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Commento

della Divina Commedia

INFERNO

CANTO PRIMO.

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EL mezzo del cammin di nostra vita

1. Nel mezzo ecc. Nel Conv., IV, 23: La nostra vita procede ad immagine d' arco, montando e discendendo... Perocchè il Maestro della nostra vita Aristotele s accorse di quest' arco, parve volere che la nostra vita non fosse altro che uno salire e uno scendere... Là dove sia il punto sommo di questo arco è forte da sapere; ma nelli più io credo fra il trentesimo e il quarantesimo anno. E io credo che nelli perfettamente naturati esso sia nel trentacinquesimo anno. Se Dante finge d' avere avuto la sua visione nel 1300 (cf. Inf., XXI, 112-114), anno del Giubbileo (cf. Purg., II, 94-99), Dante nato sotto la costellazione de' Gemelli (cf. Par., XXII, 112-117) del 1265, era così al colmo della sua vita (Conv., 1, 3), cioè aveva trentacinq' anni: donde anco rilevasi ch' egli era perfettamente naturato, cioè senza difetti e deformità fisiche. Cammino ecc. Conv., III, 15: Il cammino di questa brevissima vita. Ne' Salmi (LXXXIX, v. 10): Dies annorum nostrorum septuaginta anni. In quanto alla Visione, che Dante ottenne per ispecial privilegio dalla sua Beatrice, si ponga mente e si tenga ben fermo che essa si deve distinguere dalla Commedia, che non è altro che la poetica descrizione della Visione stessa. L' allegoria e il fine della Visione, è tutto proprio e solo di Dante (cf. Vit. N., § XLII; Purg., XXX1, 133 e segg.), mentre l' allegoria e il fine della Commedia si riferiscono all' uomo universalmente. Perciò nell' Epistola a Cangrande (§ XI) Dante scrisse: «Totius operis literaliter sumpti subjectum est: Status animarum post mortem, non contractus sed simpliciter acceptus.... Totius operis, allegorice sumpti, subjectum est: Homo, prout merendo aut demerendo per arbitrii libertatem, est justitiæ præmianti aut punienti obnoxius. > Il fine poi d'ogni cantica e di tutto insieme il sacra Poema è da Dante stesso così prefinito (se ne facciano

Conv. III 15; IV, 23.

COMMENTO - I.

Conv. IV

I.

Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita.

norma imprescrittibile i lettori, guida sicura a penetrare il pensiero dell'Autore, e mezzo efficacissimo ad abbattere tante chiose dal pensiero di Dante in tutto disformi) : « Finis totius et partis est removere viventes in hac vita de statu miseriæ, et perducere ad statum felicitatis» (ibid., § xv); e prima (§ VII) aveva dichiarato che cosa intenda per miseria e per felicità, cioè il peccato e la grazia : cf. Purg., XXVII, 140-2; Par., VII, 79-84.

2. Mi ritrovai ecc. Non accenna al fatto dello smarrimento, ma al momento dell' accorgersi di esso; cioè riconobbi, m' avvidi che io era in una selva, riscotendomi dal sonno, ond' era pieno in su quel punto, che abbandonai la via del bene e della giustizia (vv. 11-12). Selva oscura (selva fonda, Inf., XX, 129, perchè profonda la valle); è questa la selva o la valle nella quale si smarri innanzi che fosse piena la sua età (Inf., XV, 50-51). Conv., IV, 24 : «La selva erronea di questa vita.» Questa selva, allegoricamente, altro non è che la vita viziosa, alla quale Dante lasciossi andare, appena morta Beatrice, rimanendo in essa sino a' trentacinq' anni, cioè pel corso di dieci anni (cf. Purg., XXXII, 2). S. Leone Magno, di Roma nella venuta di S. Pietro: Silvam istam frementium bestiarum, et turbulentissimæ profunditatis oceanum.... ingrederis. Della selva selvaggia veggasi il mio Dizionario Dantesco vol. VIII, Appendice 11, pagg. 33-65; e così alla stessa opera, Appendice XVII, Parte seconda, il giovane studioso potrà fare ricorso per tutto ciò che risguarda la Commedia e per la materia, onde si compone, e per le ragioni filosofiche e morali, che la governano. Del fatto dello smarrimento e della sua qualità ne rende testimonianza Dante stesso nelle addolorate parole, che rivolge all' amico Forese (Purg., XXIII, 115-126); al che mettono suggello i rimproveri, che gli muove Beatrice (Purg., XXX, 109-138) dove è notabile il si tosto del v. 124, confermato dal contrito Poeta al v. 36 del Canto seguente. Oscura. Si dee intendere fitta di piante, che impedivano i raggi della Luna (cf. Purg., XXVIII, 33), che appunto in quella notte era nel suo pieno : cf. Inf., XX, 128-9. Appena si trovo, nasce nella sua anima questo sgomento vivo e profondo, sì che niente gli par tanto orribile quanto quella selva (vv. 4-7). E notate che nella selva vi stette parecchi anni; però, durandogli il sonno, non s' accorse prima di quel misero stato; solo adesso si trova, e trovandosi se ne sgomenta : è paura, è dolore, è vergogna e raccapriccio. Il pensiero è vero, e perchè vero, ognuno lo intende. Quand' uno è avviluppato da certe passioni, le vede ad un modo; ma s' arriva a scuotersi, a liberarsene, esse mutano aspetto, e l' uomo si chiede: «Ma dove ero io? dove avevo la testa?»; domande che esprimono maraviglia, e sono condanna; ma maraviglia e condanna che son ravvedimento.

vi.

