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L'ISLAMISMO NELLA STORIA DELLA CIVILTÀ (1)

I.

Il 26 gennaio 1699 in Carlowitz si stabiliva una tregua di venticinque anni tra l'imperatore Leopoldo e Mustafà II, e la pace tra questo e i Polacchi. Non sapendosi accordare Carlo Ruzini, plenipotenziario della repubblica veneta con i ministri del Gran Signore, intervennero i plenipotenziarii cesareo e polacco, i mediatori inglese e olandese, e fu accomodata la cosa. La Porta peraltro con questo trattato segnò la sua decadenza; imperocchè, nonostante la legge dell'islam che vieta qualsiasi cessione di territorio, essa dovette rassegnarsi a rendere all'Austria l'Ungheria e la Transilvania, la Podolia con parte dell' Ucrania alla Polonia, la Morea con Egina, Santa Maura ed altre isole alla repubblica di Venezia; finalmente Azoff alla Russia.

L'impero ottomano da questo tempo in poi non fece più paura all'Europa; e se la croce non potè amicarsi colla mezza luna, cessò peraltro la secolare lotta delle crociate.

(1) Discorso letto il 3 gennaio corrente come prolusione all'Accademia che suol precedere la distribuzione dei premî agli alunni dell'Istituto Angelo Mai. Argomento dell'Accademia era Il secondo centenario della liberazione di Vienna. Questa prolusione nel diventare articolo da periodico ha dovuto necessariamente subire qualche leggera modificazione di forma.

Questa lotta colossale che col sacrifizio di tante vite produsse pure un salutare scambio d'idee tra gli stessi contendenti, e profondamente modificò l'occidente e l'oriente, forma non solo parte potissima della storia, ma è soggetto di meditazione per il filosofo, come avviene di quelle grandi epoche che si chiamano gl'imperi orientali, l'ellenismo, Roma, i barbari, il rinnovamento del sacro romano impero, lo scisma occidentale, la riforma, e la rivoluzione francese.

La condotta del cristianesimo verso l'islam spiega a maraviglia bene la natura dell' uno e dell' altro, e scuopre che posto convenga loro nella storia della civiltà. Il che è cosa di gran rilievo, dovendo ogni grande avvenimento nella storia venire giudicato dal grado secondo il quale abbia contribuito allo sviluppo della civiltà: giudizio che, come è chiaro, non ispetta ai contemporanei implicati negli avvenimenti, ma alla serena imparzialità dei posteri. E questa cooperazione alla civiltà l'intendo diretta, perchè indirettamente tutto vi contribuisce, come per esempio la frequenza dei delitti che affina l'ingegno e raddoppia l'abilità de'magistrati. Taccio di quelle remote, ma pur vere relazioni, che hanno tutti i fatti coll'ordine mondiale, il quale sembra riposarsi su di un equilibrio prodotto da un vivo contrasto di forze.

II.

A chi ha famigliare la storia (1) non è ignoto come sia

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(1) Guizot, Storia della civiltà in Europa, Milano, 1856. - Ozanam, I Germani avanti il cristianesimo, Firenze, Le Monnier, 1863. Mommsen, Storia romana, Milano, 1863. Max Müller, Essais sur l'Histoire des Religions, Paris, 1879. Michelet, Principes de la Philosophie de l'Histoire, traduits de la Scienza Nuova de J. B. Vico, Bruxelles, 1835. - Muratori, Annali. — Michaud, Storia delle Crociate, etc.

complesso il fatto della civiltà, la quale non si svolge con quella ordinata evoluzione che piacerebbe di riconoscervi al nostro spirito, affaticato indarno a ridurre ogni cosa sotto le norme di una certa regolarità. La natura procede con mirabili e sapientissime leggi, ma nell'intrecciarsi di queste, nell'operare alla medesima volta, nell'eliminarsi e compensarsi, ne risulta come un'apparenza di confusione e disordine. Così nella storia dei popoli ad una fase luminosa succede non di rado un periodo di tenebre; nel meriggio della civiltà siedono i cannibali a nefando banchetto; vicino alle colonie inglesi dell'Australia vanno ancora ramingando gli indigeni colle loro ascie di pietra, immanicate con un rozzo bastone.

