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sicut vidi in una vetula; sed numquam facit quod homo in totum respiciat post tergum.>

19-24. L' Alfieri notò dalle parole or pensa in poi. Se, deprecativo; così, per quanto auguro che ecc.—. Prender frutto, cavar profitto, divenir migliore dalla lettura del mio Poema. Qui ricorre all' intento formale, ch' egli s' era ben prefisso nel comporlo, che era retrahere viventes in hac vita de statu miseria, et perducere ad statum felicitatis (Epist., X, §. XV), cioè dal male al bene, dal peccato alla grazia. Or pensa ecc., pensa di per te, nel tuo dentro; altrove (Inf., XXXIV, 26) :

Pensa oramai per te, s' hai fior d' ingegno. -Tener lo viso asciutto, com' io potessi stare senza lagrime e sospiri (Purg., XXX, 91; cf. ivi, 20), al vedere l' immagine umana figurata in quelle ombre (Purg., XXV, 107), così travolta. Il Petrarca : Forse non avrai sempre il viso asciutto. Anche altrove il vedere sì torta, così consunta e disfatta, la faccia di Forese, gli dà di pianger doglia (Purg., XXIII, 55-57); ma quivi Virgilio non gli muove rimprovero. Nostra immagine, l' umana figura, nostra labbia (Inf., XXV, 21). Da presso, quando que' dannati, prima lontani, in forma di processione s'accostarono al ponte dov' io era, e l'occhio mio li potè distinguere. - Si torta, così travolta (cf. vv. 11-13). Il pianto per lo fesso; il Buti : « Finge che le lagrime, che cadeano dal volto in sulle concavità delle spalle, entrassono nel canale delle reni, e così andassero giù tra il fesso delle natiche. >

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25-27. L' Alfieri notò il primo colla metà del secondo. - Certo io piangea, a quella strana veduta; nel Conv., II, II: «È da notare che, siccome dice Boezio nella sua Consolazione, ogni subito mutamento di cose non avviene senza alcuno discorrimento d'animo. » Poggiate, appoggiato (cf. Inf., XXIX, 73; Purg., XXVII, 81). Rocchi (cf. Inf., XXVI, 17), rocchio, chiosa il Buti, tanto è a dire quanto pezzo informe di legno o di sasso. Qui vale un masso sporgente da quello scoglio, sul quale stava guardando giù nella bolgia. Rocchio, e il suo derivato ronchione, quasi rocchione (Inf., XXIV, 28; XXVI, 44), vengono da roccia. Ronco, in alcuni paesi del Veneto, indica luogo deserto, irto di massi, e dove non v' ha che radi cespugli; molti luoghi, per nome proprio, son detti i Ronchi. Duro scoglio (cf. Inf., XV, I nel commento; XXI, 43; XXIII, 43). La mia Scorta, Virgilio. Sciocchi, Virgilio non biasimò la pietà di Dante sui dolori di Francesca, e nemmen per l' affanno di Ciacco, e di Pier delle Vigne; si compiacque delle fiere parole all' Argenti, e a Niccolò III; e qui lo riprende del sentir pietà degli indovini (cf. Inf., VIII, 58-60, nel commento).

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28-30. Notati dell' Alfieri. Qui vive la pietà ecc. Pietà è qui preso in doppio senso; cioè, qui vive la pietà (la religione, il pio sentimento verso la Divinità), quando la pietà (la compassione) è del tutto spenta. Nel Convito

CANTO XX.

