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In questa fossa, e gli altri del Concilio,
Che fu per li Giudei mala sementa.
Allor vid' io maravigliar Virgilio
Sopra colui ch' era disteso in croce
Tanto vilmente nell' eterno esilio.

Poscia drizzò al frate cotal voce :
Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
S'alla man destra giace alcuna foce,

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altri veduti dal Campi, la Crusca, il Cesari, il Biagioli ed altri, leggono dal Concilio, perchè da esso trassero la loro infausta nominanza; il da, nota il Cesari, serve a dinotar titolo che altri prende per qualche gran fatto o cosa, di che fa parte così Dante dice Sinon greco da Troia (Inf., xxx, 98), accennando al famoso tradimento fatto a' Troiani; così, prosegue, Antonio da Padova, che era però Portoghese; ma in Padova ha onore pressochè divino, nominatovi il Santo per eccellenza. Fu ecc.; il qual Concilio, per l' iniqua sentenza, fu sementa, origine al popolo ebreo d' ogni sventura e a Gerusalemme dello sterminio (cf. Par., VI, 92). Altrove, del perfido consiglio del Mosca dice il Poeta (Inf., XXVIII, 108) :

Che fu il mal seme della gente Tosca.

E di seme, radice, pianta, per origine ed effetto, cf. Purg., XX, 43; XXVIII, 142; Par., XVI, 89; Vulg. El., 1, 8; Conv., IV, 5.

124-126. Tre versi di maestoso numero e pieno, dice il Cesari. Vid'io maravigliar Virgilio; di che maravigliasse Virgilio quistionano i chiosatori; ma quando si ripensi che il nostro Autore dice espressamente che ciò che desta maraviglia si è l' apparire di cose nuove (Purg., 11, 54; VII, II; VIII, 63), o dall' intendere o vedere cose grandi e non prima pensate (cf. Inf., XIV, 129; XXVIII, 57 e 67; Purg., 11, 82; V, 8; XXII, 121-123; XXIX, 55; Par., 1, 98; II, 56; XXXII, 92; Mon., II, 1 : cf. Dizionario Dantesco, artic. MARAVIGLIA e NOVITÀ), parmi non vana conghiettura il credere che la sua maraviglia proveniva per quel nuovo genere di supplizio e di avvilimento, non lo avendo veduto l'altra volta che scongiurato dalla maga Eritone (cf. Inf., IX, 22 e segg.) discese all' Inferno, dacchè Caifasso e i suoi consorti all' Inferno allora non erano ancor giunti. Sopra colui; di colui (cf. Inf., XXIX, 23, nel commento); è il super de' Latini, (rispondente al de); così Virgilio (En., 1, 754): Multa super Priamo, super Hectore multa; frequente negli autori scolastici, e nell' uso della nostra lingua.-- Disteso in croce, in forma di Tanto vilmente; per essere così crocifisso, e nudo, e calpestato da tutti. Eterno esilio, all' Inferno (cf. Purg., XXI, 18); dacchè l' uomo essendo fatto pel Cielo, è sempre esule quando da quello è fuori. Dell' umana schiatta, per la colpa d' Adamo cacciato del Paradiso Terrestre, scrive nella Vulg. El., 1, 7: Per primam praevaricationem elimitata delitiarum exulabas a patria (cf. Par., XXVI, 116, e qui appresso, al . 131, il passo del Convito). I viventi, esuli temporanei (Non habemus hic manentem civitatem sed futuram inquirimus, S. Paolo); i dannati, esuli in sempiterno (cf. Conv., III, 13).

croce.

...

127-132. Drizzò cotal voce (egual frase; Inf., XXVII, 19-20), rivolse queste parole. Se vi lece, se potete (come la forma se puoi, se sai; cf. Inf., VI, 41 e 60; XIII, 89; XIX, 45; XXII, 43; e altrove). - Alla man destra : il viaggio de' Poeti per la bolgia era a mano sinistra (cf. v. 68), e perciò alla sinistra avendo l' argine che separava la sesta, in che siamo, dalla quinta bolgia, di necessità avevano alla destra quello che separava la sesta dalla

Inf. XXVII.

113; Conv.II, 5; III, 13.

