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PREFAZIONE

Nel dare alla luce questo mio qualsiasi libro, sento forte il bisogno di manifestare innanzi tratto che lo fo senza pretese al mondo.

Fra le amarezze d' una vita tutt' altro che avventurosa, trovo ineffabile conforto nel sublime culto delle lettere. Ed innamorato sopra tutto di Dante Alighieri, sono andato meditando, come medito tutt' ora, le maravigliose ed eterne bellezze della Divina Commedia.

Cosi, facendo per semplice diletto molte curiose raccolte, a capo a qualche tempo mi ho trovato un lavoruccio, che, riletto in ultimo, mi è parso, se amor di padre non m' inganna, tale da potersene ricavare qualche costrutto.

Ma volendo presentare un lavoro sulla Divina Commedia, era necessario far precedere alcuni cenni sulla vita e sulle opere di Dante. Onde, ben lontano dal pretendere a nuove ricerche, sono andato raccogliendo, come l'industriosa ape, quanto di buono se n'è detto finora. Ed avvegna che per l'assoluta mancanza di bi

blioteche ne' piccoli paesi come il mio, non abbia trovata sufficiente materia sul riguardo, pure, appoggiato all'autorità di pochi autori capitatimi tra mano, son riuscito ad accozzare alla meglio poche e povere pagini, facendo

come buon sartore,

Che, com' egli ha del panno fa la gonna. (Par. c. 32.) Vero è che molti illustri scrittori, fra cui il Pelli ed il Balbo, han parlato di Dante cosi bene, che oggi è, per lo meno, temerità ed un portar legna al bosco spendervi su parola. Ma que' dotti autori scrissero per gli eruditi, ed io intendo parlare a' giovani non ancora usciti dalle scuole.

Questo fu il pensiero che mi fece prendere amore all' opera, e questo mi porge fiducia che possa riuscire non discara alla gioventù studiosa.

Dopo pochi saggi di nessuna importanza letteraria, gentilmente pubblicati nelle colonne del periodico RomaAntologia, da quell' egregio direttore Ottavio Pio Conti, è questo il primo mio passo per ' campo delle lettere; e temo forte di far onta al pubblico presentando questa miseria di lavoro. Sol mi dà cuore il pensiero che stampo non per aver nomea di scrittore, si bene per rendere un umile omaggio alla memoria di quel grande Italiano, che alzò la patria sopra tutte le nazioni del mondo.

Non so tenermi finalmente dal fare a' giovani modeste ed amorevoli esortazioni allo studio delle lettere, poichè in esso principalmente è riposto quel tanto di felicità ch'è conforto alle umane miserie. E qui cade

in acconcio ricordare ciò che suoleva dire Marco Tullio: « Gli altri diletti non sono di tutti i tempi, nè di tutte le età, nè di tutti i luoghi; soli gli studi letterari alimentano la gioventù, ricreano la vecchiezza, abbelliscono la prospera fortuna, e porgono rifugio nell'avversa; dilettano in casa, fuori non sono impedimento; e fra le noie dei viaggi, e fra le ombre della notte e fra gli ozi della villa ci sono fedeli compagni. »

E raccomando loro a preferenza lo studio de' sommi poeti, poichè essi, avvegnache se ne faccia strazio disonesto, e si voglia lasciarli nelle ferravecchie, innalzano le menti, le fortificano e le abituano a ben pensare su tutte quelle cose che porta la professione, l'arte o la scienza a cui esse si vanno applicando. Guai a quel giovane che abbandona que' grandi maestri, per altronde attignere poesia, lingua, eloquenza, rettitudine di pensare.....

E se altri si ostini a credermi in fallo, creda pure che son lieto errare col conte Giulio Perticari, il quale osserva: « Senza un lungo e sottile studio intorno il valore de' vocaboli, e le ragioni de' collegamenti loro, non crediamo che alcuno possa mai giungere al pregio rarissimo di buono dicitore. Nè quel valore e quelle ragioni si potranno in altri meglio procacciare e conoscere che negli antichi. » Ed appresso: « Quantunque autori ornati d'ogni sapienza, e fioriti da quel secolo (IL TRECENTO) insino al nostro, abbiano cresciuto ed alzato il sermone, pure niuno ha potuto mai vincere ancora gli antichi nelle parti della semplicità, della schiettezza, ed in un certo candore di voci nate e non

fatte, e in una certa breviloquenza e leggiadria, in che sono ancora singolarissimi da tutti.» G. Perticari. Degli scrittori del 300 e de' loro imitatori. Libro secondo. Nudrendo così la mente ed il cuore di studi accurati e coscenziosi, giudiziosamente associati al pensiero moderno, non solo si terrà incontaminata la nostra classica letteratura, ma si andrà sempreppiù ornando di nuove meravigliose bellezze.

Lo studio su Dante poi scusa ogni più bella ricreazione; e ti mette alla portata di figurare e comporre concetti grandi, e colorirli di sostanziale bellezza. Felice è colui che sa vedere ben addentro ne' tesori della Divina Commedia; che

Io trovo peso non da le mie braccia

Nè ovra da pulir colla mia lima. (Petrarca)

e quel tanto che qui appresso ne verrà detto è stilla d'infinito abisso.

Ed ora mi par tempo di stendere le vele, ed incamminarmi per l'ardua meta. Prego intanto caldamente que' lettori presso cui la critica conserva i suoi antichi costumi; quelli cioè di scoprire la fronte e ragionare, e da severo amico porgere ottimi avvisi quando si è fuori di strada, di volermi dare lumi e consigli, per giovarmene appresso. Si creda che avrei voluto sapere far meglio: la buona volontà quindi, ed i miei cinque lustri di età mi siano tanto di scusa, quant é la magnificenza dell' assunto.

Bonifati Aprile 1883. (1)

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FRANCESCO DE GREGORIO.

(1) Questo lavoro, come osservasi dalla data della prefazione, era in pronto da tre anni; ma per diverse ragioni non ha potuto prima d'ora veder la luce

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