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Mon. III, 3;
Ep. XII.

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Inf. XVIII,

5

ΙΟ

Per oro e per argento adulterate;
Or convien che per voi suoni la tromba,
Perocchè nella terza bolgia state.

Già eravamo alla seguente tomba
Montati, dello scoglio in quella parte,
Ch' appunto sovra il mezzo fosso piomba.

O somma Sapienza, quant' è l' arte

Che mostri in Cielo, in terra e nel mal mondo,

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della Religione indebitamente, è un vero ratto, e in sè e rispetto ad altri, che, degni, avrebbero diritto di quelle. La voce rammenta il Par., XXVII, 55. Ma qui forse, oltrechè al modo della collazione del beneficio ecclesiastico a persona non degna e in modo non degno, il Poeta pensava all'uso di esso; onde il rapaci si collega all' adulterate, che segue; S. Bernardo : facultates ecclesiarum patrimonia sunt pauperum, et sacrilega mente eis surripitur quidquid sibi ministri et dispensatores ultra victum et vestitum suscipiunt (cf. Par., XII, 93; XXII, 82). · Per oro e per argento (cf. v. 112) adulterate; adulterate e fate adulterare, ricevendo e dando illegittimamente; e fa anche ripensare al Gigante e alla donna sciolta del Purg., XXXII, 148 e segg. Bontà e virtù sono il vero marito delle cose di Dio, mentre la simonia le marita al danaro. Di questi adulteri o simoniaci con ischiettezza di credere e con zelo, non con ira maligna e quasi esultante dell' errore altrui, scriveva (Epist., VIII, 4) : « Vobis ignem de Cœlo missum despicientibus, ubi nunc aræ ab alieno calescunt: vobis, columbas in templis vendentibus, ubi, quæ prætio mensurari non possunt, in detrimentum hæc ad commutandum venalia facta sunt. E di tali nella Mon., III, 3 : « Hi sunt impietatis filii, qui matrem prostituunt. » Il Tommaseo allega dalla Somma dell' Aquinate queste parole: Simoniacus procurat quod Ecclesia, quæ est sponsa Christi, de aliis gravida sit, quam de sponso. Suoni la tromba; non la tromba epica, come fu inteso, chè Dante si propose non di scrivere un' epopea, sibbene una commedia; ma sonar la tromba altro non indica che narrare, far versi, precisamente come nel primo verso del Canto seguente; e qui si potrebbe anco intendere proclamar alto, strombazzare.

:

7-9. Tomba. Il Buti spiega tomba per sommità ed altezza; il basso latino usava tumba per tumulo, monticello; e il Parenti spiega prominenza; dunque il Poeta intenderebbe il ponte scoglioso, che a guisa di cumulo o tomba si elevava dalle pareti laterali della bolgia, e non già la bolgia stessa, come sepolcro de' simoniaci; e così è che alcuni leggono alla seguente tomba Montati dello scoglio, e non alla seguente tomba Montati, dello scoglio ecc. - - Scoglio, ponte. Sovra ecc., piombava, sovrastava a piombo, a perpendicolo il giusto mezzo della bolgia, giacchè, come osserva Benvenuto, il mezzo della bolgia è il mezzo del ponte; il Lamennais surplombe exactement le milieu de la fosse.

10-12. Sempre grande l' anima del nostro Poeta, perchè pregna di gran fede e perciò attissima agli alti voli. All' aspetto di quella orribile pena Dante pensa alla sapienza di Dio; e come sulla porta dell' Inferno egli insieme alla potestà e alla sapienza vide l' amore (Inf., III, 5-6), così qui sapienza e giustizia sono congiunte, e da esse due spira in ogni opera l' amore, quando il nostr' occhio vi badi attentamente. E se i Cieli, secondo i Salmi (Psal. XVIII, 1), narrano la gloria di Dio, anche l' Inferno la narra nel suo linguaggio, come tutto il rimanente universo con linguaggio proprio, secondo l'ordine delle differenti creature, opera di sapienza e d'amore (Par., 1, 1-3). — Arte, il provvedimento, l' accorgimento che Dio mostra nel

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governare il cielo, la terra, l' inferno. Mostri; dunque quest' arte la possono scorgere gli uomini col loro intelletto. - Giusto, enallage, giustamente. Comparte, distribuisce i premi e le pene in giusta misura alla virtù ed alla colpa.

