Sayfadaki görseller
PDF
ePub
[blocks in formation]

1-6. L' Alfieri notò chi poria mai, col v. seg., e poi i tre ultimi. L'impres-
sione che il Poeta riceve dal primo guardar giù nella bolgia que' miseri
smozzicati è tale, che sente tosto la difficoltà di poter narrare fedelmente sì
orribile scena, anche se farlo dovesse in prosa, non che in verso, quantunque
ne ripetesse più volte il racconto. Ed ecco pur qui la grande e semplicis-
sima arte di indurre la curiosità nel suo lettore per la novità dell' argomento,
quasi allettandolo a supplirvi colla propria fantasia (cf. Epist. X, § 19). Così
il Sansovino spiega l' allegoria della nona bolgia : « Chi ha diviso il corpo
catolico de' christiani, come fece Maometto, et molti altri, è diviso dal mezzo
in giù. Chi ha con viso scoperto difesa l' empietà dell' heresie, ha fesso il
volto. Chi ha schandalizato i principi capi delle genti, et del mondo, ha
piagato il capo. Chi ha messo division tra parenti ha togliate le mani.
Chi ha diviso il padre dal figliuolo ha divisa la testa dal busto et la porta in
mano a usanza di lanterna.>
tichi, anche in prosa.
Poria, potrebbe, voce usitata ai nostri an-
Pur, anche, fosse pure.
dal legame del verso (verba soluta modis, disse Ovidio; e i prosatori soluta
Con parole sciolte, sciolte
oratione). L' Ariosto (Rime, canz. 1) :

Non so s' io potrò ben chiudere in rima

Quel che in parole sciolte

Fatica avrei di raccontarvi appieno.

Dante chiama i versi cosa per legame musaico armonizzata (Conv., 1, 7). E
alla prosa attribuisce Dante più capacità che non alla poesia a ben descri-
vere le cose (Vit. N., § 25). - Dicer, dire (frequente nel nostro autore;
cf. Blanc). Appieno, pienamente, senza nulla lasciare. Virgilio

(Æn., II, 36):

Quis cladem illius noctis, quis funera fando
Explicet, aut possit lacrymis æquare labores?

--

Per narrar (per, benchè; cf. Inf., IV, 11; XVI, 93), quantunque più volte rifacesse la narrazione della medesima cosa, ritoccandola,migliorandola, con tutta la possibile arte. Ora, in questo luogo, stando in sul ponte della nona bolgia. Ogni lingua ecc.; ogni lingua, o scrittore, senza dubbio (per certo, l'unica volta ch'è usata tal frase) fallirebbe alla prova (Inf., IV, 147, al fatto il dir vien meno). Qui Pietro allega Virgilio (Æn., VI, 625-27) :

Non, mihi si linguæ centum, oraque centum,

Ferrea vox, omnis scelerum comprendere formas,
Omnia pœnarum percurrere nomina possim.

Per lo nostro sermone; per l'insufficienza dell' umano linguaggio, ma
non già per l'insufficienza della lingua nostra italiana, come spiegano
alcuni; ciò apparisce e dai tratti, che allego qui appresso, e dall' osserva-
zione che per sermone e mente avendo l'Autore usato un solo aggettivo
(nostro), forza è ammettere che siccome intende di certo la mente umana,
così voglia intendere l' umano linguaggio: quando vuol significare la lingua
nostra italiana, sa ben usare espressioni che non lasciano verun dubbio (cf.

[ocr errors]
[blocks in formation]

Inf., XXXII, 1-9). — Per la mente ecc., a cagione della memoria che ha poca
capacità a comprendere, a ritenere tanta e sì svariata novità di cose. Questi
versi hanno buon commento da Dante stesso: «Dico che li miei pensieri,
che sono parlar d' amore, suonan di lei, sì che la mia anima, cioè il mio
affetto, arde di poter ciò colla lingua narrare. E perchè dire nol posso, dico
che l'anima se ne lamenta E questa è l' altra ineffabilità; cioè che la
lingua non è di quello, che l' intelletto vede, compiutamente seguace>
Conv., III, 3). E appresso (ivi, 4): «Se difetto fia nelle mie rime, cioè nelle
mie parole, di ciò è da biasimare la debilità dell' intelletto e la cortezza del
nostro parlare, lo quale dal pensiero è vinto, sicchè seguire lui non puote
appieno. Di Beatrice (Vit. N., § 21) :

....

Quel ch' ella par, quando un poco sorride,
Non si può dicer, nè tenere a mente;
Si è nuovo miracolo.

Nel Par., XXXIII, 106 :

Oh quanto è corto il dire, e come fioco
Al mio concetto!