Di nuova pena mi convien far versi,

E dar materia al ventesimo canto

Il vallone, presentatosi or ora agli occhi del Poeta, comprende la quarta bolgia, dove son puniti gli indovini, o stregoni, che divengono come termine di separazione tra i simoniaci, cattivi ecclesiastici, venditori di cose sacre o degli impieghi di chiesa, e i barattieri, cattivi cittadini, venditori delle cariche civili. Il Poeta, avverte il Tommaseo, mette gli indovini più sotto de' simoniaci, perchè qui la frode fatta al verò è più grave; il simoniaco vende le cose di Dio; l'indovino s'arroga un attributo di Dio. Segue il Tommaseo : La quarta bolgia ha molti dannati antichissimi, ed è piena di mitologica erudizione; che a raccoglierne tanta in quel tempo bisognavano studi non volgari; e ad esporla così chiaramente, rara fermezza d' ingegno e di stile. I maghi e indovini, nota Isidoro (Etym., VIII), sono detti divini, quasi pieni di Dio; perchè, simulandosi pieni della divinità, con certa astuzia di frodolenza congetturano agli uomini l'avvenire. Agostino confessa, che anche egli in gioventù interrogava i planetarii, con antico nome di matematici (Confess., IV); la quale superstizione, comune al suo tempo, è dalle Decretali gastigata con cinque anni di penitenza, egli attesta insieme e condanna, scrivendo : A superstizione appartengono le macchinazioni delle arti magiche, e le legature, e que rimedi che la scienza stessa de medici riprova ossia in preghiere, ossia in deprecazioni, o in certe note che chiaman caratteri, o in cose qualsivogliano da tenere appese o legate (De Doctr. Crist., II.) E altrove attesta, le divinazioni farsi per varii generi di pietre, di erbe, di legni, d' animali, di carmi, di riti (De Civ. Dei, XXI); riprova Porfirio, al quale pareva che con erbe e pietre e animali e suoni e voci e figure, e coll osservazione di certi moti nella conversione degli astri, si possano effetti straordinari ottenere (De Civ. Dei, X). — San Tommaso (Somm., II II, 96): Le imagini astronomiche differiscono dalle negromantiche in ciò, che nelle negromantiche fannosi espresse invocazioni agli spiriti, e certi prestigi; ma nelle altre imagini è un patto con essi spiriti quasi tacito per segni di figura

o caratteri.

1-3. L' Alfieri notò il primo. Nuova pena, differente da quelle sinora vedute; nell' Inf., VII, 20, nuove travaglie e pene; e il verso ha qui l'intonazione dell' altro (Inf., XIX, 5) :

Or convien che per voi suoni tromba.

Far versi, narrare poeticamente, mettere in versi nuovi tormenti (cf. Purg., XXIX, 42). Dar materia, colla narrazione di questa nuova pena somministrare argomento ecc. Materia, per soggetto, argomento; nella Vit. N., §. XIII (vel son.):

Ond' io non so da qual (pensiero) materia prenda. E ivi, sul fine : « Volendo dire d' Amore, non so da qual parte pigliare materia. E ivi, §. XXII: « Presi_ materia di dire. » Cf. Purg., IX, 71; XII, 87; Par., 1, 12 e 27 e altrove. - Canto, una delle cento parti, nelle quali è diviso il sacro Poema; così Dante anche altrove (cf. Par.,V,16 e 139). Questo adunque è il nome voluto dall' autore stesso; e se l'Ottimo, e Pietro, ed altri de' vecchi chiosatori usarono capitolo, ben fecero il Boccaccio e il Buti a tornare in uso questo nome, e da indi in qua divenne d' uso comune. -- Pri

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ma Canzon (cf. Vulg., El., 11, 3), la prima delle tre Cantiche ond' è distinta la Commedia. Nella Vulg. El., 11, 8, Dante ragiona de' due modi, onde si può considerare la Canzone; il primo modo fa proprio al caso nostro : « Cantio dupliciter accipi potest; uno modo secundum quod fabricatur ab auctore suo, et sic est actio; et secundum istum modum Virgilius primo Eneidos dicit:

Arma virumque cano.»

