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Sanesi Ireneo.

La discendenza di Geri Del Bello. 1895, in-8°, di pagg. 15.

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Pistoia, tip. Cino dei fratelli Bracali,

Da un documento dell'Archivio di Stato di Firenze (Capit. d'Orsanmichele, 461, c. 135) che il Sanesi publica, s'impara che Geri del Bello ebbe moglie. In questo documento domina Laurentia filia condam Geri del Bello populi Sancti Florentü de Florentia et uxor olim Jacobi Simonis populi Sancti Felicis in piacza de Florentia et que hodie moratur in populo Sancti Florentii de Florentia, lascia de bonis suis domine Kare eius sorori et filie olim dicti Geri del Bello florenos quindecim auri; altri quindici fiorini Isabette eius sorori et filie olim dicti Geri del Bello, centottanta Francische et Filippe eins nepotibus et filiabus Sandri eius fratris et filii olim dicti Geri del Bello.... In omnibus autem aliis suis bonis mobilibus et immobilibus juribus nominibus et actionibus presentibus et futuris sibi universalem heredem instituit Niccholaum et Gherardum eius et dicti condam Jacobi filios. E nel caso costoro vengano a morte, senza figliuoli legittimi o naturali, eis substituit pupillariter vulgariter et per fideicommissum Jarannem, Benedictum et Sandrum fratres et filios olim dicti Geri in una dimidia et sotietatem sancti Micchaelis pro alia dimidia. (553)

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Livorno, tipografia di Raff. Giusti, editore-libraio,

Questo libro, annunziato già nel no. 449 di questo Bollettino, contiene, tra altro, le seguenti scritture di argomento dantesco: 1° La divina Commedia col commento di Tommaso Casini. (Recensione favorevole, con alcune buone osservazioni e una assai acuta opinione sul disdegno di Guido); 2o La dichiarazione poetica dell'" Inferno di Guido da Pisa, pubblicata e illustrata, insien.e ai Capitoli di Jacopo Alighieri e di Bosone da Gubbio dal Roediger, nel Propugnatore; 3° Su tre varianti di un codice antico della Comedia di Dante recentemente scoperto in Udine, (Recensione di una dissertazioncella di Stefano Grosso [Udine, tip. Doretti]. Le varianti sono: O degli altri poeti specchio e lume (Inf., I, S2); che dinanzi ad essi Spiriti umani non furon salvati (ivi, IV, 63); E nulla pena al mondo ha piú amara (Purg., XIX, 117). 4° Sulla classificazione dei manoscritti della divina Commedia, nota di E. Monaci. 5° Il volgar fiorentino nel poema di Dante, di I. Del Lungo. 6o Le Consulte della Repubblica fiorentina, publicate dal Gherardi. (Vi si parla del terzo fascicolo dal quale vengono fuori notizie intorno a Paolo di Malatesta da Verrucchio, l'amante della Francesca). 7° Prolegomeni della divina Commedia, di G. A. Scartazzini. (Recens, con molte osservazioni). 8° Studi danteschi di A. Bartolini. (Recensione sfavorevole). 9° La figu razione storica del medio evo italiano nel poema di Dante, conferenza di Isidoro del Lungo. 10° La politica e la storia nella divina Commedia, secondo Adolfo Bartoli. (St. della lett, ital., vol. VI). 110 11 66 sanguinoso mucchio,,: nota dantesca di C. Ricci. (Dimostra la interpretazione di questo luogo (Inf., XXII, 44) data dal Ricci, (Lettere e arti, II, 49-50) contraria alla cronaca contemporanea e alla tradizione). 12" Indagini storico-politiche sulla vita e sulle opere di Dante Alighieri, di Gregorio Lajolo. (Recensione sfavorevole). (554)

Valeggia Gildo. Alcune idee e proposte intorno al molo di spiegar Dante nei nostri licei. Teramo, tip. del "Corriere abruzzese , 1895. in-8°, di pagg. 22.

(555)

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Zenatti Albino.

Il" disdegno di Guido. (Nella Cultura, 15-22 di luglio 1895).