13-15. L'aspetto della bolgia è come una valle tutta seminata di fori o buchi circolari, tutti d' una medesima larghezza, e in ogni foro giaceva un peccatore colla testa in giù, sporgendo dal foro le gambe fino al polpaccio. Le parole d' una sant' anima ci fanno egregiamente capire la convenienza di questa pena. Adriano V, che il Poeta trova nel Purgatorio a scontare il peccato dell' avarizia tra i legati a terra cogli occhi in giù, all' interrogazione di Dante risponde (Purg., XIX, 118-120):

Si come l'occhio nostro non s'aderse
In alto, fisso alle cose terrene,

Così giustizia qui a terra il merse.

Con altra parola ma in egual senso sentiremo parlare qui appresso (vv. 71-72) Niccolò III. Non vollero vedere che terra, e nella terra il loro occhio è fitto; non mai in su, dunque in giù anche qui; sordi sempre alle chiamate del Cielo, e ora il Cielo li batte (Purg., XIV, 148-151) sordo alle lor pene cf. vv. 22-24. Le Chiose (ed. Selmi) : « E nota, lettore, che come il frodolente che compera e vende le cose di Dio, le quali sono le più alte e le migliori di tutte le altre, ha pecunia e ha delizie terrene, che sono le più basse, così l'autore fa punire tal colpa col capo di giù e co' piedi di su, per quello medesimo modo che peccò.>> Coste, le ripe della bolgia, che erano a scarpa, repenti sì, ma possibili a discendere (cf. v. 35; Inf., XXIII, 43-45). pietra; e fondo e coste eran tutti di pietra (Inf., XVIII, 2). --- Livida, di color ferrigno (Inf., XVIII, 2). D'un largo, della medesima larghezza.

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La

Nel mio bel

16-18. Non.... meno ampi, nè maggiori, perfettamente eguali. S. Giovanni, nella chiesa al Battista dedicata (cf. Inf., XIII, 143 e segg., nel commento), dove c'era l'antico battistero, nel quale fu battezzato Cacciaguida (Par., XV, 134) e Dante stesso (Par., XXV, 8-9). Fatti per luogo de battezzatori. La frase rammenta quella del Par., 1, 56-57; ma il passo diventa difficilissimo a intendersi, per ciò che verrò esponendo. S' ha da intendere battezzatori da battezzatore, sacerdote che battezza; ovvero da battezzatorio (battezzatorii), luoghi ove si battezza, ossia battisteri? Non v' ha dubbio che quasi tutti gli antichi intendono sacerdoti battezzanti; onde il senso è fatti per commodo o riparo de' battezzanti; dacchè allora non battezzandosi che il Sabato santo e la vigilia di Pentecoste, tanta era la folla, che i sacerdoti battezzanti sarebbero stati mal sicuri senza rinchiudersi sino a mezza vita in una specie di pozzetti, che erano attorno alla gran vasca del fonte battesimale. Cessato l'uso di battezzare solennemente in quelle due epoche dell'anno, il Battistero di Firenze fu demolito del 1576; tuttavia, lasciandoci il Buti capire che nella sua forma il battistero di Pisa non differiva da quello di Firenze, la pianta di quello parrebbe bastevole a farci conoscer questo, e a spiegare il Poeta (però sentiremo più sotto, che il Gelli, testimonio de visu,

dice che la fonte di S. Giovanni era in quadro) : la pianta del battistero di Pisa è la seguente:

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Dagli altri antichi si scosta l' Ottimo, che spiega battezzatorii (onde a torto il Blanc afferma che è stato primo il Dionisi a proporre una tale spiegazione); e il Dionisi propugnò questa opinione; il Giuliani, nel margine del testo da lui postillato, ha scritto: battisteri. Infatti, ciò che sembra convalidare tale opinione, si è l'osservare che se que' fori del Battistero di S. Giovanni eran fatti pe' sacerdoti battezzanti, mal si comprende come un fanciullo vi potesse annegare (v. 20). Ma il Bianchi osserva innanzi tutto che la frase fatti per luogo prepara all' idea d' una cosa o persona da contenersi in esso luogo; e invece la parola battezzatorio significa anch' essa un luogo, dove si fa il battesimo; sicchè l' espressione fatti per luogo de battezzatori equivarrebbe a questa: fatti per luogo di luoghi da battezzare. Di più; seguendo l'opinione quasi concorde degli antichi commentatori (sentiremo poi la difficoltà che fa il Gelli), che i preti nella solenne amministrazione del battesimo entrassero in quei pozzi, profondi un braccio e mezzo circa, per essere più comodi a tuffare i bambini nella gran vasca, e non essere dalla calca del popolo oppressati, non si viene a negare la possibilità che nel rimanente dell' anno in questi pozzetti fosse acqua, ossia che veramente, come alcuni dicono, vi si amministrasse il battesimo ai bambini fuori dei tempi solenni, o vi si tenesse per gli altri usi della chiesa. Dice il Landino, che il fanciullo (alcuni chiosatori lo dicon figliuolo di Baldinuccio de' Cavicciuli) cadde in un de pozzi doppio (cf. vv. 19-21, nel commento), cioè colle gambe rivolte alla

COMMENTO. 26.