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Intesa pertanto la voce canzone in questo senso, l'Autore denomina canzoni
le tre spartizioni o Cantiche del suo Poema, in quel modo ch' egli chiama
canzone l'Eneide del suo Maestro, Nell' Epist. X, §.IX, scrive Dante dell'o-
pera sua Totum opus dividitur in tres canticas; quælibet cantica dividitur
in cantus; e secunda cantica chiama il Purgatorio (Purg., XXXIII, 40).
dei sommersi, tratta del mondo defunto (Par., XVII, 21), cioè dei dannati,
precipitati nell' abisso, che è sotto la terra (cf. Inf., XVIII, 125). Non avrebbe
Dante, scrive il Tommaseo, agli indovini e ai maghi assegnata una bolgia
se molti al suo tempo non erano creduti gli indovini e i maghi, e se alcuno
non credeva forse sè stesso, come accade nel contagio de' pregiudizi umani
per forza d'imitazione, e di fantasia (cf. vv. 121-123.)

4-6. L' Alfieri notò i due ultimi. Io era già; m' era già messo con tutta
l'attenzione a guardare. Il quanto aggiunto a tutto, mentre è proprietà di
nostra lingua, dà intensità al concetto (cf. vv. 42-73, 114; X, 58; XXII, 76;
XXVIII, 103, e altrove). Il Tommaseo : « Ben quattro volte (in questo Canto)
ripetuto il modo famigliare tutto quanto, dal quale ora rifuggirebbe non dico
la cortigianeria de' poeti, ma l' eleganza degli avvocati e la venustà de' no-
tai. >
Disposto a, cf. Purg., XXXIII, 145; Par., XXX, 54. Scoverto a lui
dal ponte si mostrava il fondo della bolgia (cf. v. 133 del Cto preced.), in
tutta la sua larghezza. · Pianto (cf. v. 23), che il dolore faceva versare ai
dannati. Qui angoscioso pianto; nella Vit. N., §. XL. (nel son.), sospiri ango-
sciosi. Il Gelli : « angoscioso pianto, cioè pieno d' affanno; chè così si chiama
nella lingua nostra quella respirazione violenta e confusa che hanno quegli
che piangon forte. » Cf. Inf., xxxiv, 78.

7-9. Notati dall' Alfieri. Vidi (di seguito al riguardar del v. 5; cf. Inf., 1, 16; III, 52, 59, 70-71).—Gente, gli indovini.- Vallon, la bolgia formata a guisa di valle (cf. Inf., XVIII, 9; XIX, 133; XXIII, 135). Fondo, per quello che disse già (Inf., XVIII, 7), dacchè ogni bolgia si girava intorno al pozzo, come Tacendo, troppo avevano parlato a questo mondo, per dar bere ai credenzoni le loro imposture; e come a Curione, per la malvagia parola detta a Cesare, è laggiù strappata la lingua (Inf., XXVIII, 96-102); e come Efialte (Inf., XXX1, 96),

a suo centro.

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Le braccia, ch' ei menò, giammai non muove,

in pena d' averle menate assai male, così qui par tolta agli indovini la favella in punizione del male con essa fatto nessuno di costoro fa sentire al Poeta la sua voce. · Al passo (« così diciamo : a passo lento, » Tommaseo), secondo l' andare lento e grave che tengono nel nostro mondo le processioni religiose, nelle quali soglionsi recitare le litanie dei Santi (cf. Purg., XIII, 50-51).

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30

Chi è più scellerato di colui

Che al giudicio divin passion porta?
Drizza la testa, drizza, e vedi a cui

10

(II, 11): « La pietà fa risplendere ogni altra bontà col lume suo. Per lo che Virgilio, d' Enea parlando, in sua maggior loda pietoso il chiama; e non è pietà quella che crede la volgare gente, cioè dolersi dell' altrui male; anzi è questo un suo speziale effetto, che si chiama misericordia, ed è passione. Ma pietade non è passione, anzi è una nobile disposizione d'animo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia, e altre caritative passioni. » Nel Par., IV, 105, di Almeone :

Per non perder pietà, si fè spietato.

