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dategli da Monsignor della Casa nel suo Galateo, pur affermando l'esistenza di coteste postille lasciò un vuoto per accogliervene un saggio quando si fosser trovate. "Il Tasso, egli scriveva, fu grande ammiratore di Dante, e si valse felicemente nel suo poema di alquanti versi di questo insigne scrittore, da lui studiato attentamente, come mostra un testo postillato di sua mano, il quale si conserva in Roma nella libreria dei padri Gesuiti. In esso di quando in quando alla margine si leggono le seguenti esclamazioni.

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per cui s'esprime l'alto concetto, nel quale egli giustamente lo teneva. Nelle dotte conversazioni accademiche di Roma e di Firenze, tra la fine del secolo XVII e il principio del XVIII si dovette più volte parlare di cotesto Dante postillato dal Tasso, sí che la memoria di esso fu raccolta da parecchi eruditi che v' accennarono vagamente, senza però aver mai visto il prezioso libro o averne avuta alcuna notizia precisa e diretta: cosí il Fontanini in quel suo zibaldone Della eloquenza italiana ricordò quelle postille, ma sulla fede della lettera di monsignor Falconieri; e e il Salvini, annotando i libri Della perfetta poesia del Muratori, a proposito dello studio del Tasso in Dante, "si sa, scriveva, che tutto l'avea egli postillato al par di Platone. " Era tanto vaga presso gli eruditi del secolo scorso la notizia delle postille tassesche alla Commedia che un altro di quei dottissimi, Anton Francesco Zaccaria, visitando le librerie e i musei di Pesaro e imbattutosi in casa Giordani in un esemplare della edizione del Convivio, fatta a Venezia da Melchiorre Sessa nel 1531, postillato anch'esso dal Tasso, pensò che il Fontanini fosse caduto in equivoco e avesse scambiato il poema col trattato filosofico. Ma poi un po' più di luce sulla questione fece il grave biografo del Tasso, Pier Antonio Serassi, il quale, certamente per notizie avute da Annibale degli Abati Olivieri Giordani (il fondatore della pesarese biblioteca Oliveriana), pubblicò che "le postille originali del Tasso sopra. Dante esistono tuttavia in Pesaro nella Libreria Giordani, ora degnamente posseduta dal dottissimo sig. Annibale degli Abati Olivieri, e aggiunse altrove qualche maggior particolare

'Di questa veglia apologetica sono tre manoscritti nella Biblioteca Nazionale di Firenze (Magliabechiani VII-468 e VII-919 autografi, VII-466 apografo): fu edita da F. FONTANI nelle note al suo Elogio di Carlo Dati, Firenze, Cambiagi, 1794, pag. 176-187; poi nel Giornale enciclopedico di Firenze del 1814, vol. VI, pag. 303-320, e finalmente nelle Prose scelte del Dati a cura di B. GAMBA, Venezia, Alvisopoli, 1826, pag. 119-136.

2 Prose scelte, ediz cit., pag. 120.

'La prima edizione dell'opera del Fontanini è quella di Roma, Gonzaga, 1706; seguirono, sconfessate dall'autore, quelle di Cesena, Gherardi, 1724, di Roma, Mainardi, 1726, di Venezia, Malachini, 1727 e di Lucca, Marescandoli, 1731: poi, approvata da lui, quella di Roma, Rocco Bernabò, 1736 postume furono quella di Venezia, Zane, 1737, e poi le due accresciute delle annotazioni di Apostolo Zeno, Venezia, Pasquali, 1753 e Parma, Mussi, 1803-1804.

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▲ Della perf. poesia, lib. II, cap. 1, nota 5: la 1a ediz. con le note del Salvini fu quella di Venezia, Coleti, 1724.

5 A. F. ZACCARIA, Excursus litterarii per Italiam ab anno MDCCXLII ad annum MDCCLII, Venezia, 1754, p. 17. Il resoconto del viaggio erudito a Pesaro, che fu nel 1745, fu dallo Zaccaria scritto in forma di una lettera al card. Quirini, la quale prima fu data in luce nella raccolta dal Calogerà. Vita di Torquato Tasso, 1a ediz., Roma, 1785, pag. 91.

scrivendo: "Anche nella libreria Giordani di Pesaro si conserva un Dante
della stampa del Giolito, fregiato di postille del nostro grand' Epico, ve-
duta già con ammirazione da monsignor Ottavio Falconieri, e facendo
sapere che una copia di queste postille, fatta fare dal pontefice Alessan-
dro VII (1655-1667) esisteva nel "codice della Chisiana n. 2322, p. 73.,1