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L'un degli quali, ancor non è molt' anni,
Rupp' io per un che dentro v' annegava :

vita; onde il Blanc (il senso però sembra alquanto tirato) intende annegare in senso di soffocarsi per la ristrettezza. Il Buti annegava intende spasimava, ma anche ammette la possibilità che vi fosse acqua. Ad ogni modo, a intendere battezzanti in cambio di battisteri, può avere non poco valore l' osservazione della maggior relazione, che c'è tra battezzanti in que' fori coi dannati in quegli altri, che non tra questi e i battisteri; ma quisquis abundat in sensu suo (cf. Diz. Dant., artic. BATTEZZATORE e FORO). Però sentiamo anche l'autorevole parola del Gelli, che conobbe il battistero di S. Giovanni nell'antica sua forma; scrive: «E dice (il Poeta) incominciandosi da la qualità del luogo, che il fondo e le coste, cioè gli argini di detta fossa la quale era di pietra livida, erano tutti pieni di fori, cioè di buche, tutte d'una larghezza medesima, e così ancor d'una medesima figura, perciò che tutte eran tonde. E fino a qui questo testo è facilissimo; ma quel che seguita confesso io bene di non intendere. Perciò che in S. Giovanni sono, intorno a la fonte grande del mezzo, quattro tondi che hanno di diametro circa a un braccio, e sono affondi circa a braccia uno e un quarto, e hanno il fondo ovato; i quali pare che sieno fatti più tosto per ornamento, che per altro. E stando così, non ci sarebbe difficultà alcuna; perchè s' intende che i fori e le buche, delle quali è piena questa terza bolgia, fussero simili a quegli che noi abbiamo detto. Ma la difficultà sta nelle cose ch' ei dice ora; e prima, ch' ei fussero fatti per luogo de battezzatori. Ove gli espositori, e particularmente il figliuolo di Dante, lo Imolese e il Landino, dicono, ch' essendo in quei tempi un costume in Firenze d'indugiare a battezzare i bambini, che nasce-. vano infra anno, a la settimana in albis, era tanto il numero dei bambini e di quegli che gli tenevano a battesimo, ch' eglino avevano fatto queste buche ne' canti della fonte, perchè ei vi stessino dentro i battazzieri, acciò che il popolo non gl' impedissi; che tutto starebbe bene, ma le buche non son capaci, e massime per la lunghezza, ch' ei vi stessi un bambino, non che un uomo. Nè manco son capaci ch' ei ne possa affogare uno, come dice il Poeta .... Bisogna dire ch'elle stessero in altra maniera, ch' elle ron stanno oggi, prima; perchè nel modo come elle stanno oggi non è possibile che uno vi affogassi, perchè non vi entrerebbe mezzo; ed entrandovi, sarebbe facil cosa il cavarnelo senza avere a romperla, come ci dice che fece. La qual cosa sarebbe stata ancor difficilissima a fare, se elle fossero state come elle sono oggi, che son nel sodo del quadro della fonte ch'è racchiusa, di maniera ch' elle non si romperebbono mai, se non con martelli o pali o altri strumenti simili, e con molto tempo; sì che vedete come gli era possibile fare uno cosa simile in S. Giovanni e di giorno, ch' ei non vi fussi concorso non piccol numero di popolo. E per tale cagione io confesso di non intendere tal cosa, nè manco intendere il Landino, che mostra d' intenderla egli, dicendo che colui che v' annegava vi cadde drento ripiegato. >

19-21. Il fatto, che il Poeta qui tocca, è minutamente narrato da Benvenuto. Giocarellando molti fanciulli intorno al Battistero, ut est de more. dice l'interprete, accadde che scorazzando qua e là, unus eorum furiosior aliis intravit unum istorum foraminum, et ita et taliter implicavit et invol vit membra sua, quod nulla arte, nullo ingenio poterat inde retrahi. L' esposizione del modo della caduta conviene con quella, che udimmo testè dal Landino (cf. vv. 16-18), cioè che il bambino cadde doppio in quel pozzetto, cioè colle gambe rivolte alla vita o, come scrive il Commento Anonimo pubblicato da Lord Vernon, vi si sconvolse. I circostanti gridando e chiamando aiuto, sopravvenne Dante, qui tunc erat de prioribus regentibus (dunque Benvenuto pone il fatto tra il 15 Giugno e il 15 Agosto del 1300); e Dante,

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E questo fia suggel ch' ogni uomo sganni.
Fuor dalla bocca a ciascun soperchiava
D'un peccator li piedi, e delle gambe
Infino al grosso, e l' altro dentro stava.