Nel Conv., IV, 19, parlando della vera nobiltà, scrive: « Rilucono in essa le intellettuali e le morali virtù; rilucono in essa le buone disposizioni da Natura date, cioè pietà e religione, e le laudabili passioni, cioè vergogna e misericordia e altre molte. > Chi è più scellerato ecc.; chi è più empio di colui, che nel suo animo dà luogo a movimento di compassione, osservando la punizione de' dannati, che è giustissimo effetto della divina Giustizia? De' tre modi di leggere questo luogo (passion porta, compassion porta e passion comporta) è difficile decidere quale il migliore; ma già, bene attendendo, danno lo stesso senso. Il rimprovero di Virgilio mira a questo, che il provar compassione pei dannati sarebbe una specie di biasimo alla divina Giustizia, la quale non può fallare nello stabilire a tutti il meritato castigo (cf. Inf., XXI, 56). Ne'Salmi (LVII, 11): lætabitur justus cum viderit vindictam. Dante trarrà buon partito dall' ammaestramento di Virgilio (cf. Inf., XXXIII, 149-150); e da queste parole di Virgilio acquistano luce le altre, che a Dante rivolgerà più innanzi (Inf., XXIX, 22-24). Su questo luogo il Borghini : « Questo è uno dei luoghi che esprime il costume del Poeta come introdotto e non come semplicemente narratore. E qui si potrebbe a ragione dubitare s' egli è mal costume; e dico qui, non perchè qui solamente si mostri tale, ma perchè qui particularmente ne lo riprende Virgilio. E qui dico per mio parere, che egli è molto commendabile ed è dolcissimo affetto e pieno di quella umanità e benignità che è propria della natura nostra. E lasciando le sofisticherie dico che questo affetto di compassione ove si mostra qui e altrove spesso nel Poeta, non solo in lui che non è giudice, anzi semplice spettatore, ma in uno severissimo giudice ancora non si può nè deve riprender ogni volta che non la impedisce o guasta la Giustizia : chè questi affetti vietano all' uomo che non sia fiero e crudele, ma non già l'impediscono dall' essere giusto. E qual giudice arà piacere che la giustizia abbia il luogo suo, farà bene; e se egli avrà piacere quando lo vegga seguire senza danno d'alcuno e se ne rallegrerà, mostrarrà natura dolce e animo giusto insieme. Ma se egli arà piacere e quasi pascerà l'animo di straziare gli uomini e ammazzarli, in questo si mostrarrà più vicino a natura di fiera che d'uomo, che come uomo verrà forzato ad adoperare il coltello ecc. È adunque indizio d' umana e benigna natura questo in Dante, e indizio manifesto che non piglia diletto del male, dell' infamia, del dolore di alcuno misero, essendogli per natura fratello. E se Virgilio libero dalla carne e conseguentemente da questi affetti è meglio penetrante gli altissimi giudizi divini, ciascuno vede con quanta e quale ragione e' lo faccia. Lasciando stare per ora anco che non sia piccola considerazione nè poco a proposito, quanto con questi affetti egli aiuti il verosimile, e come apparisca naturale tutto a' lettori, che sentendo in sè medesimi queste passioni, hanno piacere di vederle anche in altri. >>

31-36. L' Alfieri notò i due primi e i due ultimi. Drizza la testa ecc. Dante piangendo dovette aver ripiegata sul seno la testa, che è l'atto naturale di

35

S'aperse, agli occhi de' Teban, la terra,
Per che gridavan tutti : Dove rui,
Anfiarao? perchè lasci la guerra?

E non restò di ruinare a valle

Fino a Minòs, che ciascheduno afferra.
Mira che ha fatto petto delle spalle :
Perchè volle veder troppo davante,
Diretro guarda, e fa ritroso calle.

