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Similemente il mal seme d' Adamo
Gittansi di quel lito ad una ad una
Per cenni, com' augel per suo richiamo.

Così sen vanno su per l' onda bruna,
Ed avanti che sien di là discese,
Anche di qua nuova schiera s' aduna.

Figliuol mio, disse il Maestro cortese,
Quelli che muoion nell' ira di Dio
Tutti convegnon qui d' ogni paese :

E pronti sono a trapassar lo rio,
Chè la divina Giustizia gli sprona
Sì, che la tema si volge in disio.

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risulta per gran parte l'ordine dell' universo. » Cf. Quæst. Aq. et Terr., § 23, e Dizionario Dantesco alle voci Pioggia e Vapore. Similemente, trovasi nel Poema cinque volte, due similmente.- Mal seme d' Adamo, cioè le anime prave (v. 84), gittansi ad una ad una; è una sintesi non infrequente ne' nostri vecchi scrittori in qualche cosa somiglia a questo (Purg., III, 37):

State contenti, umana gente, al quia.

- Per cenni, di Caronte. — Com' augel per suo richiamo: fa rammentare il logoro dell' Inf., XVII, 127 e segg., e Purg., XIX, 62. Il Buti; « Qui fa la similitudine dell' uccellatore che richiama lo sparviere con l' uccellino, e lo falcone con l' alia delle penne, e l' astore col pollastro, e ciascuno con quel di che l' uccello è vago. »

118-120. L' Alfieri nota il primo verso. Onda bruna, perchè la palude era livida (v. 98) : ma ben altra è l' onda che si muove bruna bruna nell' alto del Purgatorio (Purg., XXVIII, 31). Anche di qua, calando o cadendo su quella riva dal nostro mondo (Purg., II, 105; XXV. 85). Se più sien le anime che si salvano o quelle che si dannano, cf. Purg., X, 2, nel commento.

121-126. Virgilio qui risponde alla domanda del v. 74; e l' Alfieri nota dal V. 122 al v. 126. Figliuol mio è la prima volta che Virgilio usa parola così affettuosa verso Dante; quind' innanzi la userà di frequente; ed è notabile che figlio lo chiamerà l'ultima volta che nel mistico viaggio gli accadrà di parlargli (Purg., XXVII, 128). Quelli che muoion ecc., i malvagi che Dio ha in ira (Inf., XI, 74). Ira di Dio è quanto disgrazia di Dio, perchè la sua ira si volge sui peccatori che vivendo senza timor di Lui (v. 108), sprezzano o non sentono le sue chiamate in punto di morte. Ira altrove (Inf., XXVI, 57) per opera che meritò il divino castigo. Tutti convegnon qui ecc.: due fiumi, due rive, l' Acheronte e il Tevere, questo pei giusti, quello pe' rei (Purg., II, 103; XXV, 85); — tutti, esclusi però i vili dell' Atrio, quivi tenuti eternamente. E pronti sono ecc. Rio qui è ben più che ruscello; qui è gran fiume (v. 71); anche in altre lingue romanze, notò il Tommaseo, ha tale significato a Venezia Rialto (Rio alto) un punto del gran canale, che l' attraversa, e che lo Chateaubriand chiamò la più bella strada del mondo (cf. Par., IX, 26). Trapassar (cf. v. 74). Chè la divina Giustizia ecc. Dio comparte con sapienza inenarrabile premi e pene (cf. Inf., XIX, 10-12), e tutti tiene nell' ordine della sua giustizia. Qui è sublime obbligare i dannati a cercare quella punizione dalla quale pur rifuggono. Siccome nel Purgatorio, scrive il Tommaseo, l' anima fin che non abbia espiato, vuole il proprio tormento; così nell' Inferno la stessa disperazione sospinge il dannato nel vortice della pena; onde la volontà sua, tuttochè ribelle, consente a quella di Dio

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nell' essere inferno a sè stessa. Ogni anima, nota il Buti, costretta dalla sua coscienza va al luogo che ha meritato.

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127-129. L' Alfieri nota l' ultimo di questi versi. Quinci non passa mai ecc. Virgilio rende la ragione dell' opposizione di Caronte (v. 88 e segg.) Anima buona, anima viva (v. 88), cioè non dannata. Virgilio (Æn., vi, 563) : Nulli fas casto sceleratum insistere limen.