Se non che quella del Serassi fu luce insufficente a rischiarare il

buio. Perché un Dante della stampa del Giolito, come egli disse, è

indicato incompiutamente se non s' aggiunga la notazione dell'anno, es-

sendo risaputo che due edizioni fecero fare in Venezia i Giolito da Trino,

l'una Giovanni Giolito nel 1536 per le stampe di Bernardino Stagnino

e l'altra Gabriele Giolito nel 1555 coi proprî tipi. 2 Poi il Dante di

cui Ottavio Falconieri aveva dato notizia a Leopoldo de' Medici era

"tutto fregiato di postille,,, cioè postillato da cima a fondo; mentre

le postille ricopiate nel codice chigiano, se il Serassi l'avesse vedute,

non oltrepassavano il canto XXIV dell' Inferno. Quest'ultima partico-

larità si seppe solamente più tardi, quando Filippo De Romanis, ve-

nuto a conoscere l'esistenza dell' apografo chigiano, pubblicò sulla fine

del 1823 in un periodico letterario romano le ormai famose postille

col titolo di Postille del Tasso a un Dante, Divina Commedia di stampa

del Giolito ch'è in Pesaro nella libreria de' signori Giordani e con

la nota finale ch' ei trovò nell' apografo: "Queste brevi annotationi del

signor Torquato Tasso furono da lui fatte in Pesaro sopra un Dante

di stampa del Giolito, ch'è nella libreria del sig. Camillo Giordani.

Nel breve proemio, messo innanzi al testo delle postille le quali si riferi-

scono a oltre sessanta luoghi danteschi dall'Inf., I, 2 al XXIV, 120,

il De Romanis osservò che il Serassi ne aveva inesattamente parlato
forse perché non ebbe notizie piú precise dall' Olivieri; che la copia
chigiana fu fatta fare "
per dotta sua curiosità da Alessandro VII,
il raccoglitore dei tesori della Chigiana; che un'altra copia ne posse-
deva la Barberiniana eseguita da Federigo Ubaldini, e finalmente che
per qualche diligenza fatta in Pesaro non si è potuto sapere se il
prezioso libretto vi si conservi.

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Mentre il De Romanis cercava a Pesaro, ignorando di averlo molto
più vicino, il Dante giolitino postillato dal Tasso, altri, messo su l'av-
viso dalla pubblicazione della Veglia apologetica del Dati ritentava in-
dagini volte a rintracciare nella libreria romana dei Gesuiti il libro ven-
dutovisi nei tempi di monsignor Falconieri: inutilmente lo fece ricercare
Marc' Antonio Parenti, inutilmente un buon letterato centese, oggi presso
che dimenticato, Gaetano Maiocchi; per il quale un amico, cui egli
aveva commesse le ricerche, l'avvocato Andrea Monari, non potendo

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far di meglio, trascrisse nuovamente nel gennaio 1824 le postille dall'apografo chigiano, e glie ne donò la copia senz' avvertirlo che frattanto il De Romanis le aveva pubblicate.' Ma non inutilmente ricercò, tra i tesori della Barberiniana a lui affidati, Luigi Maria Rezzi; il quale il 30 marzo del 1826, dando notizia a Giovanni Rosini dei commenti danteschi esistenti in quella biblioteca, gli prometteva di mandargli la "copia intera delle postille, che di mano del Tasso si leggevano nell' esemplare barberiniano della edizione di Dante fatta in Venezia dai fratelli Sessa nel 1564, postille delle quali il Rosini s'era potuto giovare allora allora in una delle sue pubblicazioni di polemica dantesca, e gli annunziava d'aver trovato altre "preziosissime 'postille „, pur esse del Tasso nei margini d'un esemplare della edizione del poema, col commento di Bernardino Daniello fatta in Venezia da Pietro da Fino nel 1568. Intanto il Maiocchi, a festeggiare le nozze di Beatrice Rusconi con Giuseppe Davia, rimetteva fuori in Bologna nel 1829 le postille già edite dal De Romanis, di su la copia fatta per lui dal Monari, e proemiando al libretto diceva: "Ho potuto quasi accertarmi che l'edizione, che in Pesaro ebbe fra mano il Tasso, fu quella di Venezia del 1536 col comento del Landino; la quale venne bensí in luce ad istanza di Giovanni Giolito da Trino, ma coi caratteri di Bernardino Stagnino. Il non vedersi nel frontispizio che il nome del primo fu, per avventura, la cagione dell'abbaglio.., Il Maiocchi traeva la sua persuasione del fatto che le postille presuppongono la lezione della edizione del 1536 in più d'un luogo, specialmente in Inf,, II, 60 quanto 'I moto lontana, II, 121 perché perché restai?, IV, 49 Uscicci mai alcuno, X, 88 il capo mosso: XXIV, 20 quel piglio; ma si fermò troppo presto nei suoi raffronti, poiché se piú compiutamente avesse ricercato si sarebbe accorto che il suo ragionamento poggiava sopra una falsa base, essendo vero che le postille presuppongono quelle lezioni, ma vero altresí che quelle lezioni occorrono tanto nella giolitina del 1536 quanto in quella del 1555, anzi in tutte le edizioni dantesche che, come quelle due, ripetono su per giú il testo di Aldo Manuzio. Poco dopo la pubblicazione del Maiocchi, il Rosini raccolse in un solo corpo le postille tassesche delle tre serie segnalate sino allora; e ne ornò dapprima l'edizione del poema dantesco da lui procurata in Pisa nel 1830,*

