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z'alcuna eccezione; e la S. C. delle Ind. il li 27 sett 1775 definì che rosaria et coronae promiscue accipienda sunt (1).

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Circa l'intenzione per l'applicazione della messa.

Lucrezia lasciò per testamento un legato di 100 messe senza specificare la sua intenzione. Pirro sacerdote legatario, ha celebrate le messe in suffragio dell'anima di Lucrezia, credendo esser questa la intenzione di lei. Poscia, leggendo il testamento, e temendo che fosse diversa la intenzione della testatrice, chiede: 1.o Ha soddisfatto al legato, celebrando per l'anima di Lucrezia? 2.o Avrebbe soddisfatto se nel testamento fosse stata chiaramente espressa una diversa intenzione ?

Al 1.° L'intenzione, perchè valga l'applicazione della messa, dev'essere determinata dal sacerdote o formalmente, o virtualmente, o abitualmente (Ligor. L. VI, numero 335). La determinazione poi dipende dalla intenzione stessa del sacerdote. Perciò quando si ha intenzione di compiere una commissione ricevuta, quand'anco questa intenzione sia virtuale o abituale, l'applicazione del S. Sacrifizio è sempre valida.

Ma se per isbaglio la messa si applica non secondo la intenzione del committente? Fa d'uopo distinguere: Quando la intenzione primaria è quella di adempiere la commissione stessa, benchè si commetta sbaglio circa la determinazione di quella, crediamo che la messa sia

(1) Si noti che le principali indulgenze annesse al Rosario, sono annesse pure alle corone di S. Brigida, p. e. quella di 100 giorni per ogni Pater e per ogni Ave. La differenza è in ciò che, mentre per lucrare le indulgenze del Rosario richiedesi la meditazione dei misteri, per lucrare quelle di S. Brigida non si ricerca altro che la recita devota (S. C. Ind. 1 iul. 1839 V. Raccolta di Orazioni e pie opere, per le quali sono state concesse da' Sommi Pontef. le sante indulg. pag. 190 e 203. Roma tip. di Propaganda 1886).

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validamente applicata secondo la intenzione del committente. La ragione si è che vale la intenzione primaria, e che la determinazione del sacerdote ha la implicita condizione s'è conforme alla intenzione del committente. Non è poi l'uomo che deve applicare il frutto della messa, ma Dio, il quale conosce assai bene qual sia la intenzione primaria del celebrante e dove sta il suo sbaglio.

Ove poi il celebrante escludesse positivamente la intenzione del committente, ed applicasse il S. Sacrifizio o per l'anima di quello, ovvero per altro fine, in tal caso solamente la messa non gioverebbe per una intenzione diversa del committente.

Questa nostra opinione va rafforzata dalla soluzione di un caso affine fatta dal Gury sull'autorità di Elbel (Casus T. II, n. 342). Il caso è questo: Lauriano sacerdote, credendo di aver ricevuta commissione di dieci messe pro una defuncta, le celebra colla orazione Quae sumus Domine... miserere famulae tuae etc. Apertosene col committente, questi gli dichiara che gliele commise pro uno defuncto: chiede perciò se deve ripetere la celebrazione. Or ecco la soluzione Laurianus non tenetur sacra iterare, et iuste stipendium pro decem sacris persolutis petere potest. Ratio est, quia sacerdos, legendo illa decem sacra, intentioni petentis satisfacere voluit; atqui ad validam applicationem sufficit voluntas satisfaciendi intentioni petentis. Doctores enim communiter docent satis esse si sacerdos sacrum faciat ad intentionem illius qui stipendium erogavit, licet ignoret qualis sit et quaenam fuerit eius intentio. Ergo dubitandum non est quin haec sacra reipse viro defuncto obvenerit. Etenim quando dixit Laurianus: Applico hoc sacrum pro anima defunctae, error fuit accidentalis tantum; siquidem mens celebrantis respexit animam quae suffragiis indigebat et pro qua postulata fuerant, et proinde circumstantia sexus ad ipsam applicationem se indifferenter habuit ".

Lo stesso principio vale pel nostro caso. Pirro sacerdote intese applicare primariamente secondo la intenzione di Lucrezia: lo sbaglio della designazione è circostanza secondaria che non offende la validità; e però ha soddisfatto al legato celebrando per l'anima di quella, benchè nulla fosse indicato nel testamento.

Al 2.o E per la stessa ragione, avrebbe soddisfatto altresì quand' anche nel testamento fosse espressa una intenzione diversa da quella intesa da lui.