Mi par savia l'osservazione del Lombardi : «Accenna che le ragioni addotte da Caronte per non ammetter Dante, e perchè fosse egli ancor vivente, e perchè più lieve legno conveniva che portasselo, non fossero che pretesti; e che la vera cagione fosse, perch' egli vi andava per effetto di pentimento delle sue colpe, e per istabilirsi in un salutevole timore dei divini eterni castighi, cosa ai demoni rincrescevole. » Buona non s' ha qui da prendere nel senso di stabile e perfetta nel bene, ma solo in quello di staccatasi dai vizi; a raffermarsi nel bene occorrerà tutto il mistico viaggio. Il Vellutello : E buona l'anima di colui che va a l'Inferno per haver la cognition de' vitii a ciò che se ne possa guardare, come faceva Dante; e per questo non lo voleva passare Caron, il qual desidera che tutte l' anime vadano in perditione. -Ben puoi saper omai che il suo dir suona. Ben, dinanzi a' verbi, oltrechè leggiadria, dà accrescimento di significato: cf. Inf., XX, 114; Purg., II, 27, 128; Par., XV, 10. Che, che cosa, ciò che (cf. Purg., VIII, 66; XXVIII, 48). Suona, significa (cf. Par., IV, 56).

130-132. Finito questo: frequente in Virgilio his dictis. (cf. v. 29), per la notte profonda (Purg., 1, 45),

Che sempre nera fa la valle inferna.

Buia campagna

In Giobbe: terra tenebrosa et operta mortis caligine; terra miseriæ et tenebrarum. Tremò il tremuoto avviene per vento che in terra si nasconda (Purg., XXI, 56); e il vento ha sua origine dagli avversi ardori (Inf., IX, 67). Notisi la visione della Vita Nuova (§ XXIII), nella quale gli parve sentire grandissimi tremuoti. Dello spavento, causale, per lo, dallo ecc. La mente ecc., la memoria, il ricordarlo mi fa tuttavia sudare di spavento (c.. Inf., 1, 6). Le forti impressioni si fanno persistenti e tenaci nell'anima; e molte volte, per varie cagioni, vi si risvegliano con veemenza non punto dissimile da quella, che invase lo spirito la prima volta così delle cose belle e liete (cf. Inf., V, 100 e segg.; XXX, 64 e segg.; Purg. II., 112; Par., XXIII, 129), come delle orride e avverse (Inf., XX, 31: XXXII, 71, e spesso).

133-136. Terra lagrimosa, quella terra di pianto (il Postill. Cass. : riparia illa quæ est vallis lacrimarum), bagnata dalle lagrime dei dannati, mandò fuori un vento, che balenò, che fece balenare ecc. Il Poliziano (St., II, 13): Balenò intorno uno splendor vermiglio.

La qual mi vinse, cioè fece me uscir di mente (Purg., VIII, 15). —E caddi

E caddi, come l' uom cui sonno piglia.

ecc. (cf. Inf., V, 140-42), caddi e m' addormentai; mi prese il sonno (Purg., XXVII, 92). Il Venturi (Similit. ecc. 228) : « Bene usata è la similitudine, con la quale ci volle adombrare che l' essere caduto in quel grave e subito assopimento fu per l' apparizione di un messo celeste che lo trasportò di là dal fiume.» L' Alfieri notò gli ultimi cinque versi del Canto. Nota le terzine I, 7, 9, 10, 16, 17, 19, 22, 23, 28, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 42, 45.

Che i diavoli, eterni oppositori d' ogni anima buona, per frapporre ostacoli al bene, per intimorire e anche per vendicarsi possano qualche volta mettere scompiglio nell' aria, Dante lo ammette, e basta quanto fa dire a Buonconte (Purg., V, 94-129); ma che il tremuoto, il vento e la luce vermiglia della buia campagna sia qui opera diabolica, come vuole un chiosatore moderno (il Bennassuti), non ammetterei; l' ipotesi piace a lui, perchè Virgilio, senza che Dante se ne sgomenti o vi si opponga, possa deporre l'alunno dormendo nella barca di Caronte, e così fargli toccare l'altra riva. Per tale ipotesi i diavoli, anzichè impedire, avrebbero agevolato il viaggio di Dante e non sulla barca di Caronte, ma sulle braccia di quest' Angelo il Poeta arriverà l' altra sponda. Si potrà tuttavia non consentire col Giuliani in quanto al presentarsi del Messo del Cielo, facendo dimanante da lui la luce vermiglia, e in quanto all' inchinarsegli di Dante abbagliato; ma non si potrà qui non iscorgere la venuta d' un Messo di Dio, avverandosi, poco dal più al meno, i medesimi effetti che altrove precedono la sua venuta (Inf., IX, 64 e segg.), dove è pur mandato a toglier di mezzo gli ostacoli che i diavoli frapponevano allo spiritual viaggio del Poeta; e quivi pure, come notò il Blanc, v' ha come qui il tuono, cioè

e il tremuoto,

Un fracasso d' un suon pien di spavento;