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Onde noi ambedue possiamo uscirci
Senza costringer degli Angeli neri,
Che vegnan d' esto fondo a dipartirci.
Rispose adunque : Più che tu non speri
S' appressa un sasso, che dalla gran cerchia
Si muove, e varca tutti i vallon feri,

Salvo che a questo è rotto, e nol coperchia :
Montar potrete su per la ruina,

Che giace in costa, e nel fondo soperchia.

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settima; volendo proseguire il viaggio, per giungere a quella dovevano var-
care e uscire dalla presente; ed ecco Virgilio richiedere Catalano se alla
man destra vi fosse alcun varco, uscita, via foce; cf. Purg., XII, 112; XXII,
7). La domanda di Virgilio poggia nella credenza che egli aveva prestato
alle menzognere parole di Malacoda (Inf., XXI, 109-111). Senza costrin-
ger ecc.; per divino ministero, come avviene del Messo alla porta di Dite, o
per lo stesso comando di Virgilio, come accadde con Flegias, con Gerione,
è come vedremo avvenire con Anteo al pozzo de' Giganti. Angeli
neri, diavoli (neri Cherubini, Inf., XXVII, 113). Nel Conv., III, 13 : « Le In-
telligenze che sono in esiglio dalla superna Patria le infernali Intelli-
genze. > Che vegnan
.... a dipartirci, a trarci fuori, a portarci fuori di
questa bolgia.

133-138. Rispose, Frate Catalano.

-

....

Più che non speri, più di quanto tu non creda. - S appressa, è vicino (cf. Inf., VIII, 68, e XII, 46 nel commento). Un sasso, un altro di quegli scogli o ponti, i quali

recidean gli argini e i fossi

Infino al pozzo, che i tronca e roccogli

-

-

(Inf., XVIII, 17).

Gran cerchia, quella che circonda tutto quanto Malebolge, rasente alla quale i Poeti erano stati posti da Gerione (Inf., XVII, 134; XVIII, 19-20). Si muove, si parte, fa capo (cf. Inf., XVIII, 16). Varca, passa sopra, a guisa di ponte e va fino al pozzo, che vaneggia nel centro (cf. Inf. XVIII, 1-18). Vallon, valli, fossi, bolge (cf. Inf., XVIII, 9, nel commento). Feri, pieni di fiero, di crudo tormento. Salvo che, eccetto che, tranne che (cf. Inf., 9, 117; XIV, 117; XIV, 10; Purg., XVI, 89) :· A questo (e non questo come lessero alcuni), a questo vallone. E rotto, il sasso, lo scoglio o ponte. Nol coperchia, non lo copre, non gli passa sopra perchè ruinato. Catalano ridice qui in sentenza della caduta di questo ponte, quanto più largamente detto aveva Virgilio all' alunno sulla famosa ruina (cf. Inf., XII, 31-45). Ma questa terzina dà irrepugnabile rincalzo a quelli, che, contro il Dionisi, sostengono ragionevolmente che non un sol ponte, ma più ordini di ponti si movessero dalla gran cerchia; che tali ordini fossero dieci, come vorrebbe Filalete, Dante nol dice; ma ogni interprete per chiara autorità dell' Autore, deve almeno accettarne due ; l' uno il vedemmo al C. XXI, 106 e segg.; i Poeti avendo deviato a sinistra (ivi, 136), ora trovarono il secondo ordine di que' ponti, pur esso caduto; ciò è chiaro come la luce (cf. Inf., XVIII, 14-18). Montar potrete su ecc.; Catalano, detto la caduta del ponte, mostra uno spediente per uscire di quelle bolge, ed è che i Poeti montino su pe' rovinacci (la ruina), ch' erano sparsi su per la costa interna, ammassatevi per la caduta del ponte, e che giù nel fondo della bolgia soperchiavano, cioè formavano un cumulo, un rialzo, quasi una scala. In altre parole: il ponte rovinando ha fatto uno scarico di rottami lungo la costa (cf. Inf., XII, 28), i

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quali rotolando la più parte giù nel fondo della bolgia, avevano fatto un cumulo ben alto, che assai risparmiava della montata su per la ripa : ciò fa ripensare agli Slavini di Marco (Inf., XII, 4).