3. Che. Vale perchè, essendo Dante entrato appunto nella selva, perchè abbandonò la via diritta. Altri spiegano talmentechè o in che: ma talmentechè, osserva il Guiliani, dinota troppo altra relazione che quello che richiedono i due primi versi ed in che fa supporre che Dante avesse smarrito la via dentro la selva, quando sì fatto smarrimento gli venne prima di entrarDiritta via. Via verace è detta poco appresso (v. 12: cf. Purg., XXX, 130). Tale via è quella della rettitudine e della giustizia: perciò Dante : « Justitia est quædam rectitudo sive regula, hinc inde obliquum abjiciens » (Mon., 1, 13); quindi giustizia e drittura significano lo stesso (Par., XX, 121), perocchè la giustizia ordina noi ad amare ed operare drittura in tutte le cose > (Conv., IV, 17). Quindi andar dritta, d' una famiglia, per ben operare (Purg., VIII, 132); e ritrosi passi per opere malvage (Purg., X, 123) : e d'una famiglia Religiosa si mediti e raffronti il Par., XII, 115-117. Perciò ne' Salmi (XVIII, 9) : « Justitiæ Domini rectæ, lætificantes corda» (ed è qui

notabile la letizia risorgente dall' abito del ben fare, crescente di dì in dì, avvertita da Dante, Par., XVIII, 58-60; il che conferma quanto aveva già appreso da Virgilio rispetto al viaggio pel santo monte del Purgatorio (Purg., IV, 88-96). E il sacro Testo prosegue : «Præceptum Domini lucidum, illuminans oculos onde si rileva ancor viemeglio perchè la selva era oscura. Questa via diritta o verace è certo quella, onde il Salmista (Psal. LXVI) così pregava a Dio: Ut cognoscamus in terra viam tuam; e della quale Dante nel Conv., III, 15, cosi scrive: Non chiudete gli orecchi a Salomone, che vi dice: «La via de' giusti è quasi splendente, che procede e cresce infino al dì della beatitudine.» Dio è sole spirituale (Conv., III, 12), egli è Via, Verità e Luce (ivi, 11, 9) : e questa Luce, che è sapienza, è sola capace di menar dritto gli uomini per la via retta (Inf., I, 18): nel libro della Sa pienza (IX, 17-19): «Sensum tuum, Domine, quis sciet, nisi tu dederis sapientiam, et miseris spiritum sanctum tuum de altissimis et sic correcte sint semita eorum, qui sunt in terris....? Nam per sapientiam sanati sunt quicumque placuerunt tibi, Domine, a principio. » Gli è per questo che quando il mistico viaggiatore sarà giunto alla sua completa purificazione, si sentirà dire da Virgilio (Purg., XXVII, 133) :

Vedi là il Sol che in fronte ti riluce :

e subito appresso (ivi, 140-142: veggasi il commento a questo luogo): Libero, sano, dritto è tuo arbitrio...

Perch' io te sovra te corono e mitrio.

Era smarrita. Dice più che non aveva smarrita, perchè avvera la parola dello Spirito Santo che i grandi smarrimenti non avvengono di botto, ma a poco a poco, insinuandosi nell' anima il sonno, che toglie all' uomo la coscienza di sè (veggasi al v. 11): qui spernit modica, paulatim decidet (Eccli., XIX, 1.). Soprachè bene avverte lo Scartazzini, che il Poeta non era il solo che avesse smarrito la diritta via, ma con lui la più parte de' suoi contemporanei (cf. Inf., VI, 73-75; Purg., XVI, 82), tutti sviati dietro al malo esempio (Par., XVIII, 126). Causa d' ogni smarrimento è il malo amore, Pamor torto (Par., XXVI, 62), il quale fa parer dritta la via torta» (Purg., X, 2-3). Per istarcene fissi allo smarrimento del Poeta, ecco da che precisamente provenne : Beatrice, tra altro, così alle Sustanze pie accusò Dante (Purg., XXX, 121 e segg.):

Alcun tempo il sostenni col mio volto;

Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco il menava in dritta parte volto.

Ma si tosto com' ella morì, il Poeta si tolse a lei, e diessi altrui :
E volse i passi suoi per via non vera,

Immagini di ben seguendo false,

Che nulla promission rendono intera.

Dante è costretto di riconoscere tutta la verità di tanta accusa; e rispetto alla qualità e al tempo conferma umilmente e chiarisce le riprensioni di Beatrice (Purg., XXXI, 84 e segg.):

Piangendo dissi : Le presenti cose

Col falso lor piacer torser miei passi,
Tosto che 'l vostro viso si nascose.

Però è da notarsi che lo smarrimento di Dante fu straordinariamente grave, onde per rimetterlo sulla diritta via era mestieri non altro che un miracolo (Purg., XXX, 133 e segg.). Il Poeta riconosce pur questo; e lo manifesta aperto nel ringraziamento a Beatrice nell' alto de' Cieli:

Di tante cose, quante io ho vedute,
Dal tuo podere e dalla tua bontate
Riconosco la grazia e la virtute.

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