1 Si veda il proemio di G. MAIOCCHI alla pubblicazione che sarà citata più avanti (pagine VI-VII.

2 Lettera a Giovanni Rosini professore di eloquenza nella Università di Pisa scritta da Luigi Maria Rezzi professore di eloquenza latina e storia romana nella Università di Roma e bibliotecario della libreria Barberini sopra i manoscritti barberiniani, commenti alla divina Commedia di Dante Alighieri, Roma, V, Poggiali, 1826, pag. 36 per le postille all' ediz. del 1564, e pag. 33-34 e 36 per quelle all' ediz, del 1568.

3 Risposta del prof. G. ROSINI alla lettera dell'amico e collega suo prof. G. Carmignani sul vero senso di quel verso di Dante, “Poscia più, ecc.: Pisa, N. Capurro, 1826; Appendice III: La divina Commedia di Dante postillata da T. Tasso (ristampata nelle Opere di G. R., Pisa, 1835, IV, 217-274.

Postille di TORQUATO TASSO sopra i primi XXIV canti della divina Commedia di Dante

e poi ne formò il trigesimo volume della raccolta delle opere del Tasso uscito in luce nel 1831.1

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Delle postille del Tasso si occuparono in tempo a noi più vicino Filippo Scolari,3 Stefano Grosso 3 e Nicolò de' Claricini Dornpacher,* ma tutti e tre considerandole piuttosto rispetto al valore critico e letterario, senza dare troppa importanza alla loro storia esteriore. " E pur dopo questi lavori, se non rimasero questioni circa le postille lasciate dal Tasso sugli esemplari delle edizioni veneziane del 1564 e del 1569, continuò a regnare la più grande incertezza rispetto alla qualità del Dante giolitino sul quale egli aveva scritto le postille ai primi ventiquattro canti dell' Inferno edite dal De Romanis e dal Maiocchi. Anch'io feci già qualche ricerca per trovare in Pesaro l'originale, che pur doveva esserci stato; ma non si poté sapere se non ciò che mi scriveva il dotto amico, marchese Ciro Antaldi, degnissimo bibliotecario dell'Oliveriana: "Delle relazioni amichevoli di Torquato Tasso colla famiglia ducale Roveresca, e colla famiglia nobilissima de' Giordani di Pesaro, è superfluo dire. Ai tempi del Tasso fiorivano in questa, Giulio segretario ducale, uomo letteratissimo, Pier Matteo II, suo fratello, matematico di molto nome, e Camillo II, figlio di Giulio, riuscito esso pure un gentiluomo distintissimo. Il Tasso ripetute volte abitò nella loro casa, e vi lasciò dei libri da lui postillati, nominatamente una divina Commedia di Dante, un Petrarca ed un Claudiano. Presso a spegnersi la famiglia de' Giordani della prima linea del sec. XVII verso il fine, passò per adozione negli Abati-Olivieri, ed i rami minori verso la fine del sec. XVIII si spensero essi pure, e ne ereditò il conte Paolo Machirelli, uno dei pronipoti del sig. Annibale degli Abati-Olivieri, dottissimo, come si sa: non era tale però il pronipote; tutt'altro.. Detto dei libri postillati, e chiedendosi della libreria, quanto si sa è questo, che il sig. Annibale Olivieri vi attinse largamente, recando molti libri e manoscritti in sua casa; il resto, fino al 1820, rimase in mano ai Machirelli, che poi tutto cederono per prezzo alla Biblioteca Oliveriana. Fra i libri allora pervenuti fu il Claudiano, che conserviamo, ma del Petrarca piú nulla si seppe, e del Dante ha lasciato scritto il Betti nelle sue Cose pesaresi primieramente che le postille eran di poco conto, come anche quelle al Petrarca, che ancora esistevano in casa Giordani (1808), come le prime. In altro luogo poi il Betti stesso,

Alighieri ora per la prima volta date alle stampe con alcune annotazioni a maggiore intelligenza delle medesime, Bologna, R. Masi, 1829, pag. VII.

