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creto del S. Officio del 31 agosto 1881, che permise dare la benedizione nuziale in qualunque tempo, non era lecito impartirla dopo la consumazione del matrimonio,

83.

Se lo stesso patrino può tenere più persone
al fonte o alla cresima.

Può lo stesso patrino tenere più persone, o al fonte o alla Cresima, lo stesso giorno?

Quanto alla Cresima, il Pontificale prescrive: « Nullus praesentet nisi unum aut duos, non plures, nisi aliter necessitas suadeat arbitrio Episcopi ». Perciò il patrino può tenere fino a due persone lo stesso giorno; per più di due, occorre qualche necessità e la venia del Vescovo.

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Fu chiesto alla S. C. del S. Officio se potea tollerarsi l'uso di destinare un sol patrino per tutti i maschi ed una sola matrina per tutte le femmine. Ma la S. C. il di 16 giugno 1884, ricordata la detta disposizione del Pontificale, soggiunge: Il senso della quale disposizione è che non possa, per regola, darsi un solo patrino o una sola matrina da una moltitudine collettiva di cresimandi o cresimande, ma che anzi generalmente un solo patrino o una matrina non possa tenere nel tempo stesso più di due candidati e canditate, salvo il caso di necessità, che, cioè, non sia possibile di avere un numero sufficiente di abili persone per quest'officio. E allora il Vescovo, vista la necessità, può decampare da questa norma, e permettere in via d'eccezione che i patrini e matrine tengano un maggior numero di cresimandi e cresimande (Collectanea S. C. de Propag., Romae 1893, num. 696).

Ciò pei patrini della Confermazione. Per quelli del Battesimo non v'ha nessun divieto che un solo possa levare più persone dal sacro fonte lo stesso giorno.

84.

Circa le bandiere di Società operaie da benedire.

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Circa le bandiere delle società operaie, si chiede: 1.o È cessario che siano benedette? — 2.o Qual'è la formola per benedirle? 3.o Questa benedizione è riservata; o può darsi da qualsiasi sacerdote?

4. In queste bandiere è necessario che vi sia qualche emblema religioso; o basta che non vi siano segni che possano offendere il sentimento religioso?

Al 1.o È necessario che le bandiere siano benedette, se si vogliono introdurre in Chiesa: Quoad vexilla in Ecclesiam introducenda, non esse admittenda, nisi vexilla Confraternitatum, et ea quae benedicta fuerint. » Così il S. Officio 3 oct. 1887.

Al 2.o La formola per benedir le bandiere è quella posta nell'Appendice del Rituale Rom. col titolo Benedictio vexilli processionalis.

Al 3.° Questa formola di per sè non è riservata; però non può benedirsi una bandiera senza che siano adempite le condizioni che seguono, e per cui si ricerca l'approvazione del Vescovo.

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Al 4.o Ecco le condizioni imposte del S. Officio (3 oct. 1887), perchè una bandiera di qualche società possa benedirsi: Non esse benedicenda vexilla, nisi earum societatum, quarum statuta ab auctoritate ecclesiastica ad probata fuerint, ab eaque aliquo modo dependeant, et aliquod Religionis signum, nullum autem emblema reprobandum, praeseferant. Occorre dunque: 1.o che gli

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statuti della società, di cui si vuol benedetta la bandiera, siano approvati dall'autorità diocesana 2.o che la società stessa dipenda in qualche guisa dalla detta autorità 3.o che la bandiera rechi qualche segno religioso, p. e. la immagine di qualche Santo o della Croce 4.o che non ci sia nessun segno riprovevole (massonico).

85.

Circa l'offerta per la composizione
sopra un canone da affrancare.

Quando si vuole affrancare un canone ecclesiastico che ora, in forza delle leggi eversive italiane, pagasi al Governo, nella con posizione colla Chiesa, devesi dare a questa necessariamente tutto quello che si risparmia dal Governo? È se il canone fu infisso sopra un capitale a ragione del 4o[%, devesi, nella composizione, dare assolutamente tutto quello che si è risparmiato dal Governo sull'intero capitale primitivo?