E nell' Epist. x, § 29 (chiosando il Par., 1, 5-6) : « Nescit et nequit. Nescit,
quia oblitus; nequit, quia si recordatur et contentum tenet, sermo tamen
deficit. » Cf. Inf., XXV, 143, nel commento. Seno, capacità, attitudine.
« Seno, nota il Lombardi, propriamente significa cavità; ma qui dee inten-
dersi per capacità. » Dante, dichiarandosi incapace a dire tutti i mali, che
affliggevano l' Italia, dice che verba non capiunt (capere, capire, compren-
dere, aver capacità), Epist. v, § I. Del resto, a pienezza di dottrina, cf. Di-
zionario Dantesco, alle voci COMPRENDERE, CONOSCERE, ESPRIMERE, § 11.

7-12. In lungo periodo (vz. 7-21), diviso, direi così, in tre battute armo-
niche, e la foga e il succedersi delle proposizioni, e il congiungersi e disten-
dersi del pensiero, e gli stessi accenni a fatti grandiosi, preparano mirabil-
mente il lettore alla nuova orrida scena. - Ancor, un' altra volta, di nuovo.

Fortunata, non disgraziata, ma fortunosa, soggetta a molte vicende di fortuna (cf. Inf., XXXI, 115). —— Puglia; quella parte d' Italia che dal destro lato dell' Apennino (Vulg. El., 1, 10) e da Napoli in giù va sino ad Otranto. Fu ecc.; sentì il dolore delle ferite avute, del sangue sparso. - Per, dai, o per cagione dei ecc. Troiani; alcuni leggono Romani; ma bene attendendo all' autorità de' Codici, si manifesta correzione di copisti. Il Poeta qui accenna 1) o le guerre, in genere, de' Troiani per istabilirsi in Italia, dando alla Puglia più estesi confini che non avesse; e perciò Pietro chiosa, in illa parte Apuliæ, quæ dicitur Laurentia (benchè Laurente o Laurenzia fosse nel Lazio); e così forse si comprenderebbero quelle geste parte vere e parte romanzesche, ossia biblia cum Troianorum, Romanorumque gestibus compilata (Vulg. El., 1, 10), che è confermato dal Par., XV, 126: 2) o ne' Troiani intende i Romani, perchè, come credevasi, da loro discesi (Mon., II, 10; Epist. V, 8; Conv., IV, 4 e 5); e in tal caso dabbiamo intendere le guerre sannitiche, per le quali i Romani nel secondo secolo della Republica dilatarono il loro dominio nell' Italia meridionale (non intendo poi lo Scartazzini quando afferma : «e Troiani chiama (Dante) sovente i Romani

Conv 1,!
Ep. L.

V. EL IL

Conv. IV, 5.

4

Mon. II, 3.

15

Che dell' anella fe' si alte spoglie,
Come Livio scrive, che non erra;

Con quella che sentío di colpi doglie,
Per contrastare a Roberto Guiscardo;
E l'altra, il cui ossame ancor s'accoglie
A Ceperan, là dove fu bugiardo
Ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
Ove senz' arme vinse il vecchio Alardo;

5

6

anche ne' suoi scritti in prosa; per quanto ci ripensi, nessuno de' tanti luoghi, compresi in quel sovente, mi soccorre alla memoria). — Per la lunga guerra; la seconda guerra punica, che durò tre lustri, e nella quale avvenne la sanguinosa battaglia di Canne, in cui molte migliaia di Romani ci lasciaron la vita. Anella; le anella tratte dai Cartaginesi dalle dita dei Romani caduti nella battaglia di Canne; il Tommaseo : « Livio dice tre moggia e mezzo, e soggiunge: la fama che è più prossima al vero tenne non fossero più d'un moggio » (cf. Hist., XXII, 26, e XXIII, 7). Nel Conv., IV, 5 : Per la guerra d' Annibale, avendo perduti tanti cittadini che tre moggia d'anella in Africa erano portate, li Romani vollero abbandonare la terra. » E queste son le alte spoglie. Non erra, narratore veritiero; nella Mon., II, 3 Titus Livius, gestorum Romanorum scriba egregius. » Ma oggi una certa critica (e che non san fare certe critiche?) lo tiene in conto d'impostore e d'ignorante.

