta; ma ancora s' usa in Francia. › All' uso, allora vigente in Francia, potrebbe richiamarsi. Però i vecchi chiosatori e molti valentissimi dappoi non fecero caso della dissomiglianza di tempo ne' due verbi, e intesero degli atleti antichi. Il Bargigi : « Una similitudine adduce l' Autore di alcuni giuochi, che anticamente si solevano fare, e massimamente in Grecia a' piedi del monte Olimpo, nei quali solevano

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uomini nudi ed unti provare lor forza insieme battendosi, e percotendosi l' un l'altro. Indi era, che concorrendo essi al giuoco, e volendo ciascuno con loro vantaggio afferrare il compagno, facevano una ruota di sè, e prima che si afferrassero correvano alquanto intorno per avvisare la preda. » Del presente sogliono, in funzione dell' imperfetto solcano, altro esempio occorre in questo medesimo Canto (v. 68). Avvisando ecc.; tenendo gli occhi sull' avversario per ben cogliere il momento opportuno di afferrarlo con proprio vantaggio. Prima di attaccarsi e percuotersi. Così, com'è detto de' campion, atleti e duellanti. Rotando volgendosi a modo di cerchio, in giro. E andare a ruota (Par., XIV, 20), e volgersi a ruota, nel medesimo senso (ivi, XXV, 107). Visaggio, il viso; avverte il Tommaseo che tal voce vive ancora in Toscana. Si che in contrario il collo ecc.; tenevano gli occhi rivolti a Dante, per modo che il collo si volgeva del continuo nella direzione opposta a quella de' piedi; dunque volontario l'atto del guardare, ma sforzato quello del correre; nel Conv., 1, 8 : « Atto libero è quando una persona va volentieri ad alcuna parte, che si mostra tenere volto lo viso in quella atto sforzato è, quando contro a voglia si va, che si mostra in non guardare nella parte dove si va. »

28-33. L' Alfieri notò la seconda terzina. E, se miseria ecc. (cf. Inf., XXX, 61, nel commento). Chi parla anche in nome degli altri due, è Iacopo Rusticucci (v. 44); e vuol dire se la miserabile condizione di questo luogo sabbioso, o meglio se la miseria della colpa, che in questo sabbione si sconta, e il nostro aspetto abbrustolito rende a te spregevoli noi e le nostre preghiere ecc. Sollo; essendo il girone uno spazzo di rena, era cedevole, non era solido. Altrove il Poeta usò tal voce figuratamente (Purg., XXVII, 40):

Così la mia durezza fatta solla.

-Rende in dispetto ecc., ci fa reputar degni di disprezzo, ci rende spregevoli.Tinto (altri tristo) aspetto, tinto dalle fiamme, abbrustolito. Brollo, dipelato (v. 35), denudato della pelle, scorticato per le piaghe recenti e vecchie (v. 11). II Buti: «perchè siamo arsicciati e ignudi.» Nell' Inf., XXXIV, 5860, del dipelare che fa Lucifero di Giuda :

il mordere era nulla

Verso il graffiar, chè talvolta la schiena
Rimanea della pelle tutta brulla.

La fama, la nominanza che di noi suona ancor su nel mondo (Inf., IV, 76-77). I vivi piedi.... per lo inferno freghi, che stropicci i piedi ancor vivo, che ancor vivo cammini per l'inferno. Così sicuro, senza timore di sorta d'essere offeso dalle fiamme (cf. Inf., xx11, 81). Si raffronti altra consimile preghiera d'altro

Pieghi, inclini, faccia inchinevole l'animo tuo.

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