La composizione, circa l'affranco dei censi e di qualsivoglia reddito di chiesa, è come quella delle compre di beni ecclesiastici. Devesi tener presente soprattutto il lucro, e per ordinario fa duopo tutto cederlo alla Chiesa, cui per diritto si appartiene. Pur nondimeno anche qui possono entrare gli altri criterii suggeriti dalla S. Penitenizeria, p. e. il presente stato del richiedente, quando questi versi in povertà o in miseria; la coazione dell'affranco, quando non ne possa fare a meno: le benemerenze verso la Chiesa, quando il richiedente abbia fondate o provvedute altre opere pie ecc. In questi casi benignior esse potest compositio.

Quando il canone fu infisso sopra un capitale a ragione del 4. e vi ha l'obbligo di affrancarlo, sembra

equo che si dia alla Chiesa il lucro fatto sul canone presente capitalizzato al 5%. P. e. quando si debba affrancare un canone di L. 40 per un antico capitale L. 1000, crediamo per sè equa offerta alla Chiesa il lucro fatto sulla somma di lire 800. La ragione si è che al censuario tornerebbe più conto di pagare annue L. 40, anzichè sborsare d'un tratto L. 1000. È vero ch' ei vi è costretto; ma non è la Chiesa che lo costringe in forza di patti; sibbene il Governo laico.

86.

Valore dell'assoluzione dalle censure in ogni confessione.

Quanto alla formula dell'assoluzione dalle censure che ogni confessore premette a quelle dei peccati, si chiede: 1.o A che pro' questa formala, mentre l'assoluzione delle censure è attribuzione della potestà superiore? 2. Nel caso che si dia ad cautelam, il penitente vien liberato del tutto dalla censura, quand'anco appresso lo si conosca veramente da quella irretito?

Al 1.o L'assoluzione dalle censure non è sempre attribuzione esclusiva dell'autorità superiore. Vi hanno censure nemini reservatae; per l'assoluzione di altre si può aver facoltà delegata; tutte poi le censure possono assolversi in articolo di morte. In questi limiti vale benissimo la formola dell'assoluzione dalle censure in quantum possum, et tu indiges, che può e deve recitare qualsivoglia confessore.

Al 2. Il penitente vien liberato del tutto dalle censure, dopo questa formola, sempre che il confessore abbia facoltà di assolvernelo.

87.

Qual distanza scusi dall'udir la messa nei di festivi.

Alcuni fedeli della parrocchia di A. distano circa un'ora di cammino dalla chiesa parrocchiale: domandano perciò se sono scusati dall'udire la messa nei di festivi, dovendo fare un'altr'ora di cammino pel ritorno.

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S. Alfonso L. III, n. 329 con Mazzotta dicono che la distanza di tre miglia, cioè di un'ora e un quarto di cammino pedestre, basta a scusar tutti dall'obbligo della messa nei di festivi. Minore distanza (da due ad un miglio) scuserebbe solo se ci fossero particolari circostanze di luoghi, di tempi e di persone, p. e. se trattasi di luoghi alpestri, o di mesi invernali, o di persone deboli e delicate. Ne piace però l'avvertenza che fa il Lehmkul T. II, n. 595: Si quis tanto spatio (unius leucae) ab ecclesia distat, potius exhortandus, quam obligandus est, ut, quando id disponere possit conetur ad Sacrum accedere. Aliud tamen intelligo de eo qui sine novis expensis currum paratum habet, quo vehatur. » — Or venendo al caso, giusta la sentenza di S. Alfonso, un'ora sola di distanza non basterebbe assolutamente a scusar dalla messa: ma se trattasi di cattive strade, o di giorni d'intemperie, o di persone deboli che non hanno pronto un veicolo proprio come recarsi in chiesa, anche la distanza di un'ora basterebbe.

88.

Circa la facoltà nei Vescovi di permettere
la lettura dei libri proibiti

Il Vescovo che ha dalla S. Sede la facoltà di concedere il permesso di leggere e di ritenere i libri proibiti, può darlo ai fore

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