La divina Commedia postillata da T. TASSO, Pisa, 1830: cfr. BATINES, I, 173.

La divina Commedia di D. Alighieri difesa dalla censura appostevi da T. Tasso, nella Rivista ginnasiale, an. 1855, fasc. V. VI.

3 Opere di T. Tasso, vol. XXX, Pisa, 1831: cfr. SOLERTI, Appendice alle opere in prosa diT. Tasso, Firenze, Le Monnier, 1892, pag. 14.

▲ Degli studi di G. I. Ferrazzi su Torquato Tasso, ecc., sul Propugnatore, ann. 1881, vol. I,

p. I, pag. 266, 11, e L'Alighieri, a. 1889, vol. I, pag. 7, 20, 45, 47.

5 Lo studio di T. Tasso in Dante Alighieri, Padova, tip. del Seminario, 1889.

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come ne ho certissima memoria (non è però facile rinvenirlo d' acchito, trattandosi di una delle tante sue degressioni), narra che il conte Paolo Machirelli di sopra detto, erede Giordani, fece dono al cav. Vincenzo Monti del Dante postillato, e ciò in ossequio certo della fervida cavalleresca servitú che egli aveva dedicata alla figlia di quello, Costanza Perticari Il luogo del Betti, accennatomi dall'Antaldi, è nel manoscritto Oliveriano 996 (tomo V, parte 2a, § 34, anno 1578, carte 390-91), e sebbene non contenga nulla di veramente nuovo lo riferirò per la storia della questione. Dice adunque lo storico pesarese: "Fu questa l'occasione in cui T. Tasso si trattenne alquanti giorni in questa città in casa del dotto Giulio Giordani segretario e consigliere del Duca e vi lasciò un Dante e un Petrarca da sé postillati. Il primo fu veduto nel pontificato d'Alessandro VII con ammirazione dal dotto prelato Antonio Falconieri; e conviene che il detto papa fosse invogliato di vedere queste postille e di averne copia, trovandosi trascritte nel Codice 2323 della Chisiana, in fine di cui si legge: queste brevi annotazioni del signor Torquato Tasso furon da lui fatte in Pesaro sopra un Dante di stampa del Giolito ch'è nella libreria del signor Camillo Giordani. Il secondo ch'è anch'esso di stampa del

Giolito e ne fa onorata menzione il chiarissimo Zaccaria nella sua opera Excursus litterarii per Italiam (t. I, c. II, p. 17) ha nell' ultima carta queste parole che il dotto Olivieri riconosce essere state scritte da Girolamo Giordani suo bisnonno. Questo Petrarca fu di T. Tasso e restò in casa del Giordani nel 1578 dove alloggio per alcuni giorni. Le postille per altro fatte a questi due libri non hanno altro pregio se non quello di essere di proprio pugno del Tasso, non consistendo quasi in altro che nel vedersi lineate molte righe nel corpo della stampa, e ripetuta poi nel margine la parola in grazia di cui quelle linee furon tratte. I due libri suddetti esistono peranche in questa biblioteca Giordani posseduta dal conte Paolo Machirelli. Il buon Torquato, tornato di nuovo in braccio della sua nera melanconia, e giunto a sospettare perfino che il nostro Duca congiurasse contro di lui, volle assolutamente allontanarsi per andare a Torino. A proposito di queste postille del Tasso dirò qui per incidenza che nella detta biblioteca Giordani esisteva al tempo che lo Zaccaria venne qui in Pesaro, come egli narra nell' Excursus, anche un Dante impresso in Venezia a istanza di M. Giovanni Giolito da Trino l'anno 1536, il quale fu di Domenico Gabizio da. Pesaro letteratissimo uomo il quale vi appose anch'egli molte postille. Chi sia quest' uomo e in qual tempo precisamente fiorisse non si sa. 99

Insomma l'autografo delle postille del Tasso era rimasto in Pesaro pare, sin al principio del secolo ; ma poco di poi non vi si trovava piú né si sapeva dove fosse andato a finire; e cosí non si poteva più sapere se l'apografo chigiano fosse compiuto ed esatto, e però se compiute ed

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