139-141. L' Alfieri notò da mal contava in poi. Stette un poco a testa china; atto naturalissimo di chi pensa (cf. Inf., v, 109-111). Virgilio pensava senz'altro alla bugiarda affermazione di Malacoda, che più in là avrebbe trovato altro ponte sulla stessa bolgia : e solo ora s' accorge dell' inganno e della beffa (cf. Inf., XXI, 109-111 e 125-126). Mal contava la bisogna, falsamente esponeva, raccontava la cosa, la facenda, quando disse (Inf., XXI, III):

Presso è un altro scoglio, che via face, mentre, per converso, anche questo era rotto. Colui, Malacoda, non Barbariccia, come per isvista scrisse il Tommaseo. Di là, nella bolgia precedente dei barattieri. Uncina, afferra, graffia i dannati con gli uncínì (cf. Inf., XXI, 73). L'uomo probo ed onesto è incapace di pur sospettar inganni e tranelli nell' animo e nelle parole altrui, che dell' anima dovrebbero essere come lo specchio. Nel Conv., IV, 27 : « Dice il Filosofo nel sesto dell' Etica: impossibile è essere savio chi non è buono; e però non è da dire savio uomo chi con sottratti e con inganni procede, ma è da chiamare astuto; chè come nullo direbbe savio quello che si sapesse ben trarre della punta d'un coltello nella pupilla dell' occhio, così non è da dire savio quello che ben sa una malvagia cosa fare, la quale facendo, prima sè sempre che altrui offende. > E a ciò si riferiscono gli accorgimenti e le coperte vie, e l'arte birbona e il suono troppo famoso dell' Inf., XXVII, 76-78. II Tommaseo: «Tutti i ponticelli, che accavalciano la bolgia dei politici nemici di Cristro dall' ora della sua morte son rotti; onde non potevano i due Poeti avere altra via che lo sdrucciolar dall' un argine e l'arrampicarsi per l' altro. Quei diavoli fingevano di rispettare il volere divino nel viaggio de' due; ma meditavano, da barattieri, qualche frode. Però le bolgie; però gli atti beffardi; e il volare dietro ai fuggiti per prenderli. Così la malizia torna loro in vergogna. Così scornati i diavoli della porta di Dite. »

- Udi già a Bologna;

142-144. Notati dall' Alfieri. Il frate, Catalano. alcuni chiosatori qui vogliono vederci un ricordo dello Studio bolognese, e ai maestri di Teologia scolastica: ma tal verità non poteva Catalano averla udita anche in una predica? per tale scienza non occorre mandarlo all' Università. — Bugiardo e padre di menzogna; il Salvatore (Joann., VIII, 44) del diavolo: Non est veritas in eo; cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est, et pater eius. Ma il diavolo, oltrechè bugiardo, lo vedremo anche loico (cf. Inf., XXVII, 123).

145-148. L' Alfieri notò mi parti' col verso seguente. Appresso, dopo ciò, dopo essersi querelato di Malacoda e aver udito le parole di Catalano. A gran passi; o per riguadagnare il tempo speso nell' andare a rilento con quegli ipocriti (cf. vv. 80-82); o meglio perchè tal dipartirsi concitato è del tutto proprio in chi sentesi concitata la coscienza contro persona scoperta rea di nera menzogna. Turbato un poco ecc.; per altro motivo altrove Vir

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Turbato un poco d' ira nel sembiante;
Ond' io dagl' incarcati mi parti'
Dietro alle poste delle care piante.

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gilio rimane turbato, (cf. Purg., III, 45); un poco; notabilissimo questo un poco, perchè il savio debbe saper frenare le sue passioni, e pur mosso da giusta ragione, non lasciare che troppo si mostrino; nel Conv., III, 10: L'anima passionata più si unisce al concupiscibile, e più abbandona la ragione (cf. Summ. Th., I II, 77, 2 e 6). E ivi, IV, 21: « Vuole Santo Agostino, e ancora Aristotele che l'uomo s' ausi a rifrenare le proprie passioni > (e sul come, cf. ivi, III, 8). — Ira; è l' ira derivante da onestà e rettitudine; così altrove (cf. Inf., VIII, 121; IX, 23); e ira nobilissima quella contro il blasfemo Capaneo (cf. Inf., XIV, 61 e segg.), e l' altra, onde si mostra mosso verso una disavvedutezza di Dante (cf. Inf., XXX, 131-133). Incarcati, carichi delle cappe; il Giuliani, nel testo legatomi, scrisse in margine incappati; e tale lezione seguì nella sua ediz. del testo della Commedia. Poste, orme, vestigia, pedate.— Care piante, di Virgilio, il caro Duca (Inf., VIII, 97).

