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nequeat in iis impedimentis, id ex co provenit, quia Pontifex reservat: sed cum reservatio fiat propter charitatem et ob bonam reip. gubernationem, non est verosimile Pontificem dispensationem sibi reservare in casu tantae necessitatis, quando aliter scandala vitari non possent; hoc enim esset contra charitatem ». E poco dopo: Quod si aliquando nec etiam ad Episcopum aditus pateret, et nullo modo aliter vitari posset gravissimum periculum infamiae aut scandali, posset parochus vel alius confessarius declarare quia lex impedimenti eo casu non obligat, quia eadem ratio (ut supra) tunc urget, nempe quod cessat lex quando potius est nociva quam utilis

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Queste ragioni, per verità, non sembrano potersi invocare nel nostro caso. Esse si riducono a tre: 1. Perchè la dispensa in tanto non può darsi dal Vescovo, in quanto il Rom. Pontefice liberamente l'ha riservata a sè, sicchè cesserebbe la riserva se non ci fosse stato quell'atto libero del Pontefice. 2.° Perchè il Pontefice ha fatta quella riserva pel bene comune; cessando perciò il bene comune, anzi sorgendone il danno in quel caso particolare, non v'ha ragione più di riserva. -- 3.o Perchè temendosi infamia e scandali dall'osservanza di quella riserva, si suppone che il Superiore voglia concedere la dispensa.

Or queste ragioni non hanno luogo nel caso nostro. Non la 1.a, perchè la dispensa dagli sponsali non è tanto riservata per diritto positivo, quanto per diritto di natura; richiedendo il gius-naturale che non si privi un terzo del suo diritto, se pure il principe supremo non giudichi dovernelo privare pel bene comune --- Non la 2., perchè la riserva nel nostro caso non è fatta pel bene comune; piuttosto la dispensa è pel bene comune, e si può dare solo quando questo comun bene lo esige p. e. per evitare gravi scandali - Non la 3.a, perchè in fine di vita non si possono temere quei gravi scandali

che possono temersi nel corso della vita, p. e. il pubblico concubinato irrimediabile fra coloro che sono stretti in vincolo civile: in morte il concubinato cessa. Non ci sarebbe per ordinario altra causa certa che la legittimazione della prole; ma questa sarebbe un bene privato, non quel pubblico bene, a cui dovrebbe provvedere il principe per dispensare dagli sponsali.

Ciò non ostante, sembra a noi, che quando le circostanze offrano giuste cause di dispensa, p. e. quando, oltre alla legittimazione della prole, l'infermo sia disposto di morire impenitente se non lo si congiunga in legittimo matrimonio colla concubina, con grave scandalo del paese, e quando egli s'induca di riparare i danni della prima sposa (il che gli si deve sempre ingiungere, essendo obbligo di giustizia), in tal caso potrà presumersi la dispensa pontificia; e però se v'è tempo di consultare il Vescovo, lo si dovrà consultare per averne la debita venia; se non vi sarà tempo, può anche il parroco dispensare.

La ragione di questa nostra opinione è in ciò che l'epicheja allora può farsi quando le circostanze son tali che il superiore dovrebbe assolutamente dare la presunta licenza per evitare gravi mali. Nel nostro caso per le accennate circostanze, vi sarebbero questi mali. Vi sarebbe la prole illegittima; il pericolo della dannazione eterna del moribondo; lo scandalo enorme per il diniego di separarsi dal coniuge civile. Del resto non mancano autori, dice il Pignatelti (T. III, Cons. 33, n. 8) che attribuiscono al Vescovo (e per la stessa ragione anche al parroco) la facoltà di dispensare, pur senza espressa delegazione della S. Sede, dagl'impedimenti anche dirimenti non solo occulti, ma pubblici altresì nel pericolo di morte. Et quamvis, egli dice, plerique ex hisce authoribus loquuntur tantum de impedimentis occultis, nonnulli tamen, inter illos id generaliter et indistincte definiunt,ita ut eorum sententiam non minus de manife

stis intelligi debere tam ex verbis quam ex rationibus eluceat. Praesertim quando mors instat, postquam nullum superest remedium, neque aliter insigne dedecus vitari potest, nisi concessa praeter ordinem ab ipsis locorum Ordinariis eiusmodi dispensatione ».

Dal fin qui detto, può giudicarsi della condotta del parroco nel nostro caso, il quale, dispensando dall'impedimento degli sponsali, congiunse in extremis Giacinto con Domitilla.

71.

Se pel vino per la messa il mosto possa conciarsi col cotto.

Nella città di C. si suol conciare il mosto col cotto; ma questo s'infonde in poca quantità. Addivenuto poi vino, i sacerdoti sogliono adoperlo nel sacrifizio della Messa. È lecito quest'uso?

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Se il vin cotto sia o pur no materia adatta al sacrifizio, per definirlo vuolsi vedere il grado della cottura. Se è giunto alla ebollizione, il vino si è cangiato in giulebbe, e però, avendo perduta l'antica natura, non è atto al sacrifizio. La S. C. del S. (). il dì 4 maggio 1887 rispose che il cotto, per non offendere la materia del Sacramento, può giungere fino al grado 65 del centigrado (il grado 100 reca l'ebollizione). Se poi il vin bollito si mescola al vino crudo in quantità considerevole p. e. fino alla terza parte o alla metà, lo Scavini è d'avviso che il vino così conciato non si può usare: Vel si ad dimidiam aut tertiam partem decoctum; tunc iulapium est, non vinum (T. III, n. 125 ed. XIV.). Dove ciò si faccia in poca quantità, e ci sia una giusta causa, si può essere scusati da colpa. Si avverta però che il vino da conciare non dev'essere spremuto da uve non mature, altrimenti sarebbe materia invalida, siccome dichiara la

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Rubrica del Messale: Si vinum sit... de uvis acerbis seu non maturis expressum... non conficitur sacramentum ". -Se adunque nella città di C. il mosto, estratto da uve mature, si concia con poca quantità di cotto, p. e. con una 5.a o 6.a parte, non crediamo che ciò sia pratica riprovevole.

Anche l'intero mosto si può far condensare col fuoco perchè diventi più poderoso; colla condizione però che con questa decozione non venga esclusa la fermentazione del vino e che questa possa naturalmente ottenersi e si ottenga difatti. Così il S. Officio in fer. IV 5 agosto 1886: Ultrum licitum sit ad S. Missae sacrificium conficiendum uti ex musto obtento, quod ante fermentationem vinosam per evaporationem igneam condensatum est? —Resp: Licere, dummodo decoctio huiusmodi fermentationem alcoolicam haud escludat, ipsaque fermentatio naturaliter obtineri possit, et de facto obtineatur » (Mon. Eccl. Vol. IX, P. II, p. 150).

72

Sponsali fra congiunti, se validi.

Trivulzio sedusse Apollonia con promessa di matrimonio. Lasciata Apollonia, vuol poi congiungersi in matrimonio con Berta, allegando che Apollonia gli è congiunta in 4.o grado di consanguinità. Può contrarre con Berta, non ostante gli sponsali con Apollonia?

Può contrarre benissimo con Berta, purchè nel promettere il matrimonio ad Apollonia non si obbligò di chiedere la dispensa pontificia; e purchè risarcisca i danni cagionati a questa. Insegnano i TT. che non valgono gli sponsali quando ci sia fra gli sposi un qualche impedimento o dirimente o anche impediente il matrimo

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nio. Si ascolti il Bucceroni Instit. Th. Mor. V. II, de Matr. n. 919: Nulla erunt sponsalia si matrimonio obstet aliquod impedimentum. Stante enim impedimento dirimente, res promissa vel non subsistit, vel non est in propria potestate, adeoque nulla esse potest eius promissio. Stante vero impedimento impediente, res promissa illicita est, et nulla esse potest promissio rei malae. Excipe, nisi promissio non sit absoluta, sed conditionata, si nempe dispensatio obtineatur, vel referatur ad futurum tempus, quo impedimentum cesset, ut impu berum sponsalia, invitis parentibus, ubi cesset eorum dissensus. "

73

Circa la benedizione delle corone e dei rosarii
col solo segno di croce.

Le corone del Rosario e dei Sette Dolori, le quali vogliono benedirsi con formola propria e con facoltà speciali, come defini la S. C. delle Ind. 11 apr. 1840 (vedi sopra n. 65, pag. 108 in nota), non possono pure benedirsi col solo segno di croce dai sacerdoti collettori dell'opera della S. Infanzia ?

Quando dicemmo le dette corone doversi benedire con formola propria e con facoltà speciali, intendemmo dirlo pel solo acquisto delle indulgenze proprie delle dette corone. Del resto, possono queste corone, come tutte le altre, benedirsi parimenti dai collettori della S. Infanzia col solo segno di croce, per l'acquisto però solo delle indulgenze generali che il S. Padre suole annettere agli oggetti di divozione da lui benedetti, e da noi riferite nel Vol. II, Par. II, pag. 115. La facoltà pei detti collettori è generica, e riguarda coronas precatorias, sen

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