Per cui tremavano ambedue le sponde;

e il vento impetuoso e ciò si riscontra con quello che della venuta dell' Angelo riferisce S. Matteo: Et ecce terræ motus factus est magnus; Angelus enim Domini descendit de cælo (XXVIII, 2). Di più, nel Purg., IX, 52, al medesimo modo il Poeta dalla Valletta de' Principi si fa portare dormendo da Santa Lucia alla porta del Purgatorio; e per ultimo l'apparizione di questo Messo celeste è in qualche modo fatta presentire nelle parole di Virgilio (vv. 94-96), e fors' anche in quelle stesse irose di Catone (vv. 91-93). Lo Scartazzini aggiunge: «In quanto al senso allegorico di questo passo, basti ricordare che secondo le dottrine scolastiche le prime operazioni della grazia divina sono misteriose. » Quando il buon Dio vuol condurre a un punto qualsiasi, per quanto alto, una creatura, sia pur povera e spoglia di virtù, è certo che forza umana o diabolica nol può impedire. Vuolsi così: ecc., grida più volte Virgilio a certi oppositori; e altrove (ecco la fede viva e certa nell'aiuto divino):

Non temer, chè 'l nostro passo

Non ci può torre alcun : da Tal n'è dato (Inf., VIII, 104); e un Messo di Dio ai mettitori d'ostacoli : Perchè ricalcitrate a quella Voglia,

A cui non puote 'l fin mai esser mozzo...?

(Inf., IX, 94). E di questo Messo cf. Inf., IX, So.

CANTO IV.

5

Ruppemi l'alto sonno nella testa
Un greve tuono sì, ch' io mi riscossi,
Come persona che per forza è desta :
E l'occhio riposato intorno mossi,
Dritto levato, e fiso riguardai
Per conoscer lo loco dov' io fossi.

Vero è che in su la proda mi trovai
Della valle d' Abisso dolorosa,

I

2

1-6. Sono notati dall' Alfieri. Veggasi altro destarsi: Inf., VI, I; IX, 33-45; XIX, 33; XXVII, 112. Ruppemi l'alto sonno ecc. : nella Vit. N., § III: « Il mio sonno si ruppe e fui disvegliato: » ivi, § XII : «Il mio sonno fu rotto :» cf. Purg., IX, 34; XVII, 40 (come si frange il sonno); XXVII, 113 (fuggire il sonno); XXXII, 78, sonni rotti (cf. ivi, 72). Il sonno dunque si può rompere o per soverchio di luce, o per istrepito, o per altra disgustosa sensazione (Purg., XIX, 33). Il sonno è paragonato a legame (Purg., XV, 119). Un greve tuono (greve, cf. III, 43) : tuono d' infiniti guai (v. 9); d' altra natura è il tuono del Purg., IX, 139. Codesto tuono Dante lo intese appena posato dall' Angelo sulla proda del baratro infernale, in quella stessa guisa che deposto da Lucia dinanzi all' Angelo alla porta del Purgatorio, la luce che da quello si spandeva gli rompe il sonno. Nell' Epist., a Moroello (tra quelle di Dante, III): Sed stupor subsequentis tonitrui terrore cessavit. Mi riscossi, mi destai dal sonno; nella Vit. N. § XXIII: « Riscotendomi apersi gli occhi, e vidi ch' io era ingannato. » Il Puccianti, seguìto da altri, non intende in questo tuono quanto il Poeta accenna nel v. 9, sibbene un tuono vero per lo scoppio del fulmine. Lo Scartazzini (Inf., XXXI, 12) opina che cotal tuono venisse dal suono del corno di Nembrotte; veramente che un corno, per quanto sonato da un Nembrotte, faccia sentire il suo suono per una distanza di circa tremila duecentocinquanta miglia, quanto si stende la caverna infernale (cf. Conv., II, 7 e 14), e per giunta con un rim bombo da parere un greve tuono, la è un po' grossina, e non tutti saran disposti ad ammetterla. Come persona ecc. A ciò è buon commento il Par., XXVI, 70-75. - E l'occhio riposato ecc.; nel Purg., IX, 35 :

Gli occhi svegliati rivolgendo in giro.

--Dritto levato, cioè levato dritto in piè (Purg., XXXIII, 8). — Fiso riguardai : spesso occorre questa forma nel Poema; cf. Purg., III, 106; XIII, 43; XXIII, 41; XXXII, 9; Par., XXIII, 9; XXXI, 54. Per conoscer lo loco ecc. «Non appena la mente stupefatta ritorna ai sensi, invia l'occhio intorno per comprendere la forma generale del luogo (cf. Inf., IX, 109); poi qua e là l'affissa a bene distinguerne le parti, e indi giunge a conoscerlo pienamente. Questa è verità e bellezza di natura» (Giuliani); e ci richiama a riprova al Purg., IX, 34-42.