13-21. L' Alfieri nota il primo e il terzo. Con quella ecc.; insieme con quella gente, che sentì il dolore delle ferite o percosse (doglie di colpi.) Per contrastare, per opporsi, per guerreggiar contro. Roberto Guiscardo, fratello di Riccardo Duca di Normandia, che divenne duca di Puglia e di Calabria. Se qui è mestieri di stare esclusivamente alla terra di Puglia (vv. 8-9), la gente che contrastò a Roberto sarebbero gli ultimi Longobardi (i ducati di Benevento e di Salerno caddero per opera di Roberto, 1074 0 1077) e Greci e Saraceni; se poi si deve intendere qualunque gente, che contrastò a lui, dobbiamo intendere anco i Tedeschi di Enrico IV, contro i quali, in difesa di Gregorio VII, venne Roberto a Roma, e li vinse (1084). Perchè Roberto combattè contro gli infedeli e in servizio della Chiesa, da Dante è posto fra i Santi del cielo di Marte (Par., XVIII, 48). — E l'altra; con l' altra intendono il Bianchi e l' Andreoli; a me parrebbe che qui il Poeta ritorni alla prima costruzione (v. 7); e questa gente sono gli Italiani, i Francesi e i Tedeschi morti nelle guerre angioine contro gli Hohenstauffen (12661268). Carlo I d'Angiò, fratello di S. Luigi IX di Francia invase il regno di Napoli,vinse Manfredi presso Benevento, e s'impassessò del dominio della casa Sveva. Vinse poscia il tentativo di Corradino, ultimo degli Hohenstauffen, e lo mandò al patibolo sulla piazza di Napoli (Purg., XX, 67-68). Ceperan; a Ceprano veramente non vi poteva essere ossame di sorte, perchè quivi non avvenne nessun combattimento tra Manfredi e l' Angioino, combattimento che avvenne invece sanguinosissimo presso a Benevento, dove restò morto lo stesso Manfredi (26 febbraio 1266; cf. Purg., III, 118). A Ceprano per converso accadde il tradimento del conte di Caserta, cognato dello stesso Manfredi, il quale avendo avuto l'incarico di difendere quel passo importantissimo, lasciò libero varco alle truppe nemiche, il che fu cagione della battaglia e della disfatta di Benevento. Fu bugiardo ecc.; la maggior parte de' baroni pugliesi defezionarono abbandonando Manfredi. — E là; e l'altra gente caduta là presso a Tagliocozzo. Tagliacozzo; castello dell'Abruzzo Aquilano, dove nel 23 Agosto 1268 fu sconfitto e fatto prigioniero Corradino. Senz arme (con tutta facilità, quasi senza usar le armi) ecc.;

20

25

E qual forato suo membro, e qual mozzo
Mostrasse, d' agguagliar sarebbe nulla
Il modo della nona bolgia sozzo.

Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
Com' io vidi un, così non si pertugia,
Rotto dal mento insin dove si trulla.

Tra le gambe pendevan le minugia;
La corata pareva, e il tristo sacco

Che merda fa di quel che si trangugia.

-

7

8

9

la battaglia fu dapprincipio favorevole a Corradino; i suoi soldati vincitori, credendo che tutto fosse finito, si sparsero pel campo a far bottino; Alardo di Vallery, consigliere di re Carlo, fece d' improvviso piombar su loro una schiera di Francesi, sino allora tenuta a bella posta in agguato, la quale cogliendo i vincitori alla sprovvista, mutò la loro vittoria in sanguinosa sconfitta, cadendo prigioniero lo stesso Corradino. - E qual ecc.; e di tutta quella gente, parte mostrasse le membra ferite con arma di punta, e parte con arma di taglio. D'agguagliar ecc.; tutte quelle genti e tutte quelle ferite sarebbero un nulla verso le genti e le ferite, ch' io vidi in questa bolgia. Dunque a due cose vuole il Poeta che il lettore attenda; al numero infinito de' dannati scommettendo, e alle ferite d' ogni sorta.—Sarebbe nulla; cf. Inf., IX, 57; XXII, 143. Il Cesari : « Non è da voler qui aggiustare e recare in sesto per grammatica questo costrutto; basti che è il proprio della lingua, per dire : Sarebbe nulla verso quel macello della nona bolgia; ovvero: non direbbe uno a mille di quel macellamento. Modo... sozzo, l'aspetto deforme, schifoso.

22-24. L' Alfieri notò l'ultimo. Costruisci veggia, per perdere mezzul o lulla, non si pertugia già così, com' io vidi uno, rotto dal mento insin dove si trulla. Veggia, botte (voce antiquata; però vezza e vezzia vivono ancora in qualche dialetto dell' alta Italia). Per perdere, per aver perduto. Mezzul... lulla; il Lana: «Li fondi delle botti sono di tre pezzi; quello di mezzo è detto mezzule, e li estremi hanno nome lulle. » E così intendono i più; altri invece per mezzule intende quell' apertura quadrangolare che in molti paesi suolsi fare in uno de' fondi della botte, per indi trarne i depositi che fa il vino, e ripulirla; e il Giuliani, correggendo il Bianchi, che segue il Lana, scrisse appiè di pagina : l'apertura fatta nell' asse di mezzo, dalla quale se ne traggono le vinacce. Però, siccome il Poeta qui vuol far intendere la lunghezza della squarciatura nel corpo di Maometto (paragonando a un fondo di botte la parte del corpo umano che è dal mento fino alla forcata), parmi doversi stare colla prima interpretazione; e tanto più perchè non in tutte le parti d'Italia le botti hanno l'apertura che intendono i chiosatori che stanno per la seconda interpretazione. Pertugia (da pertugio, apertura, fenditura, Inf., XXIV, 93), si fende, si apre. Rotto, pertugiato, squarciato. Si trulla, fino al fesso, dice altrove (Inf., XX, 24), o fino alla forcata (Inf., XIV, 108); ovvero, dove si spetezza, dice addrittura il Camerini.