Le piante erano a tutti accese intrambe;

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non vedendo altro modo da salvare il fanciullo, con un' ascia percussit lapidem, qui de marmore erat, et faciliter fregit; ex quo puer quasi reviviscens a mortuis liber evasit. Tutte cose chiare, se fosse altrettanto chiaro come conciliare che sul fine del Marzo del 1300 (tempo della Visione) il Poeta accenna avvenuto ancor non è molt anni, mentre pel chiosatore avvenne l'estate seguente: potrebbe esser vero il fatto, ammesso da tutti, vere anche le circostanze sostanzialmente confermate dal Commento Anonimo del Vernon, e sbagliato il tempo; ma, d' altra parte, come si vincono le difficoltà, come sentimmo, opposte dal Gelli? Ad ogni modo, da tale dichiarazione, che l'Autore è sollecito di fare del suo vero intento nel rompere quel pozzetto, si fa palese che qualcuno lo avrà accusato di irriverenza al luogo sacro, e forse d'empietà. Dante ha scritto nel Convito (1, 2), che non si concede per li rettorici, alcuno di sè medesimo senza necessaria cagione parlare. Appresso però dichiara che per necessarie cagioni lo parlare di sè è conceduto; e le cagioni possono esser due; l' una è quando per ragionare di sè, grandissima utilità ne segue altrui per via di dottrina; e questa ragione mosse Agostino nelle Confessioni a parlare di sè (e questa ragione, ben potrebbe dirsi, mosse Dante a scrivere la Commedia). L'altra è quando, senza ragionare di sè, grande infamia e pericolo non si può cessare; e questa necessità mosse Boezio di sè medesimo a parlare nel libro della Consolazione. Dunque Dante, tanto ritroso a pur dire il suo nome (cf. Inf., XVI, 52-63; Purg., XIV, 20), da fare perfin le scuse se una volta è costretto a pronunciarlo, affine di essere veridico relatore di parole altrui (Purg., XXX, 55-63), Dante dovette aver qui avuto gravissimo motivo a parlare di sè, pur contra al precetto del suo maestro Aristotele come rilevò il Borghini; e questo motivo non potè dunque essere altro che quello di cessare grande infamia. Non è molt anni; forma viva in Toscana: il Pucci, coevo del Sacchetti, in una sua sirventese :

tiranni

Che consumati ci han già è più anni.

Suggel, prova autentica, testimonianza verace, perchè il suggello distingue il vero dal falso testimonio. Sganni, tolga d' inganno, disinganni, ch' io abbia rotto quel pozzetto per altro fine.

22-24. Notati dall' Alfieri. Fuor della bocca ecc. In ciascun foro si vedevano uscir fuori dall' imboccatura i piedi d' un dannato capovolto; le fiamme che bruciavano le piante, facevano pel dolore contorcere que' disperati, così, che avrebbero rotto ogni forte legame. Bocca, l'apertura, l' imboccatura del foro. Soperchiava, soperchiavano, sporgevan fuori, sillessi frequente ne' classici. Il Cesari: Talora gli scrittori, eziandio di prosa, adoprano i verbi ad uso d' impersonali; e così qui scusa un dire: e soperchiava; che? i piedi.» Grosso, le polpe, il polpaccio delle gambe. - L'altro, il resto del corpo (cf. Inf., XXII, 27). II Postillatore del Cod. Caetani (che da alcuni si crede Marsilio Ficino), annota: «Per pena hanno la mente confitta in terra e le gambe in alto, quasi scalciando a Dio, come dicessero lo disprezzo in tutto le cose celesti, e quelle della terra voglio possedere. » Cf. vv. 13-15. 25-27. Le piante de' piedi. Accese dalle fiamme. —- Intrambe, entrambe, tutte e due (cf. Par., VII, 148). — Perchè, a causa del bruciore.

Guiz

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