7-9. Vero è (l' Alfieri nota dal v. 7. al v. 13 inclusivamente), fatto sta (cf. Inf., IX, 22; XXIX, 112; Purg., III, 136; X, 136; Par., 1, 127.) — Proda, riva, sponda del mare o de' fiumi (cf. Inf., VIII, 55; XII, 101); ma qui per orlo (cf. Inf., XVIII, 5; XXI, 42). Valle d abisso ecc., valle inferna (Purg., 1, 49), la valle, ove mai non si scolpa (Purg., XXIV, 84). Questa valle è tonda (cf.

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Vit. N. 3.

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Inf., XIV, 124), nella sua parte più alta percorsa dall' Acheronte; va poi di giro in giro stringendosi a forma di imbuto o di piramide arrovesciata; perciò quanto più si scende, son minori di diametro i Cerchi, ma maggiore la colpa e per conseguente più pungente la pena (cf. v1-5): questa valle insacca il mal dell' universo tutto (Inf., VII, 18). - Tuono ecc.; come al v. 2, ha senso di grande rumore alcuni Codici leggono trono, forma antica; onde intronare (Inf. VI, 32).

10-12. Oscura, per le tenebre eterne (Inf., III, 87); profonda, perchè andando col suo cono fino al centro della terra, misura di lunghezza tremila duecento cinquanta miglia (Conv. II, 7 e 14; IV, 8). Per ficcar (Cf. Inf., XVI, 93; XXVIII, 3), per quanto ficcassi lo sguardo per l'aura grossa e scura (Inf., XXXI, 37), gli occhi vivi non potean ire al fondo per l'oscuro (Inf., XXIV, 70). Per ficcar : « per nel significato strumentale, dice il Blanc, precedente ad infinito, forma spesso locuzioni particolari equivalenti a : checchè io faccia, o facciamo. A me parrebbe più semplice risolvere col modo per quanto, unito all' imperf. del congiuntivo; onde qui per quanto io ficcassi. E Inf., XVI, 93: Per parlar saremmo appena uditi;

e ibid., XXVIII, 3

per narrar più volte e Purg., XXV, 16 :
Non lasciò, per l' andar che fosse ratto ecc.;

ed ha qualche affinità al perchè nei seguenti luoghi ; Inf., IV, 64; VIII, 121; XV, 15; XXXII, 100. E dizione analoga mi sembra questa : per dolor ch' egli abbia (Inf., XVIII, 84); ed anco col per sottinteso che, poder ch' egli abbia (Inf., VII, 5). Viso per vista, occhi, sguardo, è frequente (cf. Inf., XV, 26; XX, 10; XXXI, II; Purg., III, 104; XXVIII, 148 e spesso). Ficcare ecc. ;

ficcar gli occhi (Purg., XIII, 43; Inf., X11, 46, ficcar gli occhi a valle; XV, 26; ficcai lo viso per lo cotto aspetto): cf. Purg., XXIII, 1-2; Par., XXXIII, 83; moralmente per fissare l'attenzione, Par., VII, 94; XXI, 16. Se poi sia la vista che vada all' oggetto, o l'oggetto che venga alla vista, cf. Inf., IX, 73.

13-15. L'Alfieri noto il v. 13. Cieco mondo (cf. XXVII, 25; e X, 58, cieco carcere), non solo perchè pieno di tenebre eterne, e ove sempiternus horror inhabitat (Job), e dove l'aura è morta (Purg., 1, 17), ma perchè non c'è la visione di Dio; onde cicchi i dannati (Inf., VI, 93); e vita cieca quella de' fannulloni (Inf., III, 47). Non sa il Poeta come meglio designare l' Inferno, se non dal mancamento di luce, (tenebre eterne,111, 87), e dal mancamento d' amore (perchè perduto il Ben dell' intelletto, III, 18, Amore sommo): si noti pertanto la manifesta opposizione del Paradiso, ove ride e si stende beatifica Luce intellettual piena d' amore,

Amor di vero ben pien di letizia,
Letizia che trascende ogni dolzore,

Par., XXX, 40-42. Tutto smorto, cioè (cf. v. 19) tutto smarrito dalla grande angoscia (Inf., XXIV, 116). Io sarò primo ecc. Con questa parola affettuosa in pari tempo e solenne, Virgilio fa capo al suo viaggio pel vero nferno; e Dante, oltrechè in altra occasione (cf. Inf., xx111, 2), ne confer

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