II

12

13

chi sta in rammarico ed in pianto. Nel Canzoniere (Pte II, canz. VI, st. 4) il
Poeta fa che Amore, alle tre germane sconsolate e piangenti, dica : drizzate i
colli, cioè la testa abbassata dal pianto. E Beatrice, al Poeta confuso e tutto
in sè raccolto per la paura e il dolore, dirà : alza la barba (Purg., XXXI, 68).
Invece drizzare il viso ad una cosa, si prende intellettualmente per affissarvi
l'attenzione (Par., VII, 34), il che qui è inteso nel vedi. Vedi a cui (cf.
V. 118), vedi colui al quale (come nel Purg., VI, 8; XIII, 36; e altrove).
Anfiarao, uno de' sette re che per riporre in sul trono Polinice, assedia-
rono Tebe (cf. Inf., XIV, 68-69); era figliuolo d' Oicleo e d' Ipermnestra.
Come indovino aveva preveduto che sarebbe morto all' assedio di Tebe,
onde si nascose per iscansare quella spedizione; ma fu scoperto per tradi-
mento della moglie Erifile sorella d' Adrasto re d'Argo (cf. Conv., IV, 25),
che pel dono d' una preziosa collana d'oro offertale da Polinice, manifestò
il nascondiglio del marito, onde fu costretto d' andarsene cogli altri colle-
gati; ma suo figliuolo Almeone, per vendicare la morte del padre, la uccise (cf.
Purg., XII, 49-51; Par., IV, 103-105). Recatosi Anfiarao sotto Tebe, nell' atto
che sul suo cocchio combatteva, Giove con un fulmine aperse la terra, che lo
ingoiò (cf. Stazio, Theb., VII, 690 e segg.). Gridavan tutti, gli assediati Te-
bani per irrisione verso Anfiarao; e questa irrisione, nota il Casini, ricorda le
parole che ad Anfiarao, giunto all' inferno, rivolge Plutone (Theb., VIII, 84) :
At tibi quos, inquit, Manes, qui limine præceps
Non licito per inane ruis?

Rui, precipiti, ruini (cf. Par., XXX, 82). — Perchè lasci ecc.; perchè non prosegui nella guerra intrapresa? Non restò, non cessò. A valle, abbasso, in giù (cf. Inf., xxx, 96, nel commento). Fino a Minds, fino nell' abisso, fino alla presenza di Minosse giudice infernarle, dinanzi al quale tutti i malvagi devono giungere (cf. Inf., V, 4; XXVII, 124; XXIX, 120). — Afferra, prende, abbranca, perciò che nessuno può sfuggire al suo giudicio, e al castigo da lui sentenziato. Della prima bolgia ha detto che i seduttori in sè assanna (Inf., XVIII, 99).

37-39. Notati dall' Alfieri. Mira, attendi bene, osserva. Ha fatto petto delle spalle; essendo a questi peccatori travolto il collo, ne viene che le spalle faccian per loro quell' officio che, prima, il petto. A buon proposito ebbe già a scrivere il dottissimo Borghini : « E notabile in questo Canto che dovendo descrivere una medesima cosa, cioè il viso essere rivolto in verso le spalle, e dovendolo fare più d' una volta, in quanti modi, con quanta proprietà e destrezza e' lo varia, che veramente si può dire prontissima e vivissima eloquenzia. Il pianto bagnava le natiche: - Ha fatto petto delle spalle: Di rietro guarda e far ritroso calle: -- Ricuopre le mammelle con le trecPorge la barba della gota in su le spalle.» Perchè; ecco il motivo della punizione; volle veder troppo avanti nel futuro colle sue arti magiche, e qui è costretto d' andare indietro colla persona. Diretro guarda, guarda indietro; bella antitesi col volle veder troppo davante. calle, va a rovescio. Di altra fatta di menzogneri e spacciatori di menzogne,

ce :

Ritroso

Purg. XII, 50.

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