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Il cui si riferisce a Beatrice, ma Guido ebbe a disdegno la persona presso la quale sta per recarsi Dante, non ella ebbe a disdegno Guido. Ciò è provato dalle parole di Cavalcante Dicesti egli ebbe? del verso 68. Cosí, il senso letterale e il positivo della terzina son egualmente chiari. (556)

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Seguitano i dantisti, fino nelle più recenti pubblicazioni, a dissentire intorno alla sede de' superbi nell' Inferno dantesco. C'è chi s'ostina a vedere in Filippo Argenti un superbo'; e c'è chi vede in lui un superbo e un iracondo insieme : la violenza contro Dio, rappresentata da Capaneo, c'è chi la identifica con la sola bestemmia 3, o con l'empietà, un peccato che da' teologi non si contempla, o si fa consistere nel conculcare le immagini, disprezzare le reliquie de' santi ecc.5; e c'è chi continua nell'antico sistema, di non indagar nemmeno a che peccato corrisponda, ne' trattati teologici, questa violenza contro Dio: c'è chi sostiene che la superbia e l'invidia sien punite ne' tre o ne' quattro ultimi cerchi dell' Inferno dantesco; e c'è chi ri

1 POLETTO, Commento alla divina Commedia, Desclée, Lefebvre e C., Roma-Tournay, 1894, Vol. I, pag. 161 e 169; FORNACIARI, nella recensione del mio scritto: La struttura morale dell'Inf. di Dante, in Bullettino della Società dantesca italiana, Nuova serie, Vol. I, fasc. del 1° giugno 1894, e DEL NOCE, Lo Stige dantesco e i peccatori dell'Antilimbo, Città di Castello, Lapi, 1895.

2 BERTHIER, Commento alla divina Commedia, Friburgo, Tip. dell' Università (in corso di pubblicaz.), Vol, I, pag. 132; P. TASSIS, Peccati e pene nell' Inferno dantesco, Macerata, Stab. tip. Mancini, 1894, pag. 14; e A. DOBELLI, Superbi ed invidi nella prima cantica della divina Commedia, in Giornale dantesco, Anno II, pag. 414.

3 BERTHIER, op. cit., pag. 240; e TASSIS, scr. cit., pag. 20. POLETTO, op. cit., pag. 242.

5 Cfr. Somma del Toledo volg., IV, XIII. Dell' irriverenza verso le immagini sacre s. Tommaso fa un grado del sacrilegio. Cfr. Summa theol., II,II,XCIX, 3°.

6 Dr. FELICE MARTINI, Commento alla divina Commedia, Torino, Roma, ecc., G. B. Paravia e C., 1894; e SCARTAZZINI, 2a ediz. min. del suo Commento, Milano, Hoepli, 1896.

'ZINGARELLI, Gli sciagurati e i malvagi nell' Inferno dantesco, in Giornale dantesco Anno I, pag. 262; FLAMINI, nella recensione dello scr. dello Zingarelli, in Bullettino della Società dantesca italiana, N. 5, Vol. I, fasc. di dicembre 1893, pagg. 53 e 54; e SCARTAZZINI, 2a ediz. min. del suo Commento.

8 D'OVIDIO, La topografia morale dell' Inferuo dantesco, in Nuova Antologia, fasc. del 15 settembre 1894. La stessa ipotesi aveva già sostenuta il COMELLO, Nota al c. VIII dell' Inferno dantesco in Biblioteca delle scuole italiane, fasc. del 10 giugno 1893. Cfr. la mia recensione dello scr. del D'OVIDIO, in Giornale dantesco, Anno II, pagg. 446-451.

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sale ancor più sopra, e "questi superbi ed invidiosi,, comincia a vederli nello Stige, e poi giú giú fino a Lucifero, prototipo d'ogni superbo e d'ogn' invidioso,, : infine, c'è chi ritorna all'opinione del Bartoli, cioè che di dannati pel solo peccato della superbia e dell' invidia nell' Inferno dantesco non ce ne sono,, 2; e c'è chi torna all'ipotesi del Landino, che "nella GHIACCIA e non altrove, sotto i GIGANTI nel profondo del LAGO, nelle tre bocche e presso e intorno al PRIMO SUPERBO non altri sieno, se non superbi se non superbi,,. In tanta discordanza di pareri, non sarà inutile, io credo, ai molti e non deboli argomenti contenuti in altri miei scritti, per dimostrare che il rappresentante della superbia (distinta in bestemmia di fatto e bestemmia di parole) è Capaneo, non Filippo Argenti, aggiungere ancor questo: un confronto tra il carattere del magnanimo Farinata e quelli di Filippo Argenti e Capaneo. Ché, s'è vero, com'è certamente, che "superbia quandam similitudinem magnanimitatis habet vel fingit,, 5; s'è vero, ed anche ciò non è dubbio, che la superbia, oltre che all'umiltà, potest secundum superexcessum et magnaminimitati.... opponi.... secundum quod inordinate ad magna se estendit,, (il che val quanto dire che la superbia è eccesso di magnanimità); quello tra i due, dirò cosí, candidati sarà da riconoscere come rappresentante dei superbi, che piú stretta parentela mostrerà d'avere col magnanimo Farinata. Incomincio da Filippo Argenti.

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"Mentre noi correvam la morta gora,

dinanzi mi si fece un pien di fango,

e disse: chi sei tu, che vieni anzi ora?,

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Il poeta fin dal primo presentarci il suo personaggio, ce ne dà, nella sua grand'arte, la nota caratteristica: Filippo Argenti è pien di fango; e il fango simboleggia la bassezza, che è l'antitesi della magnanimità: il magnanimo Farinata è ritto, s'erge col petto e con la

1 FERDINANDO SAVINI, I superbi, gl'invidiosi, gli accidiosi nell'Inferno dantesco, in Giornale dantesco, Anno II, pag. 346.

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E. SACCHI, Studi danteschi, in Nuova rassegna, fasc. del 15 dicembre 1894, pag. 1007. Però, a pag. 1005, il Sacchi scrive: "quanto ai superbi, Dante può benissimo averli immaginati in compagnia degl' irosi.... e quanto agl'invidiosi ... dessi non starebbero male fra gl'ignavi Allo stesso modo il TRENTA (Gl'ignavi e gli accidiosi nell' Inferno dantesco, in Giornale dantesco, Anno I, pag. 513-551) esclude dal 5° cerchio la superbia e l'invidia, ch'ei ritiene tutte e due peccati di malizia (pag. 542); ma dichiara poi (pag. 543, nota 1) "non del tutto errato il parere dei dantisti, i quali.... sostennero doversi anche l'invidia e la superbia trovare punita isolatamente nello Stige „; e considera Filippo Argenti come rappresentante e degl'iracondi e dei superbi; e gli accidiosi come deturpati anche dall'invidia, la quale è "certamente gran parte inerente» dell'accidia. Oh! di questo passo, che non s'accomoda? pure FIORETTO, Prolegomeni

allo studio della divina Commedia, Città di Castello, Lapi, 1895, pagg. 60, 82-84.

3 G. PASCOLI, Minerva oscura, nel Convito, raccolta di prose, di poesie e di disegni, Lib. VI, pag. 392. Cfr. pure PAUL POCHHAMMER, Tre questioni dantesche, in Giornale dantesco, Anno III, pagg 243-246. Per il Pochhammer, Capaneo è un iracondo, Filippo Argenti un accidioso irritato! DANTE, Purg., XXXIII, 59.

5 S. TOмM., Summa theol., II, II, LV; 8o.

Loc. cit., CLXII, 1o.

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fronte; onde ti getta "nell'anima l'impressione d'una forza e d'una grandezza quasi infinita „1. Per non dare in sottigliezze, trascuro di confrontar la dimanda dell'Argenti (" chi sei tu, che vieni anzi ora? „); con quella di Farinata ("chi fur gli maggior tui?,,); e passo a confrontar le parole che alla rispettiva risposta di Dante replica ciascuno de' due dannati.

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"Ed io a lui: s'io vegno, non rimango.

Ma tu chi sei, che sí sei fatto brutto?
Rispose: Vedi che son un che piango „.

A proposito di questa risposta di Filippo Argenti, il Poletto scrive: superbissimo tuttavía, si vergogna di farsi conoscere in condizione cosí umiliante È chiaro che questa nota del Poletto è ispirata dal preconcetto che Filippo Argenti sia un superbo: è lo stesso preconcetto che al Del Lungo fa sembrare risposta sgarbata le parole "vedi che son un che piango Nulla invece vi troverebbe di sgarbato, nulla che ad uomo superbissimo si convenga, chi scevro di preconcetti volesse considerar quelle parole: esse non suonano altro che questo: che ti giova sapere il mio nome? ti basti che sono un disgraziato. Insomma, è la sua mala sorte quella che preoccupa Filippo Argenti; ed ogn' inchiesta, che ad altro si riferisca, deve sembrargli, nè forse a torto, fuor di proposito. Si vuole una prova che in quella risposta non c'è nulla né di sgarbato né di superbo? proviamoci a pronunciar noi le parole, " vedi che son un che piango con un piglio brusco e con tono alto di voce; e ci accorgeremo di fare uno sforzo; sforzo che non facciamo, pronunciandole con tuono di voce dimesso. Si consideri inoltre, che il dannato le pronuncia piangendo; e piangendo non si parla che con umiltà. È dunque un'umile risposta quella dell'Argenti; cosa del resto, che non dovrebbe far meraviglia, chi ripensasse che gente fossero gli Adimari,

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a proposito de' quali versi bene scrive il Cesari: "tanta fierezza è con altrettanta viltà d'animo.... chi la minaccia, o le mostra il gruzzolo de' fiorini d'oro, s'attutisce di presente come pecora,. E Filippo Argenti vien bene di quella schiatta: apostrofa Dante con insolenza ("chi sei tu che vieni anzi ora?); ma dopo che questi gli ha risposto con dignitosa fierezza ("s' io vegno, non rimango: Ma tu chi sei che sí sei fatto brutto? ), dopo che questi gli ha mostrato il dente, l'Adi

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DE SANCTIS, Il Farinata di Dante, in Nuovi saggi critici, Napoli, Morano, 1879.
Pagine letterarie, Firenze, G. SANSONI, 1893, pag. 74.

3 Par., XVI, 115-118.

mari placato cambia tono: "vedi che son un che piango Meglio dunque, che non il Poletto e il Del Lungo, interpetrò queste parole il Tommasèo: "Non vuol dire il suo home, indizio d'uom vile secondo Dante (Inf., XXXII) „.

Vedasi ora che differenza tra le parole di Filippo Argenti, e quelle del magnanimo Farinata. Anche a Farinata, che si vantava d'aver due volte dispersi i maggiori di Dante, questi aveva risposto con fie

rezza:

"S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogni parte
e l'una e l'altra fiata;

.....

ma i vostri non appreser ben quell'arte,,:

questa risposta ha bensí la forza di far restare immobile Farinata durante tutto il colloquio di Dante con Cavalcante; perché, come scrive il De Sanctis, "la sua anima è tutta in un pensiero unico, rimasole infisso come uno strale, l'arte male appresa, ma non ha la forza d'abbatterlo; onde ripiglia minaccioso:

E se continuando al primo detto,

egli han quell'arte, disse, male appresa,
ciò mi tormenta piú che questo letto:

ma non cinquanta volte fia riaccesa

la faccia della donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.

E si noti: l'arte male appresa incresce a Farinata più che la sua stessa pena, pena di fuoco; e, non che piangere, ha in dispitto l'Inferno. Invece l'Adimari è prostrato, e piange. Aristotile scrive che il magnanimo "non est planctivus,; e san Tommaso aggiunge: "quod etiam aliquis sit planctivus ad defectum pertinet; quia per hoc videtur animus exterioribus malis soccumbere,. Or io non dirò, appoggiandomi a queste sentenze, che il piangere sia sempre indizio di poco animo: del pianto di Cavalcante, per esempio, ciò fu detto a torto: ma Cavalcante piangeva per pietà del suo Guido, che non ebbe la grazia che ebbe Dante, "di salvarsi in modo sí straordinario,, : Filippo Argenti piange per la sua propria pena. Insomma, altro è piangere per il male altrui, altro è piangere per il male proprio: l'uno è nobile sentimento, l'altro è pochezza d'animo. Ed ancora: Farinata domanda:

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1 4 Ethic., cap. 3 cit. da S. Tомм. Summa theol.. II, II, CXXIX, 4o.

2 Cf. ANTOGNONI, Il dolore di Cavalcante in Nuova Antologia, fasc. del 1o marzo, 1894, nota

4, pag. 13-14.

3 ANTOGNONI, Scr. cit., pag. 15.

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