Nota le terzine 1, 2, 4; 6 alla 10; 12, 13; 14 alla 24; 26 alla 30; 32, 34, 36, 37, 38, 40, 42, 48.

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ΙΟ

CANTO XXIV.

In quella parte del giovinetto anno,
Che il Sole i crin sotto l' Aquario tempra,
E già le notti al mezzo dì sen vanno;

Quando la brina in su la terra assempra
L' imagine di sua sorella bianca,
Ma poco dura alla sua penna tempra;
Lo villanello, a cui la roba manca,
Si leva e guarda, e vede la campagna
Biancheggiar tutta, ond' ei si batte l' anca;
Ritorna a casa, e qua e là si lagna,
Come il tapin che non sa che si faccia;
Poi riede, e la speranza ringavagna,

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Dal turbamento di Virgilio (C. XXIII, 146) Dante aveva argomentato che ciò nel Maestro provenisse dal timore di non saper trovar modo per uscire da quella bolgia. Ma Virgilio tosto ricomponendosi a serenità e rivolgendosi in atto dolce all' alunno, fa sì che in Dante svanisca ogni paura, e s'accorga d'aver male interpretato il vero sentimento del Maestro. Questa semplicissima circostanza è dall' Autore espressa e colorita con quella similitudine, con che fa capo questo Canto. Il Tommaseo la disse troppo erudita, e troppo minuziosa il Casini; ma con più ragione uno splendido quadro lo Scartazzini; e il Biagioli : « Vago è il principio di questo Canto, e di gran bellezza questa nuova similitudine, tolta dalla stessa natura; e sembra questo uno di quei luoghi ove il Poeta vuol mostrarsi quale egli è, cioè ad ogni altro superiore. Il principale suo intendimento si è di ritrarre quanto fu grande il suo sbigottimento, benchè di poca durata, in veder Virgilio sì turbato. >

1-15. Notati dall' Alfieri, eccetto l'ultimo, e la frase e prende suo vincastro del v. 14. In quella parte del ecc.; quando l'anno è ancor giovinetto, cominciato da poco, e il Sole è in Aquario (ciò è dal 21 Gennaio al 20 Febbraio) ecc. Quel giovinetto, esclama il Cesari, fa ridere tutta questa terzina. Sotto l' Aquario, essendo nella Costellazione dell' Aquario (e per concorde opinione de' chiosatori qui s' accenna al tempo ch'è tra il 15 e il 20 di Febbraio).—Che (nella quale) il sole i crin...tempra,rinvigorisce, rinforza i suoi raggi. Virgilio (Æn., IX, 634) chiama il Sole crinitus Apollo. E perchè temperare vale anche moderare, qualcuno male intese e spiegò mitiga, modera; il Sole avanzandosi verso l'equinozio (e il Poeta lo dice chiaro col terzo verso), ognor più acquista forza; e la voce tempra del v. 6 è buon argomento a intendere qui il temprare. E già le notti ecc.; qui dè si prende per lo spazio di 24 ore, e vuol dire il Poeta che la durata delle notti si va scemando e s' accosta ad essere di 12 ore, cioè sta per venire l' equinozio di primavera (l' Antonelli dice l' identica cosa in altre parole: «allorchè le lunghe notti han già cominciato il loro passaggio dall' emisfero nostro a quello di mezzodì per l'opposto moto del sole istesso, che, procedente da ostro si appressa ormai all' equatore »). Nel Conv., 111, 6 : « È da sapere che ora per due modi si prende dagli astrologi: l' uno si è, che del dì e della notte fanno ventiquattr ore, cioè dodici del dì e dodici della notte, quanto che 'l dì sia grande o piccolo. E queste ore si fanno picciole e grandi nel dì e nella notte, secondo che 'l dì e la notte cresce e scema. E queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta, e Nona; e chiamansi così ore temporali. L'altro mo

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