[ocr errors]

25-27. L' Alfieri nota l'ultimo. La vista mette ribrezzo. Le minugia, le interiora, le budelle, uscenti dal ventre squarciato, spenzolavano fra le gambe. E l'arte del Poeta è qui, nell' aver divisato de' tanti accidenti che qui poteano aver luogo, cotesto che è di tutti il più notevole e sconcio» (Cesari). E così minugia e budelli si dissero altresì le corde de' violini o simili strumenti, perchè fatte di budella. Corata ecc.; si vedeva (pareva) il cuore, il fegato e la milza, e il sacco (tristo, fetido, lordo), il maggiore intestino, nel quale il cibo che si prende (quel che si trangugia) si trasforma in escre

[blocks in formation]

menti. Il Lombardi : « Rapporto a questa e somiglianti espressioni del Poeta nostro, sovvenga al prudente leggitore che, come in diversi popoli, così in diversi tempi, non hanno sempre le medesime maniere di parlare fatta la medesima impressione; e che poterono al tempo del Poeta essere le meno volgari quelle espressioni e que' termini che il continuo uso ha poscia renduti volgarissimi. >

28-30. Trascritti dall' Alfieri. In iui veder m' attacco, m' affiso tutto in lui, stava tutto attento a 'mirarlo; espressione viva, che dice l' acuto desiderio di conoscerlo. Attaccarsi rammenta l' essere o star fisso (Inf., XXXI, 130), 0 tener gli occhi fitti o fissi in uno (Inf., X, 34; Purg., XXXII, 1), o affissarsi in uno (Purg., 1, 73); e piantar gli occhi addosso ad uno, diciam di spesso, in segno o d' ira, o di viva attenzione; come Virgilio (Æn., I, 495) : . ... stupet, obtutuque hæret defixus in uno. Mi dilacco, mi fendo, mi squarcio, sono dilacerato (storpiato, v. seg.); figuratamente, chè dilaccare, propriam., indica levar le lacche, le cosce.

31-33. Storpiato, dilacerato. Maometto; il fondatore dell' Islamismo, la cui legge è contenuta nell' Alcorano (cf. Par., XV, 142-143); nacque alla Mecca nel 560, e morì a Medina nel 633.—Alì; parente e discepolo di Maometto, nato nel 594, ucciso nel 660; discordante in alcune cose dal maestro, fondò la setta degli Sciiti, seminando così i germi di dissensione fra i nuovi convertiti. Dal mento al ciuffetto (ciuffetto, ciocca di capelli sopra la fronte); la parte che in Maometto è intatta, è squarciata in Alì, e viceversa; Pietro Nominat perfidum Mahomettum scissum plus aliis, ut figuret maius eius scisma. Maometto, osserva lo Scartazzini, ha fesso il corpo, avendo egli seminato scisma nei popoli; Alì ha fesso il capo, avendo egli seminato scisma principalmente fra i capi della setta maomettana. Nella S. Scrittura (Deuter., XXV, 2) : Pro mensura peccati erit et plagarum modus. Il Köpisch osservò che Dante qui considera Maometto non come avversario del Cristianesimo, ma come un settario, che n' ha rotto l'unità. Anche Fazio degli Uberti, nel suo Dittamondo, par che consideri Maometto dal lato dello scisma religioso, mettendolo in compagnia di Ario. In una canzone da alcuni attribuita a Dante (Canzon., Pte III, canz. II), parlando di Firenze:

E la divoran Capaneo e Crasso,

Aglauro, Simon mago, il falso Greco,

E Maometto cieco.

34-36. E tutti i dannati di questa bolgia furono in vita seminatori di scandali e di scismi. Molti chiosatori nello scandalo intendono le discordie civili, le religiose divisioni nello scisma; ma più largo il Tommaseo : « Scandalo comprende ogni occasione di male; comprende, come dice l'origine del vocabolo, e ostacolo e intoppo e caduta; dacchè nella via dello spirito anco l'arrestarsi o l' allentare il corso se non è una specie di caduta, la vien preparando collo scemare le forze del volere e della consuetudine retta. Varii adunque i gradi dello scandalo, secondo che più o meno è l' intoppo, più o meno grave la rovina, o il pericolo o l' occasione di quella ( — di qui le va

« ÖncekiDevam »