Qual cosa più semplice e naturale che i popoli usciti dai lombi di Noè dovessero e mai più dimenticare la precisa nozione di un Dio creatore, di una vita avvenire, della colpa originale e che so io, e aver sempre innanzi agli occhi la immagine di quello smisurato vascello che doveva per fermo riassumere tutte le arti di quel tempo? Ma pure l'idolatria, il feticismo, il cannibalismo e l'ignoranza della morale e delle arti a poco a poco subentrarono e coprirono poco meno che tutta la faccia della terra. Il Vico, quella mente divinatrice, che solo e poco inteso subordinava la filologia alla etnografia e tentava un grandioso sistema di filosofia della storia, asserì che ad un dato tempo dopo il diluvio, una gran parte del genere umano ricadde nelle tenebre, riducendosi a vita più bestiale che umana. Ma questo scombuiarsi degl'intelletti non fu universale, perchè il deposito della sapienza divina restava affidato ai discendenti di Abramo, e perchè nel suddividersi e rimescolarsi del genere umano in questa o quella tribù, che riuscirono poi in questa o quella nazione, vigoreggiarono singolarmente certe qualità più nobili dell'umana natura, e le facoltà si aprirono ge

nialmente al vero e al bene, svolgendosi con mirabile pro

gresso.

L'impero degli Assiri, per quanto ancora fitte tenebre involgano la storia di que' tempi primitivi nonostante le recenti rivelazioni della scrittura cuneiforme, è il prodotto di una civiltà che si doveva estendere non pure a tutti i reali bisogni della vita, ma eziandio alla raffinatezza del lusso. Maggiore e più espansiva fu la civiltà dell' Egitto la quale si diffuse nel bacino del mediterraneo specialmente per opera de' Fenici, e comunicò al mondo uno dei più grandi trovati dell'ingegno umano qual è quello dell'alfabeto fonetico. Cooperarono anche i Chinesi all' incremento della civiltà, quando le nazioni vicine ebbero conosciuto i mirabili prodotti delle loro arti, e quando le loro invenzioni, fecondate dal genio degli occidentali, ottennero le più strepitose e inaspettate applicazioni.

Ed in vero la civiltà, non sappiamo bene il perchè, seguendo il corso degli astri, volgeva costantemente ad occidente, e che non abbia ancora cambiato direzione ce lo dimostra l'America. A quella volta per lo più muovono anche le migrazioni; e come Antenore ed Enea vennero a stanziarsi in Italia, così i nostri corrono a Buenos-Ayres ́ e Montevideo.

III.

Un popolo nuovo e di nome oscuro, in tempi remotissimi, si piegò a questa, che potrebbe chiamarsi legge etnografica. (1) Erano genti che nell' altipiano della Battriana

(1) Quanto qui si accenna, esporremo largamente nella nostra Storia dello svolgimento della lingua italiana, lavoro che sarà pubblicato nel corso dell'anno in questo medesimo periodico.

avevano in modo maraviglioso elaborato il natio linguaggio, ignari ancora in mezzo alle cure della pastorizia dei loro futuri destini. Questo popolo di pastori racchiudeva nel proprio seno tutti i germi della civiltà, la più alta signoria sul mondo dell'azione e in quello del pensiero, ed era predestinato nella pienezza dei tempi a ravvivare il proprio sangue colla religiosità e col soprannaturale del popolo eletto. Il mondo dopo questo grande avvenimento sarà della gente aria, e nella gara delle nazioni non temerà oggimai più concorrenza di sorta. Si rovescino pure a torrenti i barbari dalle pendici degli Urali, degli Altai, o dai deserti dell'Arabia essi potranno distruggere il corpo ma non soggiogare lo spirito: il pensiero irradiato di luce divina non si offusca più: esso solo è il signore e solo deve dominare.

Ma tra gli arii stessi, si dirà, abbiam dovizia di barbari, e nelle nostre storie Ostrogoti e Visigoti, Franchi, Borgognoni, Longobardi, Normanni, Angli e Sassoni vengono ricordati come distruggitori di monumenti, autori di saccheggi e carnificine ed oppressori di popoli civili. Che diremo poi degli abitanti dell'India e dell'Irau?

La risposta non è ardua. Nel diffondersi e dividersi della gente ariana, non tutti i popoli derivati da questa schiatta svolsero, com'è naturale, egualmente e contemporaneamente le loro facoltà, cosicchè non tutti in egual modo pervennero a condizione di vita civile; alcuni anzi si dilungarono sempre più da quella genuina civiltà che ha per fondamento la conoscenza dei sommi veri che governano la coscienza umana.

Quegli arii che oltrepassarono l'Himalaya e preser nome d'Indiani si smarrirono in un panteismo che riuscì in una teologia fantastica e tenebrosa, e pose la somma delle cose umane e divine in mano della casta privilegiata dei Bramani. La rivoluzione di Budda, se ebbe un carattere sociale e soppresse l'odiosa distinzione di caste, non emancipò gli

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