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Come debba intendersi la distanza di mille passi fra una chiesa e l'altra per l'acquisto delle indulgenze.

In N. è un oratorio appartenente al Terz'Ordine Francescano in cui s'è ottenuto, in forza del Decr. 4 giugno 1883, il privilegio ad septennium dell'indulgenza della Porziuncola; però colla condizione di 1000 passi di distanza da altre chiese col medesimo privilegio. Or si chiede: 1.o Di qual misura devono essere i 1000 passi, della misura lineare di cent. 62, ovvero della misura romana di m. 1,48? - 2.o Come devono intendersi le chiese che hanno il medesimo privilegio, le chiese dei Francescani, o ancora le altre chiese non appartenenti ai Frati Minori ?

Per ben rispondere ai quesiti, giova por mente al decreto della S. C. delle Indulg. in Bergomen. del 15 novembre 1878, sancito dal S. P. Leone XIII il 23 nov. del medesimo anno. In esso trattavasi del privilegio della Porziuncola concesso alla chiesa parrochiale di Martinengo (Dioc. di Bergamo) colla clausola dummodo, nulla extet eo loci, vel unius saltem milliarii spatio distet Franciscalis Ordinis ecclesia. Or trovandosi in detto luogo un'altra antica chiesa col privilegio della Porziuncola, appartenuta un tempo ai francescani, e poi

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profanata, restituita questa ultimamente al culto, fu concessa all'istituto della S. Famiglia; e poichè queste due chiese col detto privilegio distavano meno di un miglio, fu proposto all'esame della S. C. il dubbio: An si nulla extet ecclesia actu ad PP. Franciscales pertinens, plures ecclesiae in eadem civitate, imo in eadem paroecia, milliarii spatio minime inter se distantes, frui possint privilegio, vulgo della Porziuncola? A cui la S. C. rispose, come norma ancora di simili concessioni che in seguito si sarebbero fatte: Affirmative: attenta tamen speciali praerogativa indulgentiae Portiunculae, expedire, ut in novis concessionibus clausula quoad distantiam, quae apponi solet favore ecclesiarum Ordinis S. Francisci, extendatur ad alias omnes ecclesias hoc privilegio ditatas

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Dal che si ricava: 1.o che la distanza che deve intercedere fra due chiese col privilegio della Porziuncola è un miglio, cioè 1000 passi, non di cent. 62, ma di metri 1,48. 2.o Che nelle nuove concessioni la detta distanza dev'essere non solo dalle chiese dei Francescani, ma da qualsivoglia altra chiesa che abbia il medesimo privilegio. È questa appunto la soluzione dei dubbi proposti.

Si noti però che nel caso trattasi forse di oratorio del Terz'Ordine francescano che ottenne il privilegio della Porziuncola per ogni classe di persone; giacchè pei soli terziari basta la visita al proprio oratorio dovunque esso si ritrovi perchè possano lucrare le indulgenze della Porziuncola, come si ha dal Breve Quia multa del 7 sett. 1901 (Mon. Ecl. Vol. XIII, p. 388).

76.

Circa l'applicazione della seconda messa nella binazione.

N. N. morendo lasciò per testamento alla parrocchia di R. una libreria e parecchi sacri arredi, imponendo l'obbligo di alcune messe. Il parroco ed il cappellano di R. hanno dalla S. Sede la facoltà di binare. Possono applicare la seconda messa in soddisfazione di quel legato?

A stretto diritto non possono; giacchè per la seconda messa è vietato di ricevere stipendio anche minimo, o di soddisfare per qualsivoglia obbligo. Così la S. C. del Conc. in moltissime cause, specie in Friburgen. 14 apr. 1894; cosi pure i TT. come il Lehmkul Vol II, n. 216.

Però, trattandosi, nel caso, di obbligo non personale, ma della parrocchia, crediamo che si possa facilmente ottenere un indulto dalla S. C. del Concilio.

77.

Circa l'alienazione di un fondo con canone dovuto
a monastero civilmente soppresso.

Tizio possedeva un fondo rustico, gravato di canone a favore di un monastero di monache, il quale canone, dopo l'ultima soppressione civile, veniva pagato al fondo pel culto. Questo fondo fu venduto, coll'obb'igo del detto canone al compratore. Si chiede: 1.0 Poteva Tizio vendere il fondo senz'alcuna venia della S. Sede?

2. È caduto in qualche censura? 3.o Gli rimane ora qualche obbligo da adempire?

L'enfiteuta (il possessore del fondo gravato di canone) ha diritto di vendere o